La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 27 febbraio 2016

C’è un conflitto d’interessi nel ddl sul conflitto d’interessi

di Giuliana De Vivo
Nella disattenzione generale la maggioranza approva alla Camera il nuovo testo. Che contiene una riforma dell’organo di controllo, l’Antitrust, con cui di fatto Camera e Senato si scelgono l’arbitro della partita. Il conflitto d’interessi sta nel nuovo disegno di legge sul conflitto d’interessi. Nero su bianco, istituzionalizzato, sempre che il testo di 16 articoli (qui il testo) appena approvato alla Camera – 218 voti favorevoli, 94 contrari (grillini e Forza Italia, e per ragioni opposte: troppo blando per gli uni, troppo aggressivo per gli altri), 8 astenuti (Lega) – passi anche al Senato.
Cosa prevede il ddl che andrebbe a sostituire la legge Frattini,approvata quando il male assoluto era Berlusconi, e il tema – in questi giorni coperto distrattamente dai giornali – pareva cruciale per le sorti del Paese?
► Destinatari: presidente del Consiglio, vicepresidenti, ministri, viceministri, sottosegretari, commissari straordinari, membri di Camera e Senato, presidenti di Regioni e Province autonome e componenti delle rispettive giunte, consiglieri regionali.
► Obblighi: presentare, entro 20 giorni dall’assunzione della carica, la dichiarazione dei redditi e comunicare tutti i beni e le attività di cui sono titolari (patrimoniali e/o finanziari, anche per interposta persona, anche se all’estero).
► Divieti: nessun’altra carica pubblica, nessuna attività professionale (i tanti avvocati che affollano Montecitorio e Palazzo Madama sono avvisati), nessuna presenza in imprese private o pubbliche (fino a un anno dopo la fine del mandato).
► Contromisure: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è chiamata a valutare caso per caso se il conflitto possa essere risolto imponendo l’astensione dal voto a quel membro di governo; se sia necessario il blind trust, cioè l’affidamento a una gestione fiduciaria di eventuali partecipazioni superiori al 2% in settori sensibili come energia, difesa, credito, opere pubbliche, comunicazione o editoria; oppure se l’incompatibilità è tale da imporre al politico una scelta tra le dimissioni dall’incarico e la cessione dei suoi affari da privato cittadino.
Ma dietro la facciata di una legge nel nome della trasparenza si cela, nascosta in fondo al ddl, la norma che cambia le carte in tavola: saranno sempre più i controllati a scegliersi i controllanti. L’articolo 14 contiene infatti un’agile, silenziosa riforma del collegio dell’Antitrust: non più composto da tre membri, nominati dai presidenti di Senato e Camera (seconda e terza carica dello Stato, e dunque ruoli, almeno in teoria, super partes) ma da cinque membri, tre dei quali eletti a Montecitorio, gli altri due a Palazzo Madama. Direttamente da quei parlamentari sulla cui assenza di «interessi economici privati tali da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche» l’Antitrust deve farsi, appunto, garante. E, nel caso del Senato – paradosso nel paradosso – la scelta è fatta da eletti di secondo livello tra i consiglieri regionali, altra categoria di controllati.
Il tutto con il meccanismo classico delle lottizzazioni partitiche: a maggioranza di due terzi si stila un elenco di 12 (alla Camera) e otto (al Senato) papabili, dopodiché è eletto chi ottiene più voti. Come finisce è facile prevederlo: ciascun partito avrà un suo referente interno, arbitro di fiducia dentro l’Autorità per giocarsi la partita politica. Come succede per la Rai o per la Corte Costituzionale. E, se la legge passa, nel giro di sei mesi di fatto una tra le principali autorità amministrative “indipendenti” vedrà sciolto il collegio attualmente in carica.
Tra i corridoi dell’Agcm si respira malumore: scavare a fondo negli affari non solo dei politici ma anche dei loro parenti – il coniuge e i familiari fino al secondo grado, prevede il ddl – moltiplica il lavoro. E pare che a dare una mano arriveranno, se va bene, una decina di collaboratori in più. Il 31 dicembre del 2014, nella sua relazione di fine anno a Palazzo Madama, il presidente Giovanni Pitruzzella bollò come insufficiente la legge sul conflitto d’interessi in vigore. Viene da chiedersi cosa pensi di questa riforma-lampo: per ora tace.

Fonte: Pagina99

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