La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 marzo 2016

Gli assi di Draghi per arginare la crisi

di Alfonso Gianni
“E’ del poeta il fin la meraviglia … chi non sa stupir, vada alla striglia” così scriveva quattrocento anni fa Giovan Battista Marino. Mario Draghi poeta non è ma certamente l’arte dello spiazzamento altrui l’ha bene imparata. Così la Bce ha potuto sorprendere gli osservatori e gli operatori di tutto il mondo annunciando un nuovo sostanzioso pacchetto di stimoli monetari. Non è poca roba. Va al di là delle previsioni anche della immediata vigilia.
In sostanza il programma di acquisto di titoli di stato iniziato un anno fa aumenta di 20 miliardi al mese. Ben dieci in più dell’atteso. Non solo, ma fra i titoli diventano acquistabili anche quelli emessi dalle aziende non finanziarie, purché ben valutati dalle agenzie di rating. Il nuovo Quantitative Easing si protrarrà fino al marzo del 2017, ma è passibile di proroghe.
Il limite acquistabile per ciascuna emissione passa dal 33% al 50%, secondo incremento dopo quello del settembre scorso. Il tasso per posteggiare il denaro presso la Bce diventa ancora più negativo, dallo 0,30 allo 0,40%, ma soprattutto il tasso applicato alla maggioranza delle operazioni con le quali la Banca centrale offre liquidità è ridotto allo zero. Soldi a go-go per le banche, che, se presteranno alle imprese, potranno godere di vantaggi ancora maggiori. Sono previsti altre quattro aste di liquidità (Tltro) con cui inondare di soldi il sistema bancario, nella speranza così di stimolare il credito. 
In effetti Draghi doveva per forza puntare sul fattore sorpresa. Il sistema aveva già metabolizzato le promesse e le anticipazioni trapelate in precedenza. Ci voleva una scossa nuova perché la frustata funzionasse. Ma pare che sia stata solo una fiammata. Di primo acchito le Borse europee avevano preso il volo, soprattutto grazie alla notizia sul potenziale acquisto di bond aziendali. Ma poi lungo la giornata l’entusiasmo è presto scemato. Così Milano ha chiuso in parità, dopo il +4% del post annuncio; Madrid e Parigi non hanno brillato; mentre Francoforte insieme a Londra ha chiuso in negativo. Wall Street è rimasta sulle sue, senza scossoni. L’euro che era sceso come un ascensore rotto a 1,08 sul dollaro si è poi assestato a 1,1. Mentre gli acquisti dell’oro continuano alla grande, segno che gli investitori preferiscono il rifugio al rischio.
In sostanza i mitici mercati non se la sono bevuta. Hanno capito prima di molti frettolosi commentatori che la vera notizia della conferenza stampa di Draghi era un’altra. Ovvero il fallimento della lotta alla deflazione e la riduzione consistente delle previsioni di crescita che è stata riportata a un +1,4% per l’anno in corso (prima si stimava un + 1,6%) e a un +1,7 e un +1,8% per i due anni successivi. Ancora peggio per le stime sull’inflazione nell’Eurozona. Per il 2016 si passa da un supposto +1% a un più attendibile +0,1%. Anche per i due anni successivi siamo ben lontani dall’asticella del 2% di inflazione, il traguardo istituzionale della Bce. 
Non c’è da stupirsi. I dati sull’economia mondiale sono sconfortanti. Si teme lo scoppio di una nuova bolla finanziaria, visto che il volume dei derivati è aumentato anziché ridursi rispetto al 2008. Con l’aggravante che i paesi di più recente emersione non tirano più e gli Usa possono al massimo bastare a se stessi. L’ipotesi di una stagnazione secolare, una sorta di dilatazione nel tempo e nello spazio del Giappone degli anni novanta, non è più solo una elucubrazione di qualche economista, peraltro autorevole, come Larry Summers o Paul Krugman. 
L’Europa non può aspettare che la risposta venga dall’esterno. Deve cambiare le sue politiche economiche in senso espansivo, rivitalizzando il mercato interno. La sola politica monetaria non basta e il QE per quanto prolungato non costringe il cavallo a bere, anzi aumenta le diseguaglianze spingendo i capitali verso il mercato finanziario. Servirebbe una politica di investimenti europei su settori innovativi e non labour saving e non un Ministero del Tesoro di un governo che non c’è. Una politica di accoglienza a livello europeo verso i migranti. Ma tra poco ci sono elezioni in importanti lander tedeschi. Per questo le stesse decisioni della Bce sono state prese a maggioranza. Le banche tedesche, in primis quelle locali, temono che i tassi negativi taglino la loro redditività. Il dio denaro acceca chi vuole perdere.

Articolo pubblicato su il manifesto 
Fonte: Pagina Facebook dell'Autore

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