La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 29 dicembre 2016

La crisi nell'Unione Europea e l'altra Europa dei lavoratori e dei popoli

di Ângelo Alves
I popoli del continente europeo stanno vivendo un periodo di grande instabilità, di crisi sociale ed economica profonde, e di regressione democratica e di civiltà. Pagine nere della storia, come la guerra e il fascismo si scorgono di nuovo all'orizzonte. Le conquiste sociali vengono attaccate apertamente. Diversi stati sono immersi in processi di distruzione del tessuto produttivo o affondano dentro livelli di debito insostenibili. L'instabilità del sistema finanziario si fa sempre più minacciosa con continui episodi di crisi. I diritti democratici e la sovranità sono messi in discussione. L'estrema destra sta guadagnando terreno in diversi paesi, e i più elementari diritti umani sono calpestati e negati alle vittime della più grande crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale.
Questa situazione non cade dal cielo. Le sue cause sono concrete, hanno un'ideologia e dei responsabili. Uno dei principali è il processo di integrazione capitalistica in Europa e la sua struttura attuale: l'Unione europea.
Apertamente in contrasto con i diritti, gli interessi e le aspirazioni dei popoli, l'Unione europea si conferma come uno spazio di dominio dei grandi monopoli europei e multinazionali, di concentrazione di potere nelle mani delle maggiori potenze capitaliste d'Europa - in particolare Germania e Francia. Si tratta di un processo di dominio imperialista contro il quale abbiamo sempre lottato e continuiamo a lottare.
In Europa, l'aggravarsi della crisi strutturale del capitalismo ha prodotto un inasprimento dei principali pilastri dell'Unione europea - il neoliberismo, il militarismo e il federalismo. Si è maggiormente intensificato il grado di sfruttamento del lavoro e della concentrazione e centralizzazione del capitale. A questo corrisponde, sul piano politico, una maggiore centralizzazione, opacità e corruzione del potere sovranazionale; l'imposizione di rapporti di dominio di stampo coloniali; una deriva securitaria, antidemocratica e anti-comunista; e un'accentuazione della natura militarista ed aggressiva dell'UE come pilastro europeo della NATO.
L'euro ha rivelato in modo ancora più chiaro a cosa serve e a chi serve. La sua esistenza è uno dei principali fattori della crisi economica, finanziaria e sociale.
Si tratta di una vera e propria camicia di forza, un vero e proprio ostacolo allo sviluppo economico e sociale. Il falso discorso della "convergenza" e "coesione" si presenta oggi in frantumi. Ciò che rimane dei canti di sirena dell’Euro sono asimmetrie, disuguaglianze, crisi economica, disoccupazione, povertà, e naturalmente ... il ricatto e imposizioni di Bruxelles e Berlino, che - va sottolineato - non hanno cessato di esistere, come dimostra il vergognoso capitolo delle sanzioni.
Contrariamente a ciò che molti dicono, non vale la pena accettare le regole del gioco dell'Unione Europea. Al contrario. La situazione in Grecia mostra che si tratta di un'illusione, o di una menzogna, l’idea che si possa sviluppare una politica progressista di difesa degli interessi dei lavoratori e dei popoli, accettando i vincoli dell'Unione europea e, in particolare, l'Euro. Questo è impossibile. Lo scontro è inevitabile. E su questo scontro PCP non ha dubbi. Le manovre e i ricatti a cui siamo stati recentemente sottoposti, le imposizioni che fanno violenza alla nostra sovranità e indipendenza, cesseranno di esistere quando questo paese si libererà dai vari vincoli e limitazioni dell'Unione Europea, a partire dallo sbarazzarsi dell'euro.
All’intensificazione dell’offensiva dell'Unione europea corrisponde l'aumento delle sue contraddizioni insanabili interne. Anche per coloro che rappresentano il “consenso di Bruxelles” - la destra e la socialdemocrazia - i problemi sono ben distanti dall’essere risolti, o dall'avere una minima prospettiva di risoluzione. Ciò che segna di se il presente, è l'instabilità dei pilastri dell'Unione europea e la possibilità di una riconfigurazione, o anche della disintegrazione, non solo della zona euro, ma della stessa Unione europea.
