La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 10 aprile 2016

La disuguaglianza fa male all’economia e alla democrazia

di Nick Hanauer
Probabilmente non mi conoscete, ma appartengo a quello 0,01 per cento di cui leggete o sentite parlare, e sono, sotto ogni ragionevole definizione, un plutocrate. Stasera vorrei parlare direttamente agli altri plutocrati come me, perché sento che è venuto il momento per noi tutti di fare una chiacchierata. Come molti plutocrati, anch’io sono un capitalista fiero di sé. Ho fondato, cofondato o finanziato più di 30 aziende in tutta una serie di settori. Sono stato il primo investitore non di famiglia in Amazon.com. Ho cofondato un’azienda di nome aQuantive, che abbiamo venduto a Microsoft per 6,4 miliardi di dollari. Insieme ad alcuni amici, possiedo una banca. Ve lo dico — (Risate) — incredibile, vero? Ve lo dico per mostrare che la mia vita è come quella di molti plutocrati. Ho una prospettiva ad ampio respiro sul capitalismo e sul business, e sono stato vergognosamente ricompensato per questo con una vita che molti di voi neanche potrebbero immaginare: diverse case, uno yacht, un aereo personale, ecc…
Ma siamo onesti: non sono la persona più intelligente che abbiate conosciuto. Sicuramente non sono il lavoratore più tenace. Ero uno studente mediocre. Non sono un tecnico. Non so scrivere una riga di codice. A essere sinceri, il mio successo è il risultato della fortuna sfacciata che ho avuto a nascere nel posto giusto, nel momento giusto e nelle circostanze giuste. In un paio di cose, però, sono bravo davvero. Primo, ho una tolleranza al rischio insolitamente alta; e secondo, ho una buona percezione, una buona intuizione di quello che accadrà in futuro, e credo che quella intuizione del futuro sia l’essenza di una buona imprenditorialità.
E oggi cosa vedo nel futuro, vi chiederete? Vedo i forconi, in mano a masse inferocite. Perché mentre i plutocrati come noi vivono al di là dei sogni di avarizia più sfrenati, l’altro 99 per cento dei nostri concittadini resta sempre più indietro. Nel 1980, l’un per cento degli Americani si spartiva circa l’otto per cento del reddito nazionale, mentre l’ultimo 50 per cento degli Americani si spartiva il 18 per cento. Oggi, trenta anni dopo, quell’uno per cento si spartisce il 20 per cento del reddito nazionale, mentre l’ultimo 50 per cento degli Americani si spartisce il 12 o 13. Se la tendenza continuerà, il primo 1% si spartirà più del 30 per cento del reddito nazionale da qui a 30 anni, mentre al 50 per cento più povero degli Americani resterà solo il sei per cento. E il problema non sono le disuguaglianze in sé. Un po’ di disuguaglianza è necessaria a una democrazia capitalista ben funzionante. Solo che la diseguaglianza è oggi al suo picco storico, e peggiora giorno dopo giorno.
Se la ricchezza, il potere e il reddito continuano a concentrarsi verso l’alto, la nostra società passerà da una democrazia capitalista a una società neo-feudale, dominata dalle rendite, come la Francia del 18° secolo. Ossia la Francia prima della rivoluzione, e delle sommosse con i forconi. Ho quindi un messaggio per i miei amici plutocrati e arcimiliardari, e per chiunque viva nella sua isola felice: svegliatevi. Svegliatevi! Non può durare. Se non facciamo qualcosa per correggere queste evidenti diseguaglianze sociali, i forconi arriveranno: nessuna società libera e aperta può sostenere queste crescenti diseguaglianze economiche. Non è mai successo. Non ci sono esempi. Portatemi una società troppo iniqua, e vi mostrerò uno stato di polizia, o un’insurrezione. I forconi arriveranno, se non sistemiamo le cose. Non è questione di se, ma di quando. E quando arriverà sarà terribile- per tutti, ma in particolare per i plutocrati come noi. So di sembrare una specie di liberale salvatore del mondo. Non è questo. Non ne faccio una questione morale, quando dico che la diseguaglianza è sbagliata. Dico che l’aumento della diseguaglianza economica è stupida e in definitiva controproducente. La crescita della diseguaglianza non aumenta solo il rischio dei forconi, ma è anche terribile per l’economia reale.
