La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 26 gennaio 2018

In campagna elettorale, sgravi per tutti









di Sergio Farris
La campagna elettorale per le elezioni politiche entra nel vivo e, fra i temi principali, viene posto quello fiscale. Così, tutti i maggiori schieramenti politici si prodigano nella concezione di accattivanti formule rivolte alla cattura, il più possibile trasversale, del consenso. Si va dalla promessa di un ampio sgravio fiscale nella modalità della 'flat tax' come indicato da Forza Italia con Berlusconi e dalla Lega con Salvini (provvedimento in verità, regressivo e incostituzionale), si passa per l'abolizione dell'Irap agli imprenditori e per la riduzione dell'Irpef ai lavoratori annunciata dal M5s di Di Maio, e si giunge al rinnovo degli ingenti sconti fiscali per le imprese e alla messa in atto di benefici Irpef per le famiglie, inclusi nel programma del Pd di Renzi. Inoltre, in ordine al suddetto tentativo di copertura longitudinale nel reperimento del consenso, vengono presentati schemi assistenziali come il reddito minimo e l'aumento delle pensioni sociali più basse (somme, a ben guardare, modeste se poste al cospetto delle corpose risorse promesse con gli sgravi fiscali). Ciò che chi scrive non trova persuasivo in codesti programmi è, oltre al ricorrente tentativo di sollecitazione dell’istinto individuale a fini di facile consenso, il fatto che la generale operazione di sgravio fiscale, pur volendo assumere un’entità positiva del 'moltiplicatore delle imposte', si configura come una scommessa il cui esito in termini economici potrebbe, nella più promettente delle ipotesi, sortire un effetto netto neutrale. Ciò perchè, nonostante qualche intento di facciata, nessuno dei protagonisti politici anzidetti oserà mai, in pratica, mettere in discussione il percorso di abbattimento del debito pubblico scolpito nelle tavole del 'Fiscal compact' (il quale è stato, frattanto, nel mezzo di un silenzio tombale, tradotto in 'direttiva' europea). Gli stessi vertici di partito prima citati si crucciano di assicurare, contestualmente alle mirabolanti promesse, l'immancabile riduzione del debito pubblico. Si va così a caccia delle 'coperture' finanziarie, andando dall'ennesimo piano di privatizzazioni (Forza Italia), transitando per la lotta agli sprechi e alla corruzione (cavallo di battaglia del M5s), e giungendo alle dismissioni patrimoniali, mobiliari e immobiliari (Pd), il tutto sotto lo spettro costante dei 'tagli' alla spesa pubblica.
Essendo il governo venturo vincolato al pedissequo rispetto del 'Fiscal compact', gli risulterà imprescindibile, di pari passo con le promesse azioni di riduzione delle imposte, conseguire un costante incremento dell’avanzo primario di bilancio pubblico, tanto più in caso di normalizzazione delle condizioni di politica monetaria. E' allora molto improbabile che le entrate attese dalle coperture annunciate e dalla crescita economica che si spera di stimolare (crescita molto incerta, dato che gli sgravi andrebbero a maggior vantaggio dei redditi medio-elevati), possano addirittura sopravanzare l’entità dei disavanzi che, con le riduzioni di imposte, si andrebbero inevitabilmente a formare. Con le privatizzazioni e con le dismissioni patrimoniali si ottengono delle entrate 'una tantum' ma si rinuncia, per gli anni a venire, a flussi di introiti sotto forma di dividendi e ricavi da gestioni patrimoniali; e la lotta agli sprechi finisce solitamente nella via più comoda e immediata dei tagli lineari alla spesa e ai servizi pubblici (andando a colpire coloro che, per ristrettezze di reddito, non possono procurarsi le corrispondenti prestazioni private a pagamento cioè i più deboli). L'unico vero modo di colmare i disavanzi di bilancio che, al verificarsi delle promesse avanzate, andranno a formarsi, sarà una drastica riduzione delle spese per acquisti e investimenti da parte delle amministrazioni pubbliche (le voci dal 'moltiplicatore fiscale' più consistente).
Sarebbe meglio se i politici dicessero la verità: il paese, impegnandosi in un accordo sovranazionale come il 'Fiscal compact', ha accentuato la pregressa rinuncia a un'autonoma politica fiscale; dare corso a questa scelta, unitamente all'implementazione delle promesse politiche di riduzione fiscale (che avvantaggiano maggiormente i già benestanti) non farà che approfondire le già rilevanti disuguaglianze sociali.

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