La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 27 febbraio 2016

Unioni civili, “pastrocchio all’italiana”

di Matteo Cresti
Addio sogni di gloria, recitava un canzone della fine degli anni ‘40. Ma potremmo anche citare qualche noto proverbio come “La montagna che partorì il topolino”. Insomma di frasi adatte alla circostanza ce ne sarebbero. Se si volesse essere più pomposi potremmo titolare questo articolo: “La vittoria del conservatorismo e della reazione”. In realtà quella sulle unioni civili sarà una legge che non accontenta nessuno, una legge di compromesso che fa male a tutti, una legge per troppi versi moralmente cattiva.
Una legge che non è una vittoria per nessuno.
Una legge che scontenta la Chiesa, che non avrebbe voluto nessuna legge.
Una legge che scontenta le persone Lgbt che avrebbero voluto il matrimonio.
Una legge che scontenta la sinistra e la destra. Insomma tutti.
Uno dei soliti compromessi all’italiana, che sono dei pastrocchi, dei copia e incolla, taglia e cuci, che tentano di salvare capra e cavoli, ma in realtà la capra mangia il cavolo, e il lupo saltato sul carro del vincitore mangia tutti e due.
Una legge e un dibattito che diventano ideologici, come in Italia è sempre accaduto sulle leggi che riguardano i diritti, battaglie per la visibilità e per il potere. Ci si dimentica che dietro questi diritti ci sono delle persone, che sono discriminate e che non sono tutelate. Oppure si è talmente malvagi da esserne consapevoli, e da volerle punire e discriminare? E allora che differenza c’è con dittature e autoritarismi?
Una legge questa che uscirà dal compromesso di centro-destra, perché di sinistra ormai non c’è più nulla, visto anche chi ha votato la fiducia. Una legge che potrebbe essere davvero definita moralmente malvagia.
Moralmente malvagia perché toglie il diritto di avere riconosciuti entrambi i genitori ai figli di persone Lgbt. Con il pretesto della difesa dei figli e dei minori, mina a punire proprio quei minori, togliendogli la stabilità e la protezione di cui avrebbero bisogno. Come se la famiglia fosse qualcosa che viene inventato dalla legge, e non invece qualcosa ad essa precedente, che il diritto si limita a riconoscere e a tutelare.
Non aver voluto riconoscere che ci sono delle famiglie e dei bambini, che attualmente sono in una situazione di precarietà e di debolezza, solo per dei motivi ideologici e di opportunismo è un atto che non può che essere considerato come riprovevole. Lucrare qualche voto (e qualche indulgenza) sulle spalle di cittadini e cittadine non è di certo una cosa meritoria.
È moralmente malvagio istituire un doppio regime: gli eterosessuali si possono sposare, mentre gli omosessuali hanno diritto alle unioni civili. E guarda un po’, se andiamo a vedere quello che c’è dentro questi due grandi contenitori troviamo gli stessi diritti, ma chiamati in modo differente. Questo regime ricorda tanto lo statunitense: separated but equal, separati ma eguali. All’epoca si chiamava segregazionismo, e non è segregazionismo questo, che istituisce un nuovo regime di vita di coppia, che divide due categorie di persone: gli eterosessuali, che possono avere il matrimonio, e i nuovi neri, gli omosessuali, che invece devono accontentarsi di un istituto separato? Inoltre per rimarcare che gli omosessuali sono un po’ meno “buoni” e “adatti al matrimonio” si è provveduto a togliere alle unioni civili ogni forma di simbologia e di rito pubblico. Ma non bastava, con un atto di suprema ipocrisia si è stabilito che a differenza del matrimonio, nelle unioni civili non c’è l’obbligo della fedeltà. Quindi niente rito, ma solo un atto amministrativo (spetterà ai comuni decidere come realizzarlo), niente pubblicazioni (che di fatto sono diventate qualcosa di superfluo e di inutile), niente obbligo di fedeltà (che invece nel matrimonio è tenuto in somma considerazione…).
