di Samuel Boscarello
Nel Regno Unito laburisti, conservatori e nazionalisti allo sbando dopo il trauma della Brexit. In Francia il governo socialista sta forzando l’approvazione di una riforma del lavoro osteggiata dalla maggior parte del popolo. In Austria si dovrà ripetere il ballottaggio delle presidenziali per gravi irregolarità. In Spagna poi la governabilità è un rebus, la Grecia continua a dover negoziare periodicamente le riforme con i creditori internazionali e qui da noi la più importante riforma costituzionale di sempre è passata con i soli voti della maggioranza di governo, come se fosse una leggina qualunque. Tutto possiamo dire, tranne che la democrazia oggi sia in buona salute.
È una malattia silenziosa, che si propaga mentre noi siamo occupati a difenderci da assedi immaginari. Ma quale assedio? Quello di cui vogliono convincerci gli irresponsabili capitani di ventura nazionali che stanno paralizzando l’Europa? Come se il problema non fosse qui in mezzo a noi, tra la gioventù spaventata e il ceto medio che sprofonda. Come se i primi untori di questa malattia non fossero i grandi della finanza, coloro che muovono le leve dell’economia e che potrebbero garantire da soli una vita dignitosa a tutta la popolazione mondiale, se almeno lo volessero. Se almeno venissero costretti a farlo.
È una malattia silenziosa, che si propaga mentre noi siamo occupati a difenderci da assedi immaginari. Ma quale assedio? Quello di cui vogliono convincerci gli irresponsabili capitani di ventura nazionali che stanno paralizzando l’Europa? Come se il problema non fosse qui in mezzo a noi, tra la gioventù spaventata e il ceto medio che sprofonda. Come se i primi untori di questa malattia non fossero i grandi della finanza, coloro che muovono le leve dell’economia e che potrebbero garantire da soli una vita dignitosa a tutta la popolazione mondiale, se almeno lo volessero. Se almeno venissero costretti a farlo.
Che razza di democrazia è quella in cui la libertà individuale appartiene solo a chi ha abbastanza denaro e potere per acquistarla? Sembra di essere tornati all’Ottocento, quando il popolo grasso giustificava la miseria e lo sfruttamento con sofismi che nemmeno Gorgia da Lentini: quell’uomo lavora in miniera dodici ore al giorno per due soldi? Nessuno lo ha costretto a firmare il contratto, avrebbe anche potuto rifiutarsi.Avanti così, liberi ed eguali solo sulla carta. Allo stesso modo oggi ci convincono che la realtà è inevitabile. Ci dicono che bisogna adeguare la politica ai tempi veloci dell’economia, perché altrimenti blocchiamo la crescita. Ma da che mondo è mondo accade il contrario, ossia è la politica a gestire l’economia per assicurare la prosperità. Sostengono che la democrazia dia troppo potere a gente ignorante e irrazionale, ma intanto continuano a fare scempio della scuola pubblica e dell’università. Più comodo proporre l’introduzione delle “patenti di voto”, per escludere dal suffragio gli analfabeti funzionali così come una volta lo si limitava solo a coloro che sapessero leggere e scrivere. Secondo lo stesso principio delegittimano la democrazia diretta, sostenendo che i cittadini comuni non hanno le conoscenze adatte per decidere su qualcosa di importante. Allora meglio che tornino a fare i consumatori, felici e rabboniti nel loro ottundente consumismo. Le piazze si svuotano e si riempiono i centri commerciali, le ideologie sbiadiscono di fronte alla seduzione del tutto e subito.
Intanto la politica si trasforma in qualcosa di vuoto, perché perde tutto il suo potenziale trasformatore della società. I simboli dei partiti diventano marchi, i leader nulla più che modelli da vetrina caratterizzati da un’immagine ipertrofica e più che mai costruita. La militanza diventa più simile al tifo sportivo e questo esclude ogni possibilità di dialogo: in un campionato ci sono vincitori (uno o pochi) e sconfitti (molti), senza appello. Lo vediamo in questi ultimi tempi nel cambiamento preoccupante del linguaggio politico. Le manette, l’asfalto, la ruspa e il lanciafiamme. Ci manca solo qualcuno che evochi i combattenti di terra, di mare e dell’aria. Una violenza inaudita che squalifica l’avversario, lo riduce a nemico da abbattere invece di elevarlo a soggetto con cui confrontarsi lealmente. Ebbene, questo capita quando alla politica non rimangono più argomenti per creare un’identità comune, a parte il classico vecchio trucco di distinguere tra puri e impuri. In breve, quando la politica non è più politica ma brutalità.
Adesso, la democrazia è l’unico regime politico realizzato stabilmente che non fondi la sua legittimità sulla violenza. Essa ha necessariamente bisogno di pluralismo, perché è nemica dell’omologazione. Ebbene, chiunque umilia l’avversario sia consapevole che il suo è un comportamento antidemocratico. Oggi più che mai è necessaria una grande coalizione di coscienze che, nella diversità delle idee, torni a sfidare un’élite che ci vuole docili e conformisti. O ci teniamo il nostro sistema liberista e consumista oppure ci riprendiamo la democrazia. Tertium non datur.
Fonte: Qualcosa di Sinistra

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