La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 13 aprile 2017

Di come una certa sinistra ha abbracciato rossobruni e xenofobi

di Davide Sivero
La xenofobia non solo è ossessione e bandiera dell’estrema destra più o meno esplicita e del populismo “né di destra né di sinistra”, ma posizioni a vario grado ostili nei confronti di quanti sono spinti da guerre e miseria a cercare un futuro meno tetro in Europa non sono insolite neanche nelle forze politiche tradizionalmente considerate di centro o centrosinistra, basti pensare alla tessera ad honorem di Forza Nuova conferita a Simone Regazzoni, che si presenterà alle primarie per il candidato sindaco del PD, in ragione delle sue prese di posizione contro i profughi e contro la libertà di culto per i musulmani, per citare solo uno dei casi più eclatanti.
Finora immuni al virus sembravano essere, escludendo ovviamente le formazioni neofasciste mimetizzate cosiddette “rosso”-brune, i partiti che si definiscono di sinistra radicale, soprattutto quando si dicono comunisti, vaccinati, ci si aspetterebbe, dall’internazionalismo marxista e dai paletti ideologici di un’idea tanto radicalmente solidale da porsi come obiettivo ultimo l’edificazione di una società caratterizzata da un’umanità nuova liberata dalla scarsità e dall’approfittamento del lavoro altrui, in cui ognuno dia secondo le sue capacità e riceva secondo i suoi bisogni. Niente di più “buonista”, come direbbe Salvini.
Il primo aprile dell’anno appena trascorso, appare, sul sito della federazione biellese del Partito della Rifondazione Comunista, un articolo intitolato Contro il sinistrismo di Ugo Boghetta, membro del Comitato Politico Nazionale del partito. In tema di immigrazione, Boghetta critica la linea espressa alla costituente di Sinistra Italiana dicendo “che poi gli sfollati vadano a ingrossare le periferie, siano utilizzati come esercito di riserva per guerre fra poveri, non li tange. Che questo porti anche a conflitti culturali, religiosi, comportamentali è un aspetto secondario: nostra patria è il mondo intero. E la soluzione è il buonismo. […] Così i confini, i limiti, che servono per costruire le identità, le sole che poi permettono di confrontarsi con l’Altro, sono sostituiti dalle frontiere aperte”.
Non sembra facile trovare un’interpretazione di queste frasi che non sia un invito ad alzare frontiere contro chi migra seguendo, come ogni marxista sa, le rotte del travaso di profitti del capitale imperialista occidentale che rapina risorse e invade i mercati del “Sud del Mondo”, un invito a condurre proprio ciò che dice di condannare: la guerra fra i poveri, o, meglio, se fatto da un ex deputato con tanto di vitalizio