La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 16 luglio 2016

La perseveranza austeritaria del Consiglio Europeo è diabolica

di Francesco Saraceno 
Il Consiglio europeo ha deciso che i recenti sforzi della Spagna e del Portogallo per ridurre i loro rispettivi deficit non sono sufficienti. A questo punto i due paesi potrebbe anche essere passibili di multa. Sarebbe la prima volta che ciò avviene dall’adozione dell’euro. Molto probabilmente la sanzione sarà simbolica (o addirittura pari a zero): data la situazione macroeconomica, mettere ulteriormente sotto pressione le finanze pubbliche dei due paesi di qualunque paese sarebbe folle. Ma si tratta comunque di una decisione folle. Primo, per ragioni politico: il mondo ci sta crollando addosso; il livello di fiducia nelle élite politiche è ai minimi storici e, come dimostra la Brexit, questo alimenta le forze centrifughe.
Non è difficile cogliere un nesso tra questi processi e, in Europa, i patetici risultati economici e politici conseguiti negli ultimi dieci anni (ognuno può scegliere l’esempio che preferisce: io scelgo la (mala)gestione della crisi dei rifugiati e la doppia recessione indotta dalle politiche di austerità). Qualcuno potrebbe rispondere: «Ma che volete? Non siamo qui per salvare il mondo ma per applicare le regole. Regole che richiedono disciplina fiscale». E, ovviamente, sia il Portogallo che la Spagna hanno violato quelle regole dall’inizio della crisi (e anche prima), no?



Tolti gli interessi sul debito, in merito ai quali i singoli governi non possono fare molto eccetto sperare la BCE li continui ad aiutare, entrambi i paesi hanno ridotto i loro deficit in maniera spettacolare dal 2010 ad oggi. E questo è vero sia che si prenda come dato di riferimento il deficit nominale (linee tratteggiate), sia che si prenda il deficit strutturale tanto amato dalla Commissione, ossia il deficit epurato delle componenti cicliche (linee continue). Osservando questi dati, viene da chiedersi cosa servano da bere durante le riunioni del Consiglio (e della Commissione) perché possano arrivare alla conclusione che lo sforzo di consolidamento non è stato sufficiente…
Ma c’è di peggio: non solo gli sforzi compiuti da questi paesi non vengono minimamente riconosciuti dalle autorità europee, ma essi si sono rivelati estremamente deleteri per queste economie (e per l’eurozona nel complesso). Nelle seguenti tabelle ho messo a confronto gli output gap [la differenza tra produzione attuale e produzione potenziale] e gli impulsi fiscali [l’aumento del deficit], che sono gli indicatori migliori delle scelte discrezionali di politica fiscale[1]. Ho messo in verde gli anni in cui la politica di bilancio è stata anticiclica, nel senso che un output gap negativo (o positivo) è stato accompagnato da una politica fiscale espansiva (o restrittiva). E in rosso gli anni in cui la politica fiscale è stata prociclica – in cui, sarebbe a dire, ha peggiorato le cose.
OUTPUT GAP E POLITICA DISCREZIONALE DI BILANCIO 
PortogalloSpagnaUEM 12
Output gapImpulso fiscaleOutput gapImpulso fiscaleOutput gapImpulso fiscale
2009-0.14.61.53.9-1.91.4
20102.12.31.1-2.3-0.50.7
20110.6-5.9-0.3-1.10.4-1.6
2012-3.2-3.7-3.3-0.7-1.1-1.1
2013-4.1-0.9-5.4-4.4-2.1-0.9
2014-3.22.9-4.8-0.2-2.0-0.1
2015-2.0-1.7-2.81.2-1.30.2
2016-0.9-1.0-1.70.2-0.80.3
20170.30.4-0.90.3-0.20.2
Fonte: Datastream – AMECO Database
Il lettore può giudicare da sé. Aggiungerei solo due note sulla questione delle sanzioni. Primo, la contrazione fiscale portoghese del 2015-16 è stata prociclica, poiché l’output gap era – ed è ancora – negativo. La Spagna, d’altro canto, ha aumentato il suo deficit strutturale, ma aveva ottime ragioni per farlo. Qualcuno potrebbe obiettare che la tabella non rispecchia la realtà, dal momento che il calcolo dell’output gap è arbitrario e viziato da condirezioni di natura politica. Sono perfettamente d’accordo. Per questo ho preso i valori nominali e ho confrontato l’impulso fiscale “lordo” con il “divario di crescita” (growth gap), ossia la differenza tra il tasso di crescita effettivo e il livello del 3% che era considerato normale ai tempi della firma del Trattato di Maastricht (se vi interessa la numerologia europea, date un’occhiata a questo link). Si tratta ovviamente di un criterio più stringente, considerando che oggi il 3% è diventato più un miraggio che un obiettivo realistico. Ma cosa volete? Se dobbiamo usare le regole, allora è giusto farlo prendendo in considerazione le ipotesi di fondi di quelle regole. Ecco la tabella:
GROWTH GAP E POSIZIONE DI BILANCIO 
Portogallo Spagna UEM 12
Growth gap dal 3%Impulso fiscaleGrowth gap dal 3%Impulso fiscaleGrowth gap dal 3%Impulso fiscale
2009-6.06.2-6.66.4-7.44.2
2010-1.11.4-3.0-1.7-0.90.0
2011-4.8-5.2-4.0-0.4-1.4-2.2
2012-7.0-2.3-5.60.3-3.9-0.5
2013-4.1-0.8-4.7-3.9-3.3-0.5
2014-2.12.3-1.6-1.0-2.1-0.2
2015-1.5-2.40.2-0.5-1.4-0.3
2016-1.5-1.6-0.4-1.0-1.40.0
2017-1.3-0.2-0.5-0.7-1.3-0.2
Fonte: Datastream – AMECO Database

Una bella marea rossa, no? A fronte di un divario di crescita strutturale, Spagna e Portogallo, e l’eurozona nel complesso, hanno adottato una politica di bilancio eccessivamente restrittiva. Niente di nuovo sotto il sole, lo so. Per riassumere, la decisione di sanzionare il Portogallo e la Spagna è politicamente intempestiva e maldestra, ed economicamente immotivata. Eppure, eccoci qua a discuterne. Non importa quanto le cose si mettano male; a Bruxelles è sempre “ordinaria amministrazione”.

Note 

[1] Per impulso fiscale si intende l’aumento del deficit, e dunque la variazione della posizione di bilancio. Giusto per fare un esempio, passare da un deficit dell’1% ad un deficit del 5% è più espansivo che passare da un deficit del 10% ad un deficit dell’11%.

Articolo pubblicato sul blog dell’autore il 13 luglio 2016. 
Traduzione di Thomas Fazi in esclusiva per Eunews/Oneuro. 
Fonte: Oneuro Eunews

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