La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 13 gennaio 2017

Italicum delendum est! La Corte costituzionale alla prova del 24 gennaio

di Antonio Caputo
In una appassionata conferenza sui confini tra politica e scienza giuridica, Piero Calamandrei raccomandava la fede in un diritto adeguato ai bisogni espressi dalla realtà sociale e davvero uguale per tutti. E notava che "in realtà questa polemica contro i giuristi, accusati di essere troppo ligi alla lettera delle leggi costituite e di non sentire il vento che irrompe dalle finestre a squassare le loro bilancine, è soprattutto una polemica contro le leggi, ossia contro quella formulazione generale e astratta che tipicamente distingue le leggi dalle altre manifestazioni di volontà dello Stato" (Fede nel diritto, Firenze 21 gennaio 1940).
Alla vigilia del pronunciamento della Corte costituzionale sull'italicum, le parole di Calamandrei sono un monito a ricostruire con urgenza la casa comune, che è anche casa del diritto, legalità costituzionale. A partire da una legge elettorale coerente con la costituzione.
Rispettando e a un tempo invocando in assenza di altri numi tutelari una decisione inequivoca, il ruolo nomofilattico e super partes della Corte chiamata a decidere sulla compatibilità dell'Italicum con il dettato costituzionale, a seguito di ben 5 ordinanze emesse dai Tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste, Genova, provocate da ricorsi promossi dal gruppo di avvocati antitalikum in tutta la Penisola.
Il Comitato per il No presieduto dal prof. Alessandro Pace, attraverso un suo gruppo di lavoro di giuristi, ha diffuso un documento "per una riforma elettorale coerente con la costituzione". Si legge nel documento, tra l'altro, che "è inaccettabile che questo Parlamento, sostanzialmente delegittimato dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n.1 del 2014, abbia dapprima approvato l'Italicum, poi abbia tentato di modificare la Costituzione pur non essendo rappresentativo del paese, e ora non riesca ad assolvere al compito, sollecitato dallo stesso Capo dello Stato, di approvare una nuova legge elettorale coerente per le due Camere, dimostrandosi incapace di raccogliere il segnale venuto dal popolo italiano con la vittoria del No".
Soggiungo che lo svolgimento di un tal compito suonerebbe alle orecchie, e all'olfatto del paese inappropriato e anch'esso improvvido se non anche indigeribile, in quanto promanante da un Parlamento certo non adeguatamente rappresentativo del corpo elettorale, la cui composizione è artefatta dal sistema ultrapremiale del porcellum, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale.
D'altronde, riprendendo il documento del Comitato per il No, è vero che "quando il parlamento legifera sul sistema elettorale occorre che l'intervento non sia finalizzato a favorire o danneggiare qualcuno dei partiti in campo, ovvero a scoraggiare la nascita di nuovi soggetti politici. Anzi, nel nostro paese la legge elettorale deve favorire la ricostruzione di forme organizzate della politica come canali stabili di partecipazione da parte dei cittadini.
Solo così si possono ricostruire i connotati fondamentali di una partecipazione democratica effettiva, come prefigurata dall'art. 49 della Costituzione, che non si esaurisca in periodiche ordalie elettorali o primariati, deve essere respinta la pretesa, alla base dell'Italicum e del Porcellum, di ricavare direttamente dal voto popolare un vincitore e una maggioranza parlamentare, trasformando le elezioni in una mera procedura per l'investitura di fatto del Capo del governo. Quest'impostazione mina le basi della democrazia parlamentare e comporta un'artificiosa e forte distorsione tra il numero dei seggi assegnati e i voti effettivamente ottenuti, dando vita a governi blindati in parlamento, ma deboli e minoritari nel paese".
Certamente improvvido, se non anche forzosamente avventuristico fu l'iter che portò alla di approvazione e successiva promulgazione e pubblicazione dell'italicum, pienamente applicabile dal 1 luglio 2016, allorché il funerale del Senato elettivo non era stato ancora celebrato, ovvero prima dell'approvazione della riforma della Costituzione Renzi/Boschi.
Con ben tre voti di fiducia, ragionevolmente in violazione dell'art.72 c.4 Costituzione avallati dai Presidenti delle 2 Camere. Voto di fiducia su una legge elettorale che ha avuto precedenti solo con la legge Acerbo nel 1923 e con la legge truffa nel 1953. In quest'ultimo caso peraltro provocando le dimissioni del Presidente del Senato Giuseppe Paratore.
