La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 26 febbraio 2016

Un'accoglienza che produce schiavitù

di Danilo Giannese
Migranti rinchiusi, anche per molti mesi, in centri di detenzione amministrativa, privati dei loro diritti fondamentali; respingimenti e rimpatri illegittimi; hotel, ristoranti e pizzerie riconvertiti in centri di accoglienza improvvisati, sui quali si concentrano i forti interessi economici di società e cooperative che mettono a rischio l’incolumità stessa dei migranti.
È l’accoglienza made in Italy, la “vera emergenza” quando si parla di flussi di migranti in arrivo nel nostro paese, secondo il rapporto di monitoraggio su accoglienza, detenzione amministrativa e rimpatri forzati presentato quest’oggi a Roma, presso la sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana, dalla campagna LasciateCIEntrare.
«Il sistema accoglienza in Italia non funziona, è fonte di business, è pensato in maniera tale da non produrre inclusione sociale e mantiene gli ospiti, soprattutto i più vulnerabili, in condizione di non raggiungere una propria autonomia», ha detto Gabriella Guido, coordinatrice della campagna.
Hotspots. Il rapporto, dal titolo emblematico Accogliere: la vera emergenza, comincia con una analisi approfondita degli hotspots in Sicilia, i nuovi centri voluti dall’Unione europea che sarebbero dovuti servire ad accogliere i richiedenti asilo sbarcati nel nostro territorio e ricollocarli negli altri paesi europei. Ne erano previsti sei (di cui uno anche in Puglia, a Taranto), ma al momento ne sono a regime due, quelli di Lampedusa e Trapani. 
Tuttavia, è l’allarme lanciato dalla campagna LasciateCIEntrare, questi centri stanno diventando sempre più simili ai Cie, i Centri di identificazione ed espulsione, e si stanno connotando come luoghi, privi di alcuna base legale e in violazione dell’articolo 13 della nostra Costituzione – che vieta la restrizione della libertà personale, se non motivata dall’autorità giudiziaria – in cui i migranti vengono sottoposti forzatamente al prelievo delle impronte digitali al fine del fotosegnalamento e vengono costretti a una detenzione anche di molti mesi.
«Nell’hotspot di Lampedusa – è la denuncia di Alessandra Ballerini di Terre des Hommes – sono rinchiuse più di 500 persone, a fronte di una capienza di 381 ospiti: uomini, donne e minori vivono in condizione di promiscuità, private dei loro diritti umani fondamentali. In più, se da un lato il centro si mostra “all’avanguardia” nel raccogliere i dati delle persone, dall’altro abbiamo constatato la mancanza dei moduli C3: un semplice modulo che permette ai migranti di avanzare formalmente richiesta d’asilo».
Espulsioni illegittime. Senza il modulo di richiesta asilo in mano accade, dunque, che il migrante, una volta uscito dall’hotspot e bloccato dalle forze dell’ordine, venga considerato irregolare e pertanto raggiunto da un provvedimento di espulsione.
«I provvedimenti di respingimento si stanno moltiplicando» si legge nel rapporto. «Provvedimenti illegittimi che i tribunali continuano a sospendere, ma che sono un marchio indelebile sulla pelle di chi non ha ricevuto alcuna informazione allo sbarco».
Nel Centro di soccorso e prima accoglienza di Pozzallo, in provincia di Ragusa, per esempio, si continuano a registrare tempi di trattenimento più lunghi di quelli consentiti dalla legge, con il rischio del respingimento collettivo di quei migranti qualificati dalle forze di polizia come “migranti economici”, prima ancora che questi abbiano potuto formalizzare la domanda di protezione internazionale.
La malaccoglienza. Dal rapporto emergono anche forti anomalie all’interno del sistema dell’accoglienza dei migranti nel nostro paese: un sistema perverso, costituito da centri di accoglienza gestiti in modo spesso non trasparente da enti e cooperative, attorno ai quali si muovono forti interessi economici e che producono anche la schiavitù e lo sfruttamento degli ospiti di queste strutture. È il caso, per esempio, dei cosiddetti Centri di accoglienza straordinaria (Cas), portato alla luce dalla campagna inCAStrati promossa da Cittadinanzattiva, LasciateCIEntrare e Libera. I Cas in Italia sono 3.090 e ospitano il 72% del totale dei migranti che attualmente vivono nelle strutture di accoglienza dislocate sul territorio nazionale, pari a circa 71mila persone su un totale di 98 mila.
«A fronte di questi dati, non esiste neppure un elenco pubblico di tali strutture straordinarie, della loro ubicazione, di chi le gestisce. Non vi è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d’appalto», è stato denunciato nella conferenza stampa di oggi alla Fnsi.
Nel 2015, la campagna LasciateCIEntrare ha visitato 50 Cas in Campania, Calabria e Sicilia. Emerge un quadro fatto di strutture improvvisate, quali hotel, ristoranti, pizzerie e vecchi casolari convertiti in centri di accoglienza, dove gli operatori degli enti gestori risultano spesso impreparati, non conoscono neppure l’inglese e sono sprovvisti di formazione in materia di protezione internazionale, come nel caso dell’Hotel Flaminia a Sarno (Salerno), del Cas di Feroleto (Catanzaro) e dell’Hotel di Francia a Giugliano (Napoli).
La mancanza di assistenza e di percorsi di inclusione sociale provocano nei migranti frequenti casi di depressione oppure li costringono a entrare nei circuiti del caporalato, del lavoro nero, dello spaccio e della prostituzione, considerando peraltro che questi centri si trovano spesso in zone ad altissima criticità sociale.
«L’accoglienza in Italia da troppo tempo non fa che produrre schiavitù e sfruttamento dei migranti, mentre continua a rappresentare in troppi casi una fonte facile di guadagno per ci si accaparra i bandi o per chi riceve affidi diretti, motivati dall’emergenza. Una emergenza che ormai impera da oltre quattro anni», ha affermato Yasmine Accardo, autrice del rapporto presentato oggi.
Cie e Cara. Rapporto che documenta, infine, le visite degli attivisti della campagna LasciateCIEntrare, spesso al seguito di parlamentari, nei Centri di identificazione ed espulsione e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo, condotte nel 2015. Luoghi di malaccoglienza, secondo gli attivisti, di deprivazione e lesione sistematica dei diritti dei trattenuti (per quel che riguarda nello specifico i Cie) che debbono essere il più rapidamente possibile chiusi, così come deve sparire ogni forma di detenzione amministrativa. 

Fonte: Nigrizia

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