Le contraddizioni e i confronti dell'Unione europea convergono nella crisi del processo di integrazione, che è di per sé espressione della crisi strutturale del capitalismo. Vale a dire, in una crisi nella e della Unione europea.
É in questo quadro che vanno letti eventi importanti come il referendum nel Regno Unito, un profondo shock nella teoria dell’irreversibilità dell'Unione Europea, un'importante espressione del malcontento popolare che non si presta a facili letture semplicistiche come quelle che si basano sulle schematiche categorie di nazionalismo e xenofobia. Ai nostri compagni inglesi che combattono per un'uscita progressista e di sinistra, inviamo la nostra solidarietà!
Le grandi imprese e le aree politiche responsabili del processo di integrazione capitalistica stanno ora cercando di aggirare la crisi, cercando nuove fughe in avanti. Stanno strumentalizzando i problemi e pericoli che loro stessi hanno creato. Ora pretendono unità, democratizzazione e rifondazione dell'Unione Europea che hanno sempre difeso.
Per questo lanciano il discorso del ritorno a valori fondanti e fanno appelo a "salvare l'Europa".
Ma tali "valori fondanti" hanno una matrice politica e ideologica ben definita: quella capitalista. Ecco perché parlare di democratizzazione o rifondazione dell'Unione europea è un'enorme ipocrisia, una grande menzogna, su cui convergono la destra, la socialdemocrazia e alcuni settori detti di "sinistra europeista".
A tutti loro diciamo: L'Unione europea difende interessi di classe che sono incompatibili con gli interessi dei lavoratori e dei popoli. E questo è il motivo fondamentale per cui non è riformabile.
Per quanto riguarda il salvare l'Europa ... in questo si che i Comunisti sono impegnati. Salvare l’Europa significa salvare il suo popolo dalla disoccupazione, dalla povertà, dalla corruzione, dalla guerra, dal terrorismo, dal razzismo, dalla xenofobia, dagli attacchi alla libertà e alla democrazia, dal nazionalismo e dall'estrema destra. E questo è esattamente il motivo per cui si lotta contro l'Unione europea.
A coloro che sostengono che il PCP è contro l'Europa e che ha una posizione nazionalista, rispondiamo che se c’è un partito che ha lottato, lotta e lotterà contro le ideologie reazionarie, questo partito è il PCP.
A coloro che senza argomenti fanno la caricatura dicendo che il PCP è contro l'Europa, qui affermiamo, con l'autorità di quasi 100 anni di storia, che è appunto il nostro internazionalismo e la solidarietà verso tutti i popoli d'Europa che ci porta a concludere che salvare l'Europa e unire la sua gente significa superare l'Unione europea.
Lottiamo orgogliosamente in prima linea per un'altra Europa dei lavoratori e dei popoli. All'Unione europea del grande capitale, contrapponiamo un'Europa libera, di cooperazione, solidarietà, progresso sociale, pace e amicizia tra popoli e Stati sovrani. Un'Europa che sarà costruita dalla lotta dei lavoratori e dei popoli in ogni paese, e dalla collaborazione delle forze progressiste e di sinistra, in particolare i comunisti, sulla base di una chiara posizione di rottura con l'Unione Europea.
Un percorso e una lotta che si basa sulla profonda convinzione che l'attuale direzione dell'Europa non è inevitabile; che l'esperienza storica dei popoli fornisce importanti lezioni sulle tappe di questa lotta; ogni lotta, non importa quanto piccola sia, serve a questo grande scopo. La reale forza rivoluzionaria, che può cambiare tutto, risiede nei lavoratori, nei popoli e nella forza della loro unità.
E sarà sempre al fianco dei popoli e dei lavoratori che staremo, per un'altra Europa, per la democrazia e il socialismo.

Questo è l'intervento svolto dall'Autore al XX Congresso del Partito Comunista Portoghese

Intervento pubblicato su pcp.pt
Traduzione di Marx21.it
Fonte: Marx21.it 

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