di Antonio Deplano
Infine, anche il “corrierone” se ne è accorto scoprendo (?) una “vera chicca” (Corriere della Sera del 2 aprile 2016). La notizia è che in questo pianeta, e in alcune nazioni guidate da governi di “fiducia”, è presente una “élite selezionata” che forma governi in modo tale da essere definiti “democrazie”!
Ebbene in queste “democrazie” sono presenti e convivono, con un peso tutt’altro che trascurabile, associazioni “civili”, raggruppamenti elettorali o di cartello, corporazioni di mestiere o parasindacali, cioè tutto un continuo aggregarsi attorno a interessi, obiettivi, strategie economiche e politiche, di settori sociali rilevanti di quella che viene da tutti definita: “società civile” in parole povere: le lobby!
E proprio alla vigilia di una tornata elettorale d’importanza globale e strategica (l’elezione del futuro presidente degli Stati Uniti!), si riscopre il peso che associazioni e lobby di vario titolo e genere hanno sulla scena elettorale statunitense orientando le possibilità nella scelta dell’uno o dell’altro, scegliendo il candidato che corrisponde agli interessi, siano essi industriali che politico-militari, in grado di “risollevare” le sorti di una stagnante (sotto tutti i punti di vista) condizione attuale.
Tale vicenda non è soltanto riferibile a quanto da tempo è presente nella realtà politico-sociale statunitense; bensì esse (cioè il sistema “lobbystico) sono ben attive e presenti anche nella, cosiddetta, “culla” della democrazia, cioè in Europa e nelle nazioni che attualmente compongono la “neonata” aggregazione neo-imperialista dell’Unione Europea.
Nel dettaglio possiamo notare, grazie anche all’ottimo articolo di Massimo Gaggi sul C.d.S. del 2 aprile 2016 (http://www.corriere.it/cronache/16_aprile_05/dalle-armi-cinema-lobby-usa-0145e160-faa9-11e5-9ffb-8df96003b436.shtml), come sono intervenute alcune delle maggiori e potenti lobby statunitensi. Lobby che spaziano dal settore politico-militare-industriale, a quello comunicativo e mass-mediatico; intere filiere produttive, bancarie, finanziarie; fino all’industria cinematografica hollywoodiana.
Lobby che in alcuni casi hanno un carattere “progressista”; altre invece – forse le più potenti – hanno caratteristiche reazionarie se non addirittura oscurantiste e medievali. In questo servizio si nota come il fenomeno delle Lobby, limitato fino a 40 anni fa sia esploso e a partire dagli anni settanta e cresciuto fino a ottenere un potere sterminato durante la presidenza Bush.
Il “corrierone” ci svela che: …Le corporation non possono pagare i parlamentari ma finanziano le loro campagne: una spesa di 2,6 miliardi di dollari l’anno.
Un episodio dimostra meglio di altri quale potere politico è stato raggiunto da queste “corporation” Nel 2011 durante un’accesa discussione in merito a una riforma finanziaria resasi necessaria dopo il collasso nel 2008 di Wall Street, si precipitò “urlando” nell’aula del Congresso Steve Bartlett ex sindaco di Dallas, il quale calzando stivali da «cow boy» di pelle di struzzo dava disposizioni sulle norme attuative della riforma per attenuarne o rinviarne l’impatto. Costui è uno dei massimi esponenti dell’industria «lobbying» (quella dei servizi finanziari), il quale con Thomas Donohue (lobby dei produttori e presidente dell’«American Chamber of Commerce» l’arciconservatore nemico giurato di Obama), unitamente a Wayne LaPierre capo della NRA (National Rifle Association, armi), e tanti altri si intromisero nei lavori parlamentari.. Costoro dopo avere così pesantemente interrotto i lavori del Congresso, non saranno incriminati poiché utilizzando le normative costituzionali previste dal primo emendamento della Costituzione statunitense, che garantisce e tutela la libertà d’espressione nelle quali è prevista l’attività delle «lobby», anche quelle brutali (campagne avverse) o penetranti (proposte di legge già confezionate), esse dunque sono da considerarsi lecite, purché tutto si svolga alla luce del sole, e permette e garantisce simili “performance”.
L’unico reato perseguibile consisterebbe nel possibile “pagamento in denaro o altre regalie”, per ottenere un favore di un politico o un funzionario del Congresso, in tal caso scatta automaticamente il reato di “corruzione” e l’arresto con pene detentive in genere severissime. Comunque le società “lobbystiche” hanno anche altri metodi per raggiungere i loro scopi consistenti nel favorire normative fiscali o legislative di tutela e vantaggio, finanziando i raggruppamenti politici e i loro candidati elettorali: danno soldi (entro certi limiti) per le campagne dei candidati, organizzano raccolte di fondi, chiedono donazioni ai loro clienti, organizzano SuperPAC (una specie di organizzazioni politiche «fiancheggiatrici» di un candidato, queste normative sono state autorizzate qualche anno fa dalla Corte Suprema.
Una considerazione è d’obbligo, essendo i deputati della Camera costretti ad essere rieletti ogni due anni (tale è la scadenza della nomina elettorale) vivono in una campagna elettorale permanente.
