La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 19 gennaio 2016

Quel Martin Luther King cancellato

di Paul Street
“Se dobbiamo ottenere la vera uguaglianza”
Due estati fa ho fatto per caso un’eccezionale scoperta in un negozio di libri usati. Ho trovato un’edizione originale del libro di Martin Luther King, pubblicato postumo: The Trumpet of Conscience [La tromba della coscienza] (New York, Harper & Row, 1968) – che è una raccolta di cinque conferenze che King diede alla CBC (Canadian Broadcasting System) nel novembre e dicembre del 1967, proprio cinque mesi dopo il suo assassinio (o esecuzione) a Memphis. La CBC aveva invitato King a parlare su qualsiasi cosa considerasse rilevante non soltanto negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo.
La tromba della coscienza non corrisponde bene all’immagine casalinga convenzionale e imbiancata di King che viene “fornita” a tutta la nazione ogni anno durante e introno alla data della festa nazionale che porta il suo nome.
Quell’immagine lo rappresenta come un riformatore moderato che vuole poco più che degli elementari adattamenti dei diritti civili in un Sistema americano per lo più benevolo, un leale supplicante che è stato grato fino alle lacrime ai leader della nazione per avere finalmente fatto quegli adattamenti.
La commemorazione ufficiale non dice nulla del Dottor King che studiava Marx in giovane età [1] e che nei suoi ultimi anni diceva che “se dovremo ottenere la vera uguaglianza, gli Stati Uniti dovranno adottare una forma modificata di socialismo” [2] Cancella il King che ha scritto che il “vero problema che va affrontato” al di là di argomenti superficiali era “la radicale società della ricostruzione della società stessa.” [3]
Un falso “senso di compimento dei bianchi”
Nella sua prima conversazione (Impasse in Race Relations) [Stallo nei rapporti tra razze], King rifletteva su quanto poco aveva ottenuto la lotta per la libertà dei neri oltre alcuni minuscoli cambiamenti nel Sud. Deplorava il fatto che “si fosse arrestato il limitato avanzamento” che i neri e i loro alleati avevano raggiunto “con la resistenza dei bianchi che rivelava il razzismo latente che era [ancora] profondamente radicato nella società statunitense.”
“Mentre l’entusiasmo e le aspettative morivano,” ha spiegato King, “i neri divennero più acutamente consapevoli che l’obiettivo della libertà era ancora distante e che la triste situazione attuale era in sostanza ancora un’agonia di privazione. Nello scorso decennio, si è fatto poco per i ghetti del Nord. Tutte le leggi erano fatte per porre rimedio alle condizioni del Sud e anche queste erano soltanto parzialmente migliorate.” (pag. 6)
Peggio che semplicemente migliorati, i risultati positivi ottenuti dai neri americani durante quella che King considerava la “prima fase” della loro lotta per la libertà (1955-1965) erano pericolosi in quanto “causavano nei bianchi un senso di compimento” – un’impressione irragionevole che il cosiddetto “problema dei neri” fosse stato risolto e che perciò non ci fosse più base o giustificazione per un’ulteriore attivismo nero. “Quando i Neri si mossero per salire sul secondo piolo della scala,” osservò King, “si sviluppò una ferma opposizione da parte della comunità bianca…In alcuni quartieri fu un rifiuto cortese, in altri un contraccolpo stridente dei bianchi. In tutti i quartieri inequivocabilmente fu un’opposizione assoluta.” (pag. 6)
“Fallimento spirituale”
Spiegare la notevole ondata di rivolte razziste che si erano diffuse rapidamente nelle città degli Stati Uniti nelle estati del1966 e del 1967, King non ha fatto le scuse per la violenza dei neri. Ha dato la colpa dei disordini alla “struttura di potere dei bianchi…che cerca ancora di mantenere intatti i muri della segregazione e della disuguaglianza” . Ha trovato la causa principale delle sommosse nella posizione reazionaria della “società bianca, impreparata e non disposta ad accettare un radicale cambiamento strutturale,” che ha prodotto caos “, e che dice ai neri (le cui aspettative per un cambiamento sostanziale erano state risvegliate) “che devono aspettarsi di restare permanentemente non uguali e per sempre poveri.” (pag. 9-10).
King ha dato la colpa dei disordini in parte anche alla guerra imperialista e fatta di massacri di Washington in [qui avrebbe fatto meglio a dire “contro”] Vietnam. L’aggressione militare contro l’Asia di Sud-Est sottrasse risorse alla “Guerra alla Povertà” di Johnson brevemente dichiarata e a malapena combattuta. L’aggressione mandò dei neri poveri in prima linea in misura sproporzionata. Promuoveva l’idea che la violenza era una risposta ragionevole e anche una soluzione ai problemi sociali e politici.
