La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 18 novembre 2016

Referendum costituzionale e nuova politica economica europea

di Francesco Silvi
Nella giornata del 16 novembre la commissione europea ha espresso il suo parere sulle leggi di bilancio 2017 degli stati europei. Per quanto riguarda l’Italia, la sua legge di bilancio è stata valutata a rischio di non conformità, rispetto al patto di stabilità e crescita. In pratica viene accettata, seppur con diversi dubbi, ed agli inizi del 2017 si avrà un nuovo giudizio. Nello stesso giorno sono state definite le posizione della Commissione relative al prossimo semestre economico. Tra i vari documenti pubblicati colpisce la comunicazione sulle politiche fiscali sin dal titolo: Towards a positive fiscal stance for the euro area[1].
L’indicazione è verso una politica di bilancio positiva per l'area euro dove addirittura si invita ad aumentare la spesa di uno 0,5 per cento in più rispetto a quanto previsto dagli stati membri. «…the Commission is calling for a moderately expansionary fiscal stance for the euro area…»[2].
Ovviamente c’è da capire chi deve spendere e verso dove, oltre al quanto.
Questi due fatti stanno portando diversi commentatori a registrare un cambio di passo della UE rispetto alle politiche economiche, poiché viene data la chiara indicazione di una politica fiscale espansiva e, nel contesto italiano, viene approvata una manovra di bilancio, leggermente, espansiva.
Ma sono state veramente abbandonate le politiche di austerità? Se si definiscono queste come le misure volte alla riduzione del debito e del rapporto deficit/PIL si può persino affermare che l’austerità non sia mai stata veramente applicata[3]. Gli obiettivi concordati tramite i parametri di finanza pubblica non sono mai stati rispettati, piuttosto si è avuta una ricontrattazione degli stessi passo dopo passo.
Così la gestione spagnola della crisi economica si è caratterizzata, per esempio, per un massiccio indebitamento, innalzando la percentuale di indebitamento dal 35 per cento del 2007 a quasi il 100 per cento in meno di un decennio.[4]


Se invece si fa riferimento all’austerità come forma di governo economico e politico volta alla compressione dei salari, alla riduzione dei servizi essenziali, alla privatizzazione del patrimonio pubblico allora possiamo affermare con certezza che questa è stata implementata con forza anno dopo anno, e non si riscontra un vero cambiamento di rotta.
Infatti il baricentro è ancorato saldamente su:
- responsabilità nelle politiche di bilancio;
- conseguire le riforme strutturali;
- rilanciare gli investimenti.
Ampliare lo sguardo sul meccanismo politico del pareggio di bilancio e della gestione della programmazione economica permette di evitare di ridurre la posta in gioco su quale punto decimale bisogna strappare, come spesso appare nella cronaca giornalistica. Nonostante l’importanza degli argomenti, le risorse per la ricostruzione dopo il sisma e per la gestione del flusso dei migranti, non sono cifre ragguardevoli e sono state considerate come legate ad eventi eccezionali.
La sfida, o il gioco delle parti, tra il governo e l’UE, è anche quella di prendersi il finto merito di aver finalmente superato l’austerità.
In questo quadro, si arriva in Italia al voto per il referendum costituzionale. Ciò che è di interesse è il gioco politico che si è innestato tra legge di bilancio, referendum e indicazioni UE. Il calcolo politico del governo era di approvare una legge di bilancio che tirasse la volata al referendum, ma i tempi sono stretti così come gli spazi di manovra a disposizione nel bilancio.
La UE, invece, con le moderate, quasi inesistenti, concessioni non perde in sostanza nulla e anzi tiene aperta la finestra temporale utile per avere uno strumento diretto di pressione ad inizio anno, aprendo inoltre anche una fase, tutta retorica, di superamento dell’austerity. Incassare una riforma strutturale, costituzionale, utile per la governamentalità o gestire la sconfitta del governo da una posizione di forza: sono questi gli elementi che consegnano alla troika di partire da una posizione di assoluto vantaggio nella partita con l’Italia.
In questo modo il referendum costituzionale del 4 dicembre è un passaggio politico importante prima di tutto per il presidente del consiglio, poiché l’eventuale riforma costituzionale sarebbe una carta da giocare in questa nuova fase, ma anche per le istituzione europee, che con l’apertura di questo incerto processo di riequilibrio interno con la vittoria del No potrebbero avere maggiori elementi di instabilità sul fronte italiano. 




[4] in maniera più approfondita vedi “Sfatiamo il mito dell’austerità spagnola” di F. Lenzi 

Fonte: globalproject.info 

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