E’ in questo periodo che entrano in scena le “lobby” per condizionarne gli aspetti sia rielettivi, sia gli sviluppi normativi. Solo nell’ultimo anno sono stati spesi (ufficialmente) 2,6 miliardi di dollari per attività lobbistiche da parte d’imprese. Sono più di 12 mila i “lobbysti” ufficialmente registrati a Washington: ritenendo però la crescita di «aree grigie» di vario tipo (personale di vario genere per svolgere questa attività) il numero di costoro, in un modo o nell’altro, si ritiene arrivi ormai a circa 100 mila consulenti variamente impegnati! Di fatto un’industria il cui fatturato, compresa la parte sommersa, si presume fatturi circa nove miliardi di dollari!
Decisioni che cambiano l’economia
Le dimensioni che ha raggiunto questo fenomeno con la crescita delle figure da considerare “ibride” (cioè attive ma non completamente riconoscibili), poiché alcuni in prossimità delle elezioni si trasformano in “campaign manager” (procacciatori di voti e preferenze) per il candidato prescelto per poi tornare, dopo il voto, al mestiere originale.
Ciò gli riesce facilmente perché il lobbista spesso è un avvocato con un’esperienza giuridica che il politico non ha.
La pressione delle “lobby”, fino a qualche anno fa, era opera quasi esclusiva o soprattutto messa in atto dalle associazioni sindacali, oppure da parte di altre associazioni di pubblico interesse come la Lega per i diritti civili (Aclu) o anche la stessa NRA (che appoggia la campagna di chi vuole una illimitata libertà di armarsi).
Dalla seconda metà degli anni ottanta in poi, in piena era Bush (dopo aver sostituito Reagan alla presidenza USA), le «corporation» – che si tenevano il più lontano possibile dalla politica, temendone i condizionamenti – sfruttando le “libertà” concesse dalla nuova presidenza, hanno compreso il loro potere per modificare a proprio favore il corso dell’attività normativa.
Hanno prima bloccato una riforma del mercato del lavoro e poi, avendo l’era Reagan favorito queste “aziende”, riuscirono ad ottenere sostanziali riduzioni nel prelievo fiscale.
Ciò starebbe all’origine della macroscopica “distorsione” come: una tassazione di favore per i ricchi; le protezioni per l’industria farmaceutica; l’impossibilità di varare una riforma sanitaria davvero efficace.
Alcuni personaggi di rilievo in queste operazioni sono: Jack Abramoff: superlobbista corrotto che, dopo 43 mesi di galera, si è pentito scrivendo, grazie alla sua esperienza in merito, un “onesto” manuale su come riformare il sistema; Chris Dodd: senatore per 30 anni, rispettato presidente della commissione parlamentare sulle banche, che ha dato il suo nome alla riforma dei mercati finanziari («Dodd-Frank Act»). Nel 2011 ha lasciato il Congresso, tornandoci come superlobbista essendo a capo della «Motion Pictures Association of America», motore politico di Hollywood.
E’ quindi il caso di poter spiegare: cos’è una lobby?
Lobby è un termine anglosassone il cui significato letterale (anticamera, vestibolo, atrio) suggerisce il luogo dove un “lobbysta” è solito attendere la sua “preda” (in senso figurativo del termine; ma sempre di “preda” si tratta), infatti, lo puoi trovare facilmente in questi posti in prossimità dell’ufficio di qualche politico.
In Italia sono presenti anche come “lobby” : grandi imprese private, tipo Fiat; oppure aziende di carattere pubblico del tipo: Eni o Enel; le maggiori associazioni sindacali; la Confindustria, i consumatori e gli ambientalisti, i notai e i tassisti, i costruttori e i commercianti, le banche e le compagnie assicurative, finanche la Chiesa!
Le nuove e post-moderne percezioni e comportamenti sociali hanno subito, negli ultimi anni, un repentino scadimento rappresentato da una caduta verticale dei partiti come intermediatori degli interessi sociali e popolari, caratterizzando con rallentamenti e opacità i processi decisionali favorendo così la necessità di rivolgersi alle lobby, da parte dei vari gruppi aventi forti interessi economici o politici.
In questo consiste l’attività di un lobbysta, cioè quello di portare avanti gli interessi di un’azienda o di un ente istituzionale, influenzandone le decisioni politiche e i processi formativi legislativi o normativi. Per anni giornalisti ed ex parlamentari risultano essere i migliori e meglio preparati e disposti ad esercitare questo ruolo!
Un esempio su tutti può consistere nel sapere, ad esempio, come le lobby sull’energia fanno pressioni sul governo affinché si realizzino impianti come gli inceneritori o le centrali nucleari; cioè progetti da considerare “dannosi” per la salute pubblica in quanto costruirebbe impianti insalubri, incompatibili con l’ambiente e la vita; sempre altre lobby economiche esercitano pressioni per la privatizzazione dell’acqua (vedi ultimo referendum del 17 aprile 2016 sulle “trivelle” e altro).
Questa è la prima parte: l’inchiesta prosegue
Fonte: contropiano.org
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