I neri americani e altri sentivano quella che King chiamava “l’ironia crudele di osservare ragazzi di colore e bianchi sugli schermi televisivi mentre uccidono e muoiono insieme per una nazione che non è stata in grado di farli stare seduti insieme nella stessa scuola. Li guardiamo mentre, brutalmente solidali tra di loro, danno fuoco alle capanne di un villaggio povero, ma ci rendiamo conto che non vivrebbero mai nello stesso condominio a Detroit,” ha detto King nella sua seconda conferenza alla CBC, aggiungendo che “non poteva restare in silenzio davanti a una così crudele manipolazione dei poveri” (pag.23).
A parte l’ipocrisia spirituale, King diceva che “una nazione che continua anno dopo anno a spendere più soldi per la difesa militare [avrebbe fatto meglio a dire “impero militare”] che per i programmi di sollievo sociale, si sta avvicinando a un fallimento spirituale” (pag. 33).
“L’uomo bianco non rispetta la legge”
I rivoltosi hanno mancato di rispetto alla legge, come li accusavano sia i loro critici liberali che quelli conservatori? Sì, disse King, ma aggiunse che le trasgressioni dei rivoltosi erano reati che derivavano da crimini maggiori dei decisori politici della società dei bianchi.” che “creavano discriminazione…creavano quartieri miserabili [e] che perpetuano la disoccupazione, l’ignoranza e la povertà…”L’uomo bianco” elaborava King, “non rispetta la legge nel ghetto. Giorno dopo giorno, viola le leggi sociali per privare i poveri delle loro magre assegnazioni; viola sfacciatamente la creazione di codici e regolamenti; la sua polizia deride la legge; l’uomo bianco viola le leggi riguardanti la pari occupazione e istruzione e la fornitura di servizi pubblici. I quartieri miserevoli sono opera di un sistema violento della società dei bianchi.” (pag. 8).
I rivoltosi si sono impegnati in azioni violente?
“Sì, ha detto King nella sua quarta conferenza, ma ha fatto notare che la loro aggressione era “incentrata a un livello sorprendente contro la proprietà invece che contro le persone.” Ha osservato che “la proprietà rappresenta la struttura del potere dei bianche che [i rivoltosi] stavano [comprensibilmente] attaccando e distruggendo” (pp. 56-57). Contro coloro che consideravano “sacra” la proprietà, King sosteneva che “la proprietà è intesa a essere di aiuto alla vita, e indipendentemente da quanto la circondiamo con diritti e rispetto, non ha una natura di persona.”
“Il nucleo profondo del dispotismo…Le radici sono nel sistema”
Che fare? King ha anticipato cambiamenti significativi di politica che andavano contro il buon senso dello stato governato dalle aziende, riflettendo la sua concordanza con i radicali della Nuova Sinistra che “i mali attuali possono essere eliminati soltanto con un cambiamento strutturale, perché le radici sono nel sistema invece che nell’uomo o in operazioni irregolari” (pag. 40).
Le sue proposte, diceva, miravano a più che la sola giustizia razziale. Cercando di abolire la povertà per tutti, compresi i bianchi poveri, sentiva che la “rivolta dei neri era arrivata a sfidare ciò che chiamava “i tripli mali : razzismo, ingiustizia/povertà economica (capitalismo) e guerra (militarismo ed imperialismo). Si era sviluppata, diventando qualcosa di più che una ricerca di integrazione ed uguaglianza” : “una sfida a un sistema che ha prodotto miracoli di produzione e tecnologia per creare la giustizia.”
Se l’umanesimo è isolato dal sistema,” ha detto King nella sua conferenza di apertura, “i neri avranno rivelato il suo sua più profondo nocciolo di dispotismo e si svolgerà una lotta di gran lunga più grande per la liberazione. Gli Stati Uniti vengono, in sostanza, sfidati a dimostrare che possono abolire non soltanto i mali del razzismo, ma il flagello della povertà e gli orrori della guerra…” (pp. 16-17).
Non dovrebbe esserci dubbio che King intendeva il capitalismo quando si riferiva al “sistema” e al “più profondo nocciolo del dispotismo.” [4]
“Devono organizzare una rivoluzione….contro la minoranza privilegiata della Terra”
A nessun attento ascoltatore alle lezioni di King alla CBC sarebbe sfuggito il radicalismo della sua visione e della sua tattica. “Gli “espropriati di questa nazione – i poveri, sia bianchi che neri – vivono in una società crudelmente ingiusta,” disse King nella sua quarta conferenza. “Devono organizzare una rivoluzione contro quell’ingiustizia,” aggiunse. (p.59).
Una tale rivoluzione richiederebbe “più di una dichiarazione per la società più ampia,” più che le dimostrazioni nelle strade”, proclamò King. “Ci deve essere,” aggiunse, “una forza che interrompa il funzionamento [di quella società] in qualche momento chiave.” Quella forza userebbe “la disobbedienza civile di massa” per tramutare la profonda rabbia del ghetto in una forza costruttiva e creativa” spostando il funzionamento di una società.”