Il modello per noi ricchi dovrebbe essere Henry Ford. Quando Ford introdusse i famosi cinque dollari al giorno, che erano il doppio del normale salario dell’epoca, non solo aumentò la produttività delle sue fabbriche, ma convertì poveri operai sfruttati in una florida classe media, che a quel punto poteva permettersi i prodotti che fabbricava. Ford intuì quello che oggi sappiamo essere vero, che un’economia è simile a un ecosistema, ed è caratterizzata dallo stesso tipo di feedback continui che troviamo in un ecosistema naturale, un continuo scambio di feedback tra clienti e industria. La crescita dei salari aumenta la domanda, che fa aumentare le assunzioni che a loro volta fanno aumentare i salari, la domanda e i profitti, e questo circolo virtuoso di crescente prosperità è proprio quello che manca alla ripresa economica di oggi.
Ecco perché dobbiamo lasciarci alle spalle le politiche di “sgocciolamento” che dominano entrambi i partiti politici, e sposare quella che chiamo “economia middle-out”.L’economia middle-out respinge l’idea neoclassica di un’economia efficiente, lineare, meccanica, tendente all’equilibrio e all’equità, e invece sposa l’idea del 21° secolo di un’economia complessa, adattiva, ecosistemica, che tende ad allontanarsi dall’equilibrio verso l’iniquità, che non è per niente efficiente, ma efficace se ben gestita. Il punto di vista del 21° secolo ci permette di vedere chiaramente che il capitalismo non funziona allocando in modo efficiente le risorse esistenti. Funziona creando in modo efficiente nuove soluzioni ai problemi dell’umanità. La forza del capitalismo sta nel modo evolutivo in cui ricerca le soluzioni. Premia chi risolve i problemi degli altri. La differenza tra una società povera e una società ricca, ovviamente, è il grado in cui quella società ha generato soluzioni sotto forma di prodotti per i suoi cittadini. La somma delle soluzioni che abbiamo nella società è veramente la nostra prosperità, e questo spiega perché aziende come Google, Amazon, Microsoft e Apple e gli imprenditori che hanno creato queste aziende hanno tanto contribuito alla prosperità della nostra nazione. La prospettiva del 21° secolo chiarisce anche che quello che consideriamo crescita economica si comprende meglio definendolo come il tasso a cui risolviamo i problemi. Ma quel tasso dipende completamente da quanti bravi solutori di problemi abbiamo a disposizione, nei vari ambiti, e quindi da quanti concittadini partecipano attivamente, sia come imprenditori che possono proporre soluzioni, che come clienti che le utilizzano.
Ma questa massimizzazione della partecipazione non si verifica per caso. Non capita da sola. Richiede sforzi e investimenti, motivo per cui tutte le democrazie capitaliste di successo sono caratterizzate da ingenti investimenti nella classe media e nelle infrastrutture da cui dipendono. Noi plutocrati dobbiamo lasciarci alle spalle queste teorie dello “sgocciolamento”, questa idea che meglio stiamo noi, meglio sarà per tutti. Non è vero. Come potrebbe esserlo? Guadagno 1000 volte più di un salario medio, ma non compro 1000 volte più roba, vero? Ho comprato due paia di questi pantaloni, quelli che il mio partner Mike chiama i pantaloni da manager. Avrei potuto comprarne 2000 paia, ma cosa ci farei? (Risate) Quanti tagli di capelli posso farmi fare? Quante volte posso andare fuori a cena? Non importa quanto ricco possa diventare qualche plutocrate, non potremo mai guidare da soli una grande economia nazionale. Solo una prospera classe media può farlo.
“Non possiamo farci niente”, potrebbero dire i miei amici plutocrati. “Henry Ford viveva in un’epoca diversa.” Forse alcune cose non le possiamo fare; forse alcune altre sì, però. Il 19 giugno 2013, Bloomberg ha pubblicato un mio articolo, intitolato “Le ragioni capitaliste per un salario minimo da 15 dollari.“ La brava gente della redazione di Forbes, tra i miei più grandi ammiratori, l’ha chiamata “La proposta quasi folle di Nick Hanauer”. Eppure, solo 350 giorni dopo la pubblicazione di quell’articolo, il sindaco di Seattle Ed Murray ha approvato una legge per l’aumento del salario minimo a Seattle a 15 dollari l’ora, più del doppio del salario federale prevalente di 7,25 dollari. Com’è successo, potrebbero chiedersi le persone ragionevoli. È successo perché un gruppo di noi ha ricordato al ceto medio che sono loro la fonte della crescita e della prosperità nelle economie capitaliste. Abbiamo ricordato loro che quando i lavoratori hanno più soldi, le aziende hanno più clienti, e han bisogno di più impiegati. Abbiamo ricordato loro che quando le aziende pagano ai lavoratori un salario decente, i contribuenti sono sollevati dal peso di finanziare aiuti sociali come i buoni pasto, l’assistenza medica e il sostegno agli affitti di cui questi lavoratori hanno bisogno. Abbiamo ricordato loro che i lavoratori a basso salario sono pessimi contribuenti, e che aumentando il salario minimo in tutti i settori, tutti settori ne traggono vantaggio pur continuando a competere.
