La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 20 gennaio 2016

Comunità popolari urbane

di Raúl Zibechi
La città è uno dei punti più deboli nelle proposte e nelle pratiche di emancipazione. Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla realizzazione di diverse iniziative rurali, per mano di movimenti indigeni o contadini, che sono stati capaci di costruire spazi al di fuori della logica del mercato e di quella dello Stato, anche se a volte possono aver avuto parziali relazioni con entrambi. Nelle città, al contrario, le costruzioni collettive sono molto più fragili e meno durature.
Conoscere il Movimento das Comunidades Populares (MCP Movimento delle Comunità Popolari) del Brasile è un’iniezione di ottimismo e di speranza nel mezzo della crisi politica e delle minacce che incombono sui settori popolari del mondo. Il MCP conta circa 60 gruppi, la metà dei quali urbani, di quartiere e di favelas. Formalmente è nato nel 2011 ed è composto dalle comunità popolari che avevano creato, nel 2001, un’associazione nazionale. Nel 2006 ha creato il mensile Voz das Comunidades e nel 2008 l’Unión de la Juventud Popular [Unione della Gioventù Popolare].
In realtà, tuttavia, il movimento ha già 40 anni, perché le sue origini risalgono al 1969 quando, in piena dittatura militare, la Juventud Agraria Católica [Gioventù Agraria Cattolica] si è trasformata nel Movimiento de Evangelización Rural[Movimento di Evangelizzazione Rurale] e in seguito, nel 1986, in Corriente Sindical de los Trabajadores Independientes [Corrente Sindacale dei Lavoratori Indipendenti]. Il primo incontro nazionale del MCP ha deciso di agire in cinque settori: economico, sociale, culturale, popolare e sindacale.
Una delle attività del MCP è inserita nella comunità Chico Mendes, nel nord del municipio di Rio de Janeiro, confinante con la Baixada Fluminense che circonda la baia di Guanabara. Si trova sopra il Morro do Chapadao, ha 25 mila abitanti ed è il frutto di un’occupazione organizzata nel 1991. Gelson e Jundair,che hanno iniziato la loro militanza sotto la dittatura, da due decenni stanno nel quartiere, dove hanno cominciato organizzando campionati di calcio per uomini e donne.
Oggi c’è un gruppo di sostegno scolastico dove vanno ogni giorno 70 bambini con quattro insegnanti ed un asilo frequentato da 20 bambini e bambine, entrambi sostenuti dalla comunità stessa senza finanziamenti esterni. Ci sono anche un gruppo di acquisto collettivo, un gruppo di produzione che ottiene prodotti per la pulizia a base di olio di automobili riciclato e un gruppo di vendita nel quale sono coinvolte una ventina di famiglie e che comprende un negozio di generi alimentari dove si riforniscono circa 200 famiglie e un magazzino che vende materiali per l’edilizia.
L’impresa più innovativa, però, è il gruppo di investimento collettivo che, dopo un decennio, comprende 400 investitori della comunità e più di 20 membri che amministrano un fondo di 700 mila real (circa 170 mila dollari). La maggior parte dei prestiti sono per la ristrutturazione delle case e per generare redditi familiari e collettivi. Grazie ai prestiti del gruppo di investimento, diversi abitanti della comunità hanno potuto comprare dei camioncini per il trasporto dal terminal della Metro alla comunità Chico Mendes.
Si lavora con denaro dei membri del movimento che “investono” e fanno “prestiti”; pagano interessi molto bassi, il 2 per cento agli investitori, e chiedono poco di più ai beneficiari. Non viene accumulato capitale e tutto il denaro circolante è sotto il controllo comunitario in quanto la funzione del denaro è quella di valore d’uso, una cosa molto comune tra i settori popolari del nostro continente, e non quella di valore di scambio.
Il fatto che ci sia un gruppo di investimento comunitario fa sì che i membri del MCP non abbiano la necessità di rivolgersi ad una banca per chiedere prestiti con tassi d’interesse da usura. Così, le famiglie che hanno bisogno di migliorare la loro casa o di comprare beni per poter lavorare [possono] contare su un meccanismo di finanziamento al di fuori del mercato, il che dà loro maggiore autonomia. Il MCP conta 30 gruppi di investimento che assieme gestiscono milioni di real.
A questo punto, però, è necessario aprire una discussione. In una società emancipata, o nel mondo nuovo, sarà impossibile sradicare il denaro. La moneta è precedente al capitalismo e non può essere considerata come sinonimo di capitalismo. Gli zapatisti hanno le loro banche controllate dalle comunità che prestano denaro alle basi di appoggio, cosa che non significa che stanno riproducendo il capitalismo. Il vantaggio di creare gruppi di investimento come quelli del MCP è che i suoi membri non dipendono da quelli che monopolizzano il denaro, vale a dire, dalle banche.
Gelson e Jundai ritengono che dopo vent’anni di lavoro, la comunità è più forte. Alla domanda sulle difficoltà che s’incontrano, dicono che quella maggiore è la formazione di militanti. A questo compito dedicano la loro vita, però, sebbene ci siano stati dei progressi, nella comunità Chico Mendes il movimento ha circa cinquecento partecipanti ma solo una decina di militanti. Alla domanda sul traffico [di droga] e sulla violenza, rispondono: “Non sono difficoltà, è la realtà”. Nei quartieri popolari del Brasile il primo problema è la polizia.
Il MCP lavora per la formazione di un fronte popolare attraverso l’articolazione di gruppi autonomi di base, come Ocupa Alemao, che è diventato un punto di riferimento tra i gruppi di favelados [abitanti delle favelas] del Brasile. A livello teorico, Gelson rivendica il marxismo e il cristianesimo, e non nasconde la sua simpatia per Mao. Il movimento ha quattro esperienze storiche di riferimento: la resistenza del popolo guaraní, il quilombo di Palmares nel XVII secolo, il movimento popolare dei Canudos alla fine del XIX secolo e la lotta dei minatori di Morro Velho negli anni ’30. Insomma, la sintesi delle lotte indigena, nera, operaia e popolare.
Viene difesa l’indipendenza dai partiti e si lavora per l’autonomia politica ed economica, queste cose sono il fondamento del movimento. Gelson assicura che “il MCP non è un’organizzazione, è un fermento”. Non vogliono ripetere un percorso che non serve più: mobilitarsi, fare agitazione, prendere il potere e costruire il socialismo. Essere fermento è stimolare, dall’interno e dal basso, affinché il quartiere diventi comunità, creando potere popolare. Poi, si vedrà.

Fonte: la Jornada
Traduzione per Comune-info: daniela cavallo
Fonte: comune-info.net 

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