Per quanto riguarda poi quest’ultimo punto, è stato fatto notare che la fedeltà in teoria non ha che fare con la stabilità del matrimonio, e per la legge non rileva ai fini delle capacità genitoriali. Tant’è che la senatrice Cirinnà ha annunciato di voler fare una legge che l’abolisca anche per il matrimonio, quasi a ripicca contro Alfano, che annunciava di aver fatto “un bel regalo all’Italia”, quello di “aver impedito che due persone dello stesso sesso, cui lo impedisce la natura, avessero la possibilità di avere un figlio. Abbiamo impedito una rivoluzione contro natura e antropologica”. Ma non basta, la senatrice annuncia anche una nuova legge sulle a adozioni, anche per i gay, che però stando così le cose in parlamento non passerà mai, e che è solo un spot pubblicitario. Per il momento dobbiamo accontentarci.
Qualche complicazione viene poi a crearsi con lo scioglimento delle unioni civili. Lo scioglimento sarà molto più breve: avverrà dopo tre mesi dalla dichiarazione congiunta davanti all’ufficiale di stato civile. Ciò vuol dire che le coppie omosessuali non avranno l’istituto della separazione, a differenza delle coppie etero che accedono al matrimonio (norma questa che va a vantaggio delle coppie omosessuali, almeno per una volta).
Forse qualcuno presto incomincerà a chiedere una nuova discussione del divorzio breve, e dell’eliminazione della separazione. Chissà che questa volta non si ottenga qualcosa. Ma non basta, non sarà più causa dello scioglimento il matrimonio “non consumato”, mentre rimane nel matrimonio. Dopotutto si sa che i gay sono malati di sesso (!). Per quanto riguarda il cognome verrà stabilito dalle parti, mentre nel matrimonio continua a prevalere quello del maschio (alla faccia della parità, come hanno sottolineato le Corti italiane).
Fedeltà, unione non consumata, divorzio e separazione, il cognome, tutte questioni che sanciscono come il concetto di matrimonio sotteso dalla legge italiana sia ideologico, arcaico, patriarcale e non più condiviso. Se uomo e donna, moglie e marito, sono eguali, perché la donna deve prendere il cognome del marito? A cosa serve tutta questa attenzione alla “sessualità” se non alla pretesa di controllare la riproduzione? Ma il matrimonio, anche per la nostra Costituzione, non ha fini riproduttivi, e molte coppie etero non possono o non vogliono avere figli; non per questo però sono meno sposate.
Con buona pace di Alfano e della Lorenzin, che non volevano l’uguaglianza tra matrimonio e unioni civili, la legge sancisce bene o male quest’uguaglianza. I contenuti infatti sono più o meno gli stessi. Ma anche in un altro punto si trova questa unione: le trascrizioni (che Alfano aveva tanto provato a fermare). Infatti i matrimoni celebrati all’estero verranno trascritti come unioni civili: sancendo una qualche affinità tra i due istituti.
Ma se i diritti sono più o meno gli stessi: perché non concedere anche i simboli? Perché non usare la stessa parola? Attraverso i simboli e le parole passa il riconoscimento della piena uguaglianza. E questo Parlamento, palesando una provincialità assoluta, non ha voluto riconoscerla.
Questo parlamento ha usato i diritti di persone, famiglie, bambini, cittadini, per degli squallidi giochetti politici, tira e molla, battaglie per la conquista di qualche voto, facendo pagare a quei cittadini il peso di tutto ciò.
Una legge dunque, che sebbene sia un primo passo verso l’uguaglianza, ancora ha molto da fare: adozione del configlio, adozione per le coppie gay, riconoscimento dei diritti riproduttivi delle coppie gay, matrimonio. Un pezzo di strada è stato fatto, ancora molto si deve fare.

Fonte: Caratteri Liberi

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.