La classica reazione, naturalmente, è che aumentare il salario minimo distrugge posti di lavoro. Giusto? I vostri politici ripetono sempre la tiritera dello “sgocciolamento”, dicendo cose come, “Se aumentate il costo del lavoro, sapete cosa succede? Otterrete meno posti di lavoro.” Ne siete sicuri? Perché ci sono un po’ di prove contrarie. Dal 1980, i salari degli amministratori delegati nel nostro paese sono passati da 30 a 500 volte il salario medio. Questo sì, che aumenta il costo del lavoro. Eppure, che io sappia, non ho mai visto un’azienda esternalizzare il lavoro dell’amministratore, automatizzarlo, portarlo in Cina. Anzi, sembra che impieghiamo più AD e dirigenti che mai. Lo stesso vale per le funzioni tecnologiche e i servizi finanziari, che guadagnano multipli del salario medio eppure ne impieghiamo sempre di più, quindi chiaramente si può aumentare il costo del lavoro e ottenerne di più. So che la maggior parte della gente ritiene il salario minimo di 15 dollari un esperimento economico folle e rischioso. Non siamo d’accordo. Crediamo che il salario minimo di 15 dollari a Seattle sià in realtà il proseguimento di una politica economica sensata. Permette alla nostra città di far mangiare la polvere alla vostra. Perché, vedete, lo stato di Washington ha già il salario minimo più alto di qualunque altro stato della nazione. Paghiamo tutti i lavoratori 9,32 dollari, ossia quasi il 30 per cento in più del minimo federale di 7,25 dollari, ma, cosa fondamentale, 427 per cento in più del minimo federale raggiunto di 2,13 dollari. Se lo sgocciolamento fosse vero, la disoccupazione, nello stato di Washington, sarebbe alle stelle. Seattle dovrebbe affondare nell’oceano. Invece, Seattle è la città col più alto tasso di crescita del paese. Lo stato di Washington genera impieghi per piccole imprese a un tasso più alto di qualunque altro grande stato della nazione. Il settore dei ristoranti a Seattle? Sta esplodendo. Perché? Perché la legge fondamentale del capitalismo è: se i lavoratori hanno più soldi, le aziende hanno più clienti e hanno più bisogno di lavoratori. Quando i ristoranti pagano i dipendenti abbastanza da permettere anche a loro di mangiare al ristorante, non è male per il settore della ristorazione. È un bene, benché alcuni gestori abbiano da ridire.
È più complicato di quanto non stia raccontando? Certo che lo è. Sono molte le dinamiche in gioco. Ma per favore, possiamo smettere di ripetere che se i lavoratori a basso salario guadagnano un po’ di più, la disoccupazione schizzerà e l’economia collasserà? Non ci sono prove.
L’assunto più pericoloso delle teorie dello “sgocciolamento”, non è affermare che se il ricco diventa più ricco, tutti staranno meglio. È l’affermazione, da parte di chi si oppone a qualunque aumento del salario minimo, che se i poveri si arricchiscono, sarà un male per l’economia. Ma quando mai. Quindi, per favore, possiamo risparmiarci questa retorica per cui sarebbero stati i ricchi come me e i miei amici plutocrati a costruire questo paese? Noi plutocrati sappiamo, anche se non ci piace ammetterlo in pubblico, che se fossimo nati altrove, non qui negli Stati Uniti, oggi potremmo benissimo essere dei signori nessuno, ridotti a vendere frutta, a piedi scalzi, sul ciglio di una strada sporca. Non che non ci siano bravi imprenditori in altri posti, anche nei luoghi più poveri. È solo che i clienti di quegli imprenditori non possono permettersi altro.
Ecco allora l’idea per un nuovo tipo di economia, un nuovo tipo di politica che chiamo nuovo capitalismo.
