La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 10 maggio 2017

Fiscal compact? Italia rischia di finire come l'Argentina. Intervista a Giulio Sapelli

Intervista a Giulio Sapelli di Andrea De Angelis 
I senatori, con 158 voti a favore, 99 contrari e 2 astenuti ad aprile hanno impegnato il governo a “continuare a promuovere una strategia di riforma degli orientamenti di politica economica e finanziaria prevalenti in sede comunitaria”, per dare “una maggiore centralità alla crescita economica, all’occupazione e all’inclusione sociale”. Tuttavia, mentre nella prima versione della risoluzione si indicava di perseguire queste finalità anche “evitando l’inserimento del Fiscal compact all’interno dei Trattati prima di aver concordato con gli altri Paesi membri le necessarie modifiche”, questa indicazione è sparita dal testo approvato ad aprile. Da qui l'irritazione di Matteo Renzi.
"C'è chi è favorevole all'inserimento nei Trattati e chi pone un freno. Noi siamo in questa seconda categoria", ha detto dieci giorni fa chiudendo a Bruxelles la campagna per le primarie del Partito democratico. Ma cosa implicherebbe una simile decisione? IntelligoNews lo ha chiesto al professor Giulio Sapelli, storico ed economista italiano...
Alla Camera, deputati di varie forze politiche presentano mozioni per dire no all'inserimento del Fiscal compact all'interno dei Trattati Europei. Perché è importante che il Fiscal compact non venga inserito all'interno dei Trattati?
"Perché fissa una misura di contenimento del debito che non ha nessuna base scientifica, aggravando le divergenze che si creano tra nazioni a diversi livelli di produttività del lavoro e crescita potenziale. Infatti i paesi sono costretti a soggiacere ad un regime di cambi fissi, in questo modo reso ancora più evidente da una moneta unica che dovrebbe regolare le transizioni monetarie tra realtà così diverse. Non si dovrebbe fissare nessun limite al debito, ma far sì che il suo contenimento avvenisse attraverso strategie differenti in grado di riflettere la diversità storica, economica e culturale dell'Europa".
Se il Fiscal compact entra nei Trattati, tutti quei discorsi sull'uscita dall'euro avrebbero ancora ragion d'essere? Cambia qualcosa?
"Cambia tutto perché che ci sia qualsivoglia moneta, anche se è difficile pensare che rimangano i Trattati senza moneta unica, rimarrà sempre una sovradeterminazione sovrastrutturale. Questo perché c'è uno strato di norme e di comportamenti regolato fondamentalmente dalla democrazia rappresentativa e dall'agorà della società politica, poi un sistema di Trattati che rispondono solo ad accordi tra governi dove non vale il principio della democrazia. Per questi, quali che siano i tempi storici e il ciclo dell'economia, sono fissati dei limiti tanto al debito che al deficit con conseguenze che possono essere anche in quel caso disastrose". 
Avremmo una perdita di sovranità e se sì di che tipo?
"Sì, anche se i cittadini dovrebbero rendersi conto che esista per capirne poi la cessione. Qui, me lo lasci dire, siamo dinanzi ad una follia anche dal punto di vista delle teorie economiche. Una via disastrosa, così tante nazioni europee farebbero la fine che fece l'Argentina"
Tra queste, in prima fila, anche l'Italia?
"Certamente. L'Italia è una delle nazioni in prima fila perché come ho dimostrato vent'anni fa nel mio libro sull'Europa del Sud, l'Italia è un Paese che appartiene ad una formazione economica e sociale specifica. Quella appunto delle nazioni dell'Europa del Sud". 
Matteo Renzi ha detto che non permetterà che il Fiscal compact entri nei Trattati. Cosa sono, prove di anti-europeismo?
"Innanzitutto l'Europa è cosa diversa dall'Unione Europea. Ci sono due parole che non bisogna più usare, europeismo e populismo. Questi movimenti populisti sono di destra. Poi ci sono anche persone che non sono neofasciste o neonaziste e che sono contro all'europeismo, cioè alla moneta unica. Io sono di tradizione socialista cattolica, ma credo che la moneta unica sia stata un errore. Anche la parola sovranismo, non vuol dire niente! Questa è una politica economica disastrosa che deriva da teorie precise". 
Quali?
"Quelle del funzionalismo di Jean Monnet e del monetarismo neoclassico, neoliberista. Una teoria che si chiama ordoliberismo, coniata da Walter Eucken nel 1941 e che i tedeschi hanno imposto a tutti gli Stati europei". 
Al di là delle parole, crede alle promesse di Renzi?
"Renzi ha fatto tante promesse, ma poi non ha fatto niente. Tra lui e Monti preferisco comunque lui. Spero che alle dichiarazioni faccia seguito non con le manifestazioni, ma con accordi di governo e stracciando quelli che sono stati fatti in modo sbagliato". 

Fonte: IntelligoNews 

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