La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 febbraio 2018

Banche, il problema numero uno è l’informazione







di Angelo Baglioni
La Commissione d’inchiesta sulle banche non è stata inutile. Forze politiche litigiose sono concordi su un punto: Consob e Banca d’Italia devono collaborare di più. I cambiamenti necessari per far sì che i risparmiatori siano più informati e tutelati.

Una Commissione utile
Di fronte allo spettacolo delle ultime audizioni, concentrate sul ruolo del ministro Boschi, e alle 390 disordinate pagine delle quattro relazioni finali (una di maggioranza e tre di minoranza) è forte la tentazione di liquidare i lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta come una inutile commedia, tipica del teatrino della politica italiana. Ma sarebbe un errore. In realtà, le relazioni contengono resoconti e suggerimenti su diversi fronti, quali: la gestione e la vigilanza sulle banche entrate in crisi, i poteri investigativi della Banca d’Italia, lo scambio di informazioni tra di essa e la Consob, la giustizia relativa ai reati finanziari, il divieto di collocare prodotti d’investimento complessi, la re-introduzione degli scenari di probabilità nelle informazioni da dare agli investitori. Certo sarebbe stato meglio avere una relazione unitaria e più organica, ma non è stato possibile, anche per il clima pre-elettorale.

Giudizio unanime: migliorare il rapporto Consob-Bankitalia
C’è un problema, emerso durante le audizioni, sul quale le diverse relazioni concordano. Nelle varie vicende analizzate, da Banca Etruria a Monte dei Paschi alle popolari venete, quello che non ha funzionato è la collaborazione tra le due autorità preposte alla tutela del risparmio: Consob e Banca d’Italia. Quest’ultima è venuta a conoscenza di elementi critici, relativi alla gestione di quelle banche e ai prodotti di investimento offerti ai risparmiatori, che non sono stati utilizzati nella redazione dei prospetti informativi, autorizzati dalla Consob. Ciò è avvenuto nonostante la legge preveda un obbligo di scambio di informazioni tra le due autorità, escludendo che possa essere opposto il segreto d’ufficio nei rapporti tra di esse.
La relazione di maggioranza (pag. 175) propone allora di rendere più preciso l’obbligo di collaborazione, imponendo che le due autorità si scambino i verbali delle ispezioni, allegando una descrizione sintetica delle prescrizioni fatte alla banca oggetto di ispezione (precisando se alcune informazioni debbano restare riservate per ragioni di tutela della stabilità). Se la Banca d’Italia dà indicazioni a una banca vigilata, la Consob deve controllare che vengano riportate nel prospetto informativo. In questo modo, si dovrebbe evitare che una banca possa astenersi dal rendere pubbliche indicazioni ricevute dalla Banca d’Italia, sfruttando il fatto che l’autorità preposta alla tutela della trasparenza, la Consob, non ne è a conoscenza. È interessante che il suggerimento sia ripreso alla lettera in una delle relazioni di minoranza (pag. 344), a dimostrazione che sulla necessità di una maggiore collaborazione tra le due autorità vi è stata una convergenza persino tra le litigiose forze politiche rappresentate nella Commissione parlamentare. Naturalmente, ritoccare i protocolli di intesa tra le due autorità non risolverà il problema, se non cambierà davvero il rapporto tra di esse, finora improntato a una reciproca diffidenza. Occorre che i vertici delle due istituzioni facciano uno sforzo per aumentare il livello di collaborazione reciproca. Altrimenti il modello di vigilanza che prevede una ripartizione dei compiti per finalità (stabilità alla Banca d’Italia e trasparenza alla Consob) non potrà mai funzionare. Da questo punto di vista, un ricambio della massima carica può essere un segnale positivo: è quello che sta accadendo in Consob, ma non in Banca d’Italia.

La protezione del risparmiatore
Analogamente, introdurre informazioni più accurate nei prospetti informativi non cambierà davvero le cose, se allo stesso tempo non si passerà da una tutela formale a una tutela sostanziale dei risparmiatori. I prospetti informativi sono documenti lunghi centinaia di pagine, che gli investitori al dettaglio non leggono. Bisogna invece che i risparmiatori ricevano poche e chiare informazioni sui rischi dei prodotti di investimento. Il Kid (Key Information Document), previsto dalla direttiva Mifid, assolve a questa funzione, ma non è privo di elementi troppo tecnici ed è richiesto solo per i prodotti di risparmio gestito (ad esempio i fondi comuni), non per le obbligazioni. Gioverebbe anche una indicazione esplicita della probabilità con cui è possibile incorrere in perdite elevate. Le autorità dovrebbero utilizzare il loro potere di vietare la vendita di prodotti complessi: se in passato avessero dissuaso le banche dal collocare obbligazioni subordinate ai risparmiatori al dettaglio, molti guai prodotti dai dissesti bancari sarebbero stati evitati.

Fonte: lavoce.info

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