La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 16 novembre 2016

Se vince il Sì passiamo all'oligarchia. Intervista a Alfredo Robledo

Intervista a Alfredo Robledo di Angela Gennaro 
La riforma costituzionale? “A rischio oligarchia”. Alfredo Robledo, classe 1950, napoletano, magistrato in forze nel Nord Italia fin dall’inizio della sua carriera, non le ha mai mandate a dire. Fino a febbraio 2015 procuratore aggiunto di Milano e poi trasferito d’ufficio alla Procura di Torino dal Consiglio superiore della magistratura in seguito a un durissimo scontro con il suo capo, Edmondo Bruti Liberati, lega a vario titolo il suo nome a casi ben noti alle cronache: dallo scandalo sui rimborsi elettorali della Lega a Oil for Food fino all’inchiesta Millse alla condanna di Silvio Berlusconi nell’ambito dei processi sui diritti tv.
Alfredo Robledo viene accusato nel 2012 dall’allora parlamentare europeo Gabriele Albertini di cattiva gestione di alcune inchieste: quella sui derivati del comune di Milano, quella sull’acquisto dell’autostrada Serravalle e quella sugli emendamenti in bianco al bilancio del Comune. Il magistrato risponde con una denuncia che porta l’ex sindaco di Milano a un rinvio a giudizio per calunnia aggravata. Dopo i pareri negativi prima del parlamento europeo e poi per due volte della Giunta per le immunità di palazzo Madama, in seguito a un’ultima pronuncia a lui favorevole ora Gabriele Albertini è in attesa del voto dell’aula del Senato, che deve esprimersi sulla sua richiesta di immunità proprio per la questione giudiziaria che lo lega a Robledo. In un momento in cui la vicenda giuridica incrocia il piano politico con un Senato dalla maggioranza risicata e il referendum costituzionale alle porte. Il voto sull’immunità, atteso per lo scorso 3 novembre, è stato rinviato a data da destinarsi.
Alfredo Robledo, sa già cosa voterà al referendum?
"Certo. Voto no."
Perché?
"Perché se passasse questa riforma costituzionale, per come proposta, si finirebbe per spostare di fatto le leve di comando in capo a un’oligarchia che avrebbe come riferimento il presidente del Consiglio. E onestamente, a prescindere da chi sia il premier, ritengo che sarebbe una situazione restrittiva dei diritti dei cittadini. Non posso non pensare al memorandum del 2013 di un colosso della finanza mondiale come JP Morgan. Lì la banca d’affari statunitense parlava di politica, istituzioni e Costituzioni, criticando in buona sostanza le Carte antifasciste e troppo “socialiste” degli Stati europei. Una delle ragioni della crisi, si sosteneva, era insomma il fatto che le persone avessero “troppi diritti” in Europa. Ecco: far passare una riforma che dà ragione a quelle critiche è un fatto che mi preoccupa tantissimo."
Ma come si concretizzerebbe questa “svolta oligarchica”?
"La preoccupazione nasce con il collegamento con la legge elettorale, la quale finisce in pratica per contribuire - con la nomina dei capilista bloccati - a negare il diritto di rappresentanza dei cittadini. Gli eletti non risponderebbero al corpo elettorale ma al segretario del partito che li ha indicati in lista. Con questo combinato disposto, il potere esecutivo riuscirà a condizionare gli altri poteri, anche quello giudiziario - penso alla Corte Costituzionale - e la Presidenza della Repubblica. Insomma, il rischio è quello di una vera e propria forma di controllo. E una tendenza simile si è già manifestata con la magistratura."
In che modo?
"Prendiamo la questione del prepensionamento delle toghe, deciso dal governo nel 2014: nuovi limiti di età che spostano l’età della pensione dei magistrati da 75 a 70 anni. In questi due anni abbiamo assistito a uno slittamento del provvedimento. Ma ci hanno anche fatto vedere uno scenario inedito: un sostanziale accordo delle correnti in magistratura, in contesti dove prima c’erano solo scontri. Per me, così, si è sostanzialmente creata una situazione di dipendenza della magistratura dalla politica: la mia categoria deve raggiungere un accordo perché, con buona pace dell’indipendenza, nessuno può permettersi di non partecipare all’indicazione delle nomine dei magistrati al vertice. Certo, le nomine sono fatte dal Consiglio Superiore della Magistratura, composto per due terzi da colleghi eletti dai magistrati, e un terzo da laici eletti dal Parlamento. Eppure proprio quei membri laici, in questi due anni di nomine, non si sono più divisi come invece spesso accadeva in passato, ma hanno fatto come mai prima d’ora fronte comune nelle votazioni. Un’armonia sospetta."
Qualcuno potrebbe accusarla di avercela con questo governo. 
"Assolutamente no. Quando parlo di rischio oligarchico lo faccio a prescindere da chi sia il presidente del Consiglio e da chi sia formata la maggioranza. È la Storia, oltre che la cronaca attuale, a far suonare il campanello d’allarme. Non certo io."
Altri tasti dolenti della riforma?
"L’immunità del nuovo Senato. I 95 senatori vengono ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico: 74 senatori saranno eletti tra i membri dei Consigli regionali e 21 tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati, ovvero delle prerogative dell’articolo 68 della Costituzione: non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione della loro camera. E qui mi permetto di delineare il peggiore degli scenari: cosa impedisce ad un partito, prima delle elezioni, di fare una valutazione di utilità rispetto alla scelta di persone che si ritrovano anche in situazioni giudiziarie non trasparenti? Cosa impedisce che da un governo forte arrivi l’input a indicare delle persone da salvare, traghettandole al Senato e alla sua immunità anche nell’esercizio di funzioni amministrative e non solo parlamentari?"
A proposito di immunità e sindaci. Paolo Pollice, già Ordinario di Diritto Civile alla Federico II di Napoli, ha scritto al presidente del Senato Piero Grasso per chiedere che l'aula di Palazzo Madama non conceda l’immunità ad Albertini per il processo in cui è imputato per calunnia aggravata nei suoi confronti. L'episodio, spiega, "è stato commesso prima che l'interessato fosse eletto in Parlamento". Ora la questione passa all’aula, anche se il voto è stato rimandato a data da destinarsi. Lei che ne pensa?
"Non entro nel merito della questione che mi vede coinvolto e attendo lo svolgersi degli eventi con estremo rispetto per tutti. Dico solo, da giurista, che non si può creare un’immunità preventiva. Una forzatura simile non esiste al mondo."

Fonte: Huffington Post 

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