Dopo il discorso del Presidente Mattarella di fine anno, parrebbe che tutti abbiano se non altro in apparenza scoperto che è necessario per votare un sistema elettorale omogeneo per Camera e Senato. Sistema che ci sarebbe se l'italicum fosse stato stoppato a suo tempo.
Ovvero il c.d. consultellum residuato dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del porcellum di cui alla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, di impianto sostanzialmente proporzionale, salve soglie di accesso differenziate.
Si tratta ora di rimediare al mal fatto e di evitare ulteriori involuzioni. Se l'udienza già fissata al 4 ottobre e rinviata a nuovo ruolo e quindi al 24 gennaio si fosse tenuta, la Corte costituzionale avrebbe potuto esaminare, ancor prima del referendum, la questione sollevata dal Tribunale di Messina circa l'evidente irragionevolezza della previsione di applicabilità della nuova normativa elettorale per la sola Camera dei deputati a partire dal 1 luglio 2016, a Costituzione ancora vigente per il Senato".
Come a dire che si è lasciato il Paese privo di un sistema elettorale omogeneo e coordinato capace di coniugare rappresentatività e governabilità, senza sacrificare oltre il limite del ragionevole la prima. Si è viceversa dato vita, con quella strampalata previsione elettorale, a un sistema istituzionale assolutamente incongruo, incoerente, disomogeneo e contraddittorio, in definitiva irragionevole, dando per scontato ciò che non si era ancora verificato e che avrebbe potuto non verificarsi (come poi è stato), dando luogo a un vero e proprio corto circuito capace di bloccare il sistema e comunque di impedirne la funzionalità.
Posto che convive con l'italicum per la Camera, esclusivamente ispirato alle ragioni della governabilità il c.d. consultellum per il Senato, a sua volta ispirato alle ragioni della rappresentanza, così generando una diversa composizione delle due camere legislative, in termini assolutamente imprevedibili e che si contraddicono.
Sul punto, era stato richiesto alla Corte, tra le altre questioni, di differire almeno al momento dell'approvazione della Costituzione riformata l'applicazione della nuova normativa elettorale, naturalmente nella parte residuata derivante dal richiesto accoglimento delle altre questioni di illegittimità costituzionale sollevate, ma anche, in ipotesi subordinata e denegata, per il caso di loro totale rigetto.
Sempre mantenendo la barra ferma sulla necessità assoluta e permanente di un sistema elettorale efficiente e razionale. In modo che anche in caso di bocciatura referendaria della riforma costituzionale, l'italicum sarebbe stato destinato a essere inesorabilmente rottamato, consentendo al popolo sovrano di esprimersi esplicitamente su entrambe le riforme, quella costituzionale e quella elettorale, il celeberrimo combinato disposto.
Che Renzi, consegnando il famoso e un po' misterioso foglietto a Cuperlo al termine della campagna referendaria, cercò di nascondere, come la porcheria nascosta sotto il tappeto. A Costituzione confermata, è ora evidente che l'italicum è un corpo estraneo da eliminare rapidamente prima che produca altri danni.
Una pronuncia della Corte che investisse l'intero italicum avrebbe l'effetto salutare di mantenere in vigore anche per la Camera la legge 270/2005, mai fatta oggetto di esplicita abrogazione ad oipera dell'italicum ( il famigerato porcellum) ovviamente riformato, ovvero nella parte che è residuata dalla sentenza n.1 del 2014 della Corte costituzionale, che ha generato il c.d. consultellum, restituendo immediata omogeneità al sistema e immediata possibilità di votare.
La via più semplice, un'operazione chirurgica radicale tale da restituire salute alla democrazia costituzionale parlamentare, ancora febbricitante ma in via di inarrestabile guarigione dopo il referendum che ha significato volontà dei cittadini, da troppo tempo limitata, di votare i propri rappresentanti e di partecipare alla vita delle Istituzioni.
Pur sempre mantenendo ferme tutte le altre censure all'esame della Corte, dall'irragionevole e ultrapremiale ballottaggio, al premio, alle liste bloccate di nominati. Italicum delendum est!

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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