Riconosciamo pure che il capitalismo batte le alternative, ma anche che più persone includiamo, sia come imprenditori che come clienti, meglio funziona. Tentiamo in tutti i modi di ridurre la dimensione del governo, ma non tagliando i programmi per i poveri; piuttosto, assicurando che i lavoratori siano pagati abbastanza da non averne bisogno.Investiamo abbastanza nella classe media da rendere la nostra economia più equa e più inclusiva, e quando sarà più inclusiva sarà più competitiva, e quando sarà veramente più competitiva, sarà più in grado di generare quelle soluzioni ai problemi umani che sono il vero motore della crescita e della prosperità.
Il capitalismo è la più grande tecnologia sociale mai inventata per creare prosperità nelle società- se è ben gestito; ma a causa delle fondamentali dinamiche moltiplicative dei sistemi complessi, tende inesorabilmente alla diseguaglianza, alla concentrazione, al collasso. Il compito delle democrazie è quello di massimizzare l’inclusione della maggioranza per creare prosperità, non per permettere a pochi di accumulare denaro. Il governo crea prosperità e crescita, creando le condizioni che permettono sia agli imprenditori che ai clienti di prosperare. Equilibrare il potere dei capitalisti come me e quello dei lavoratori non è un male per il capitalismo. È necessario alla sua sopravvivenza.
Programmi come un ragionevole salario minimo, una sanità accessibile, congedi malattia pagati, e la tassazione progressiva necessaria a pagare le importanti infrastrutture necessarie alla classe media (istruzione, ricerca e sviluppo…) sono tutti strumenti indispensabili che i capitalisti più perspicaci dovrebbero sposare per guidare la crescita, perché nessuno ne trae beneficio quanto noi.
Molti economisti vorrebbero farvi credere nell'”esattezza” della loro scienza. Non sono d’accordo, e credo invece che sia, a pari merito, uno strumento che l’umanità usa per codificare e dare efficacia legale alle nostre preferenze morali, sociali e ai pregiudizi sullo status e sul potere, ed è per questo che i plutocrati come me hanno sempre avuto bisogno di trovare storie convincenti da raccontare a tutti sul perché le nostre posizioni relative sono moralmente virtuose e buone per tutti: per esempio, che siamo indispensabili, creatori di lavoro, e voi non lo siete; che il taglio delle nostre tasse crea crescita, mentre investire su di voi farà gonfiare il debito e manderà il paese in bancarotta; che noi contiamo, e voi no.
Per migliaia di anni, queste storie sono state etichettate come diritto divino. Oggi abbiamo l’economia dello sgocciolamento. Ovviamente, tutte queste storie sono raccontate a nostro uso e consumo. Noi plutocrati dobbiamo riconoscere che sono stati gli Stati Uniti a renderci come siamo, non il contrario; che una robusta classe media è la fonte della prosperità nelle economie capitaliste, non la conseguenza. E non dovremmo mai dimenticare che anche il migliore di noi, nelle peggiori circostanze finirebbe a piedi nudi, sul ciglio di una strada sporca, a vendere frutta.
Amici plutocrati, credo sia venuto il momento per noi di impegnarci nuovamente per il nostro paese, di impegnarci in un nuovo tipo di capitalismo che sia più inclusivo e più efficace, un capitalismo che assicuri all’economia americana di rimanere la più dinamica e fiorente nel mondo. Difendiamo il nostro futuro, quello dei nostri figli e dei loro figli. L’alternativa è non fare niente, nasconderci nelle nostre comunità recintate e nelle scuole private, goderci i nostri aerei e yacht — sono divertenti — e aspettare i forconi. Grazie. 

La disuguaglianza fa male alla crescita, alla democrazia e prima o poi porterà le masse a ribellarsi a quell’1% che detiene tutto il potere economico. Nick Hanauer è un venture capitalist, innamorato delle meraviglie che il capitalismo può produrre ma preoccupato per le crescenti disuguaglianze che stanno minando la base del capitalismo stesso: la classe media. Se si va avanti così, prevede Hanauer in questa trascrizione di un suo intervento, non passerà molto tempo prima che la classe media impoverita prenda i forconi e assalti la diligenza. Prima che accada, i plutocrati (si definisce così) devono abbandonare la teoria dello “sgocciolamento” secondo la quale se i ricchi diventano più ricchi il resto della popolazione se ne avvantaggerà. Aumentare i salari è la prima, fondamentale, riforma del capitalismo oggi necessaria.

Tratto da Ted Talks. Traduzione Anna Cristiana Minoli, revisione Debora Serrentino

Fonte: Keynes blog 

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