La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 16 gennaio 2018

Turismo e cultura, la scuola di Franceschini costata milioni per produrre nulla



di Alberto Crepaldi
Al bilancio dello Stato – capitoli turismo e cultura – è costata, sino ad oggi, più di quindici milioni di euro. E negli ultimi due anni ha garantito un appannaggio di 180 mila euro all’anno ad una docente già stipendiata dalla scuola pubblica di alti studi IMT di Lucca.
Ma, in cinque anni e mezzo di esistenza formale, non ha prodotto nulla. Parliamo della ‘Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo‘ – già ‘Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo’ – del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo (Mibact) guidato da Dario Franceschini. Nata nel 2012 grazie ad un articolo ad hoc infilato nelle “misure urgenti per la crescita del Paese” varate dal Governo Monti, la Fondazione è finita ben presto su un binario morto, in un limbo politico-istituzionale. Particolarmenrte paradossale, questa situazione, se consideriamo che una coalizione trasversale rappresentata dall’allora governatore della Regione Campania Stefano Caldoro e dal Sindaco di Napoli Luigi De Magistris condusse una battaglia epocale affinché la città partenopea fosse indicata, come avvenne, quale sede dell’istituto. Il 31 dicembre 2014, dopo che dai radar era completamente scomparsa, arriva per la Fondazione un’altra norma taylor made, inserita nel decreto milleproroghe per volontà di Dario Franceschini. La Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo viene prorogata fino al 31 dicembre 2017 e, in conseguenza dell’estensione del suo ambito operativo al settore dei beni e delle attività culturali, appunto ribattezzata ‘Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo’.
La missione della Scuola affidata al governo del Mibact – posta in particolare sotto la gestione della direzione generale turismo retta da Francesco Palumbo – e anche per questo ospitata nel Palazzo del Collegio Romano ove ha sede il Ministero stesso, è apparentemente nobile quanto ambiziosa: fare formazione, ricerca e studi avanzati a livello internazionale con lo “scopo di sviluppare le risorse umane, la ricerca, la conoscenza e l’innovazione nell’ambito delle competenze del Ministero”. Nello statuto predisposto dagli uomini di Franceschini al Mibact si vola altissimo, indicando addirittura l’obiettivo di dare vita ad “un modello formativo e di ricerca di eccellenza di standard internazionali negli ambiti della tutela, gestione, valorizzazione e promozione dei beni, delle attività culturali e del turismo”.
Traguardi, sulla carta, così strategici non potevano che meritare uno sforzo finanziario importante, concretizzatosi con stanziamenti enormi: ai 4 milioni messi sul tavolo dal Ministero degli Affari Regionali nel 2013, si sono aggiunti 3,9 milioni nel 2016 da parte della direzione generale turismo del Mibact, che nel 2017 ha donato alla causa altri 3,4 milioni di euro.
Oltre a queste cifre vanno poi considerate quelle che già le norme istitutive della Scuola, approvate dall’ex premier Monti, avevano indicato come somme limite da utilizzare per lo svolgimento delle attività nel triennio 2012-2014: sei di milioni di euro. A cui, grazie ad un emendamento alla manovra di bilancio 2018, si aggiungeranno 2 milioni a partire dal 2020 in modo che la disponibilità totale «a regime» sarà di 3,5 milioni all’anno. Un fiume di denaro, che, vista l’inoperatività dell’istituto, sono serviti fino ad ora a pagare l’esiguo gettone di presenza all’unico dei tre componenti del Consiglio di gestione che non vi ha rinunciato, nonché modesti compensi e rimborsi spese al Collegio dei Revisori. Ma soprattutto l’appannaggio, pari a 180.000 euro, di Maria Luisa Catoni, docente all’IMT di Lucca, di area lettiana, designata da Dario Franceschini a direttrice dell’alta scuola di formazione del Mibact il 2 febbraio 2016.
Incarico, quello assegnato alla Catoni, che ha suscitato dubbi sulla legittimità di essere contemporaneamente docente a Lucca e direttrice della Scuola a Roma. Dubbi sfociati in una interrogazione al Ministro Dario Franceschini, firmata dal pentastellato Gianluca Vacca e da quattro suoi colleghi, presentata nel settembre dello scorso anno, ma tutt’ora rimasta senza alcuna risposta. Nell’atto ispettivo i cinque parlamentari chiedono, in particolare “se l’incarico […] sia stato conferito con scelta diretta e discrezionale […] e se siano stati considerati altri curricula, […] quali siano state le altre posizioni valutate e […] i criteri di scelta che hanno condotto alla nomina […] e se il Ministro […] abbia verificato preventivamente le eventuali situazioni di incompatibilità, ai sensi della normativa vigente, della professoressa Catoni ed in particolare in virtù del suo ruolo di professore ordinario presso l’Imt di Lucca e, in caso negativo, se intenda assumere iniziative in tal senso”.
È immaginabile l’imbarazzo, da parte di Dario Franceschini ma soprattutto di chi come Francesco Palumboha firmato “al buio” gli atti di finanziamenti per oltre 7 milioni di euro, nel vedersi recapitare sul tavolo un atto ispettivo che lambiva un tema così scivoloso come quello della Scuola. Istituto, come detto, che fino ad ora non ha messo in pista alcun progetto formativo, nonostante le prime azioni fossero state annunciate con enfasi e come imminenti addirittura nel giugno del 2015 dal ministro Franceschini in persona.
Proprio nei giorni scorsi, dopo una serie di inspiegabili rinvii, come ci aveva annunciato l’ufficio stampa del Mibact a seguito di reiterate richieste di semplici informazioni, è stato pubblicato un bando di selezione dei partecipanti al primo ciclo della ‘Scuola del Patrimonio’, bollata come “un’infamia contro i professionisti della Cultura” dal seguito blog Miriconosci, nato nel 2015 per iniziativa di esperti e studiosi del mondo dei beni culturali. La curiosità: il bando della scuola in questione è stato affidato in gestione, per 10.200 euro, al Consorzio Cineca, con questa singolare motivazione: “[..] la attuale fase di start-up e in attesa dell’implementazione di una apposita unità operativa informatica”.
Fonte: glistatigenerali.com

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