“La tempesta si sta sollevando contro la minoranza privilegiata della terra,” King aggiunse per essere sicuro. “La tempesta non si placherà fino a quando non ci sarà una giusta distribuzione dei frutti della terra…” (p.17). Come indicava questo riferimento a tutta le terra, “la resistenza massiccia, non violenta ai mali del sistema moderno” (p. 48) che King sosteneva fosse internazionale nei suoi scopi”, dato che rifletteva il fatto che “i paesi poveri lo sono principalmente perché [le ricche nazioni occidentali] li hanno sfruttati tramite il colonialismo politico o economico. Gli Americani in particolare devono aiutare la loro nazione a pentirsi del loro moderno imperialismo economico.” (p. 62).
In La Tromba della coscienza si legge un sostenitore democratico della disobbedienza socialista di massa e della rivoluzione mondiale. Questo è un King di cui i custodi della memoria nazionale non vogliono si sappia quando onorano la memoria ufficiale, imposta in senso dottrinario, diluito, pacificata, e addomesticata di King.
La minaccia posta a quella memoria ufficiale offerta dalle conferenze di King alla CBC, e da molte altre cose che King ha fatto, ha scritto e ha detto – non è soltanto il fatto che mostrano che un riformatore ufficialmente emblematico della gradualità, è stato un oppositore di sinistra del sistema di profitti e del suo impero. Si tratta anche del modo chiaro in cui King ha analizzato la natura incompleta e incompiuta dei progressi della nazione contro l’ingiustizia razziale e di classe, intorno alla quale ogni ulteriore sviluppo è praticamente cessato negli anni ’70, grazie a una reazione negativa dei bianchi che era già in corso nei primi anni ’60 e alla metà di questi (prima della comparsa delle Pantere Nere) e a una guerra delle aziende fatta dall’alto verso il basso a una classe operaia americana che iniziò con Jimmy Carter e che andò fuori controllo con Ronald Reagan.
Il “fallimento spirituale” imposto dal militarismo, ha continuato a esistere, mentre Washington uccideva direttamente o indirettamente milioni di Iracheni, di Centroamericani, di Sudamericani, di Africani, di Musulmani, di Arabi, di Asiatici, in molti modi diversi, nel corso degli anni, a cominciare dal Vietnam. [5]. Dato che rappresentano metà delle oscene spese militari del mondo, gli Stati Uniti mantengono un gigantesco bilancio di “difesa” dell’impero a livello di Guerra Fredda per sostenere una macchina omicida globale che è ineguagliata nella storia (essa opera da più di 800-1000 basi situate in più di 100 nazioni “sovrane”), anche quando metà della popolazione degli Stati Uniti è povera o quasi povera e le 80 persone più ricche del mondo messe insieme possiedono tanta ricchezza quanto i 3,6 miliardi dei più poveri del mondo. [6].
“Un richiamo oltre le fedeltà nazionali”
Spiegando perché si era rivoltato contro la Guerra del Vietnam, King osservava che “un peso di responsabilità era stato posto su di me nel 1964; non posso dimenticare che il Premio Nobel per la Pace era anche un impegno – un impegno a lavorare più duramente di quanto avessi mai lavorato prima per la fratellanza dell’uomo.’ Questo è un richiamo che mi porta al di là di lealtà nazionali per fare la pace.” (p. 25). Nel rispondere a quell’invito King stava a sinistra di social democratici statunitensi degli anni ’60 come Bayard Rustin, A. Phillip Randolph, e Michael Harrington. Questi e altri leader della sinistra erano riluttanti a opporsi all’assalto imperiale statunitense all’Indocina a causa della loro fiducia malriposta nel perseguire la lotta contro la povertà alleandosi con il Partito Democratico favorevole alla guerra e con l’AFL-CIO (The American Federation of Labor-Congress of Industrial Organizations [7]. Oltre a opporsi alla guerra per ragioni morali, King capiva molto bene che le spese per schiacciare il Vietnam stavano precludendo e cancellando le spese per il programma anti-povertà.
Una testimonianza di speranza radicale
“La Rivoluzione Nera,” scrisse in un saggio pubblicato postumo nel 1969 e intitolato “Un testamento di speranza”, è molto di più che una lotta per i diritti dei neri. Sta costringendo l’America ad affrontare tutte le sue pecche interconnesse; il razzismo, la povertà, il militarismo e il materialismo. Sta rivelando i mali che sono profondamente radicati nell’intera struttura della nostra società. Rivela pecche sistemiche piuttosto che superficiali e indica che la società di ricostruzione della società è il vero problema che va affrontato.” [8]
Queste parole – parole che non sentirete tramite i media convenzionali durante le celebrazioni nazionali della Giornata di King – sembrano vere ed urgenti come mai oggi, dato che diventa innegabile che il profondo nocciolo del dispotismo sta spingendo l’umanità verso un precipizio ambientale e che è diventato eco- “socialismo o barbarie se siamo fortunati.”


Note scelte:

1.Marshall Frady, Martin Luther King, Jr, A Life [Una vita] (New York: Penguin, 2002), 25.

2.David J.Garrow, Bearing the Cross: Martin Luther King, Jr. and the Southern Christian Leadership Council [Portare la croce: Martin Luther King Jr. e il Comitato della dirigenza cristiana del Sud], (HarperCollins, 1986), 41-43.
Vedi nota 8
Garrow, Bearing the Cross, 382, 591-92; Michael Eric Dyson, I May Not Get

There With You: The True Martin Luther King, Jr. [Forse non posso arrivare là con voi: il vero Martin Luther King, Jr], (Free Press, 2000), 87-88.
Una recensione utile è: William Blum, Rogue State: A Guide to the World’s Only Superpower [Stato canaglia: una Guida all’unica superpotenza mondiale (Common courage Press, 2005). Vedere anche: Noam Chomsky,Year 501: The Conquest Continues [Anno 501, La conquista continua], (South End Press, 1993) and Ward Churchill, On the Justice of Roosting Chickens: Reflections on the Consequences of U.S. Imperial Arrogance and Criminality [La giustizia dei nodi che vengono al pettine: riflessioni sulle conseguenze dell’arroganza e della criminalità imperiale degli Stati Uniti]. (AK Press, 2003).
Mona Chalabi, “Meet the 80 People Who are as Rich as Half the World,” [Vi presento le 80 persone che sono ricche quanto la metà del mondo], FiveThirtyEight, January 18, 2015,http://fivethirtyeight.com/datalab/meet-the-80-people-who-are-as-rich-as-half-the-world/;

Paul Bucheit, “Half of America is In or Near Poverty,”[Metà dell’America è povera o quasi povera], AlterNet, March 23, 2014, http://www.alternet.org/economy/overwhelming-evidence-half-america-or-near-poverty.
Per un resoconto dettagliato e brillante, vedere: Paul Le Blanc and Michael D. Yates, A Freedom Budget for All Americans: Recapturing the Promise of the Civil Rights Movement in the Struggle for Economic Justice Today[Un bilancio di libertà per tutti gli Americani: riconquistare la promessa del movimento per i diritti civili nella lotta per la giustizia economica oggi], (New York: Monthly Review, 2013).
Martin Luther King, Jr., “A Testament of Hope” (1969) in James Washington, ed., A Testament of Hope: The Essential Writings and Speeches of Martin Luther King. Jr

[Un testamento di speranza: gli scritti e i discorsi fondamentali di Martin Luther King Jr.], (New York: Harper Collins, 1991), 315.

Paul Street (paul.street99@gmail.com, è autore di molti libri, compresi Racial Oppression in the Global Metropolis (Rowman & Littlefield, 2007), Segregated Schools (Routledge, 2005) e They Rule: The 1% v. Democracy [Loro governano: l’1% contrapposto alla democrazia] (Paradigm, 2014)

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : Counyerpunch
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016ZNET Italy – Licenza Creative Commons

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