La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 19 maggio 2016

Come ci siamo messi in questo casino?

di George Monbiot
La questione è cambiata un poco dai giorni di Rousseau, ma il mistero rimane. Perché, quando la maggior parte di noi gode di maggiore libertà di qualsiasi altra generazione tranne le precedenti due o tre – libertà dalla tirannia, libertà dalla schiavitù, libertà dalla fame – ci comportiamo come se non la avessimo? Sono indotto a chiedermelo a causa della scoperta che lo strumento più illiberale proposto da qualsiasi governo recente – ingiunzioni per impedire disturbi e seccature che sono nella Proposta di Legge per il Comportamento Anti-sociale – è stato attaccato dal Partito Laburista non perché è drastico, ma perché non lo è abbastanza. La disposizione è stata rifiutata con fermezza dalla Camera dei Lord, ma nel marzo 2014 la proposta è diventata legge. Perché tolleriamo una politica che non ci offre alcuna scelta effettiva?
Questo funziona in gran parte per volere dei finanziatori milionari, del potere delle grosse aziende e dei media prepotenti. Perché, in un’epoca in cui le persone non vengono più torturate e giustiziate per aver criticato coloro che stanno al potere, non siamo riusciti a creare alternative fattibili?
Al Congresso degli Stati Uniti, per la prima volta, una maggioranza di membri è milionaria. Dato che i rappresentanti diventano più ricchi, le leggi che approvano assicurano loro che esercitino sempre meno potere sui ricchi e sempre più potere sui poveri. Tuttavia, come nota il Center for Responsive Politics* : “Non c’è stato alcun cambiamento nel nostro desiderio di eleggere politici facoltosi, che rappresentino i nostri interessi a Washington.” Sembra che possediamo un’abilità quasi illimitata di rilassarci e di osservare la classe politica che viene afferrata dai plutocrati, la biosfera che viene distrutta, i servizi pubblici eliminati o dati alle grosse aziende, i lavoratori costretti ad accettare contratti a zero ore. Sebbene ci siano alcune meravigliose eccezioni, nel complesso la protesta si è attenuata e le alternative vengono ignorate senza esaminarle. Come abbiamo acquisito questa passività sovrumana?
Il problema non è collegato alla politica. Quasi universalmente sembriamo soddisfatti di condurre una vita su procura, una contro-vita di indiretti rapporti illusori, di piaceri di seconda mano, di atomizzazione senza individuazione. Coloro che posseggono un reddito disponibile, sono straordinariamente liberi, in confronto a quasi tutti i nostri bisnonni, ma tendiamo ad agire come se fossimo stati messi agli arresti domiciliari. Con la somma di denaro che la maggior parte di noi spende per l’intrattenimento domestico, potremmo probabilmente comprare un cavallo e giocare a buzkashi ** ogni fine settimana, ma preferiamo fissare una scatola illuminata osservando persone che saltano su e giù e strillano.
Il nostro vincolo politico è un aspetto di una più ampia inibizione, un più vasto fallimento di essere liberi. Non sto parlando qui di libertà dei sapientoni: la libertà dei miliardari di non pagare le tasse, delle multinazionali di inquinare l’atmosfera o di indurre i bambini a fumare, dei proprietari terrieri di sfruttare i loro fittavoli. Dovremmo rispettare la moralità della proibizione che dobbiamo agli altri. Ci sono però un sacco di libertà che possiamo esercitare senza diminuire quelle della altre persone.
Se ai nostri antenati avessero chiesto di prevedere che cosa sarebbe avvenuto in un’età di diffusa prosperità in cui la maggior parte dei divieti religiosi e culturali avevano perduto il loro potere, quanti avrebbero ipotizzato che le nostre attività preferite non sarebbero state i focosi incontri politici, le orge mascherate, i dibattiti filosofici, la caccia al cinghiale, fare surf su onde mostruose, ma invece andare a fare delle spese e guardare altra gente che fa finta di divertirsi? Quanti avrebbero previsto una conversazione nazionale – in pubblico e in privato – imperniata sulle tre R: rinnovamento, ricetta e resort (luoghi di villeggiatura)? Quanti avrebbero ipotizzato che persone in possesso di ricchezza inimmaginabile e di tempo da dedicare allo svago, e di libertà, avrebbero passato il loro tempo andando a comprare gli occhiali da mettersi quando si tagliano le cipolle e gli spremitori di grano? L’uomo è nato libero e dovunque si trovi, è nelle catene di grandi magazzini.
Pochi anni fa, un mio amico mi spiegò quanto si era depresso mentre cercava di trovare una compagna stimolante, tramite i siti di appuntamenti online. Continuava a
“inciampare” nella stessa frase , usata parola per parola dalle molte donne che aveva cercato: “Nulla mi piace di più che una serata sul divano con un bicchiere di vino rosso e un buon DVD.” L’orrore che provò derivava non tanto dalla preferenza, quanto dalla ripetizione: “il non riuscire ad afferrare le possibilità dell’auto-differenziazione.”
Gli ho scritto di recente per vedere se qualcosa era cambiato. Sì. Era ora ruzzolato in un vortice che lo sgomentava. Si era visto con 18 donne nel 2013, cercando il breve netto risultato che continua a farti ritornare malgrado che l’esperienza considerata nel suo complesso non aggiunga nulla a qualsiasi cosa che valga la pena avere. “La mia vita…sta cominciando a danzare al ritmo di internet del desiderio soddisfatto immediatamente e debolmente.” Cercando qualcuno che non fosse intrappolato nella condizione di ‘adattamento edonico’ (è la capacità degli esseri umani di adattarsi a circostanze buone o cattive e di ritornare poi a una relativa neutralità: esempio classico di questo sono coloro che vincono molto al loto, Enalotto, ecc., n.d.t.).
vi è rimasto intrappolato anche lui .
Potrebbe essere questo, cioè l’immediata soddisfazione del desiderio, la prontezza con cui confortiamo che ci priva di maggiori libertà? La comodità estrema uccide il desiderio di essere liberi? Se è così, è un’abitudine appresa presto e duramente. Quando i bambini sono costretti a casa, non possiamo aspettarci che sviluppino l’istinto per la libertà che è intimamente associato con lo stare all’aperto. Non possiamo aspettarci che raggiungano libertà più impegnative, se non hanno esperienza della paura e del freddo e della fame e dello sfinimento. Forse la libertà dalla scarsità ci ha paradossalmente privato di altre libertà. La libertà che ci rende accessibili così tanti nuovi piaceri invalida il desiderio di conoscerle.
Alexis de Tocqueville aveva detto una cosa ugualmente importante circa la democrazia: minaccia di rinchiudere ciascuno di noi “interamente nella solitudine del proprio cuore.” Le libertà che essa si garantisce distruggono il desiderio di unire e di organizzare. A giudicare dalla nostra riluttanza a creare alternative durature, non desideriamo né appartenervi né deviare.
Non è difficile vedere come la nostra impotenza porti in breve tempo alla tirannia. Senza movimenti popolari coerenti che sono necessari per impedire che i partiti dell’opposizione cadano nelle grinfie dei milionari e dei lobbisti delle grosse aziende, quasi qualsiasi governo sarebbe tentato di progettare uno stato di polizia nominalmente democratico. La libertà di tutti i tipi è un qualcosa che dobbiamo usare o perdere, ma sembra che abbiamo dimenticato che cosa significa.

Questo è un estratto dal nuovo libro di George Monbiot: How Did We Get Into This Mess? Come ci siamo messi in questo casino?, (Verso Books, 2016).

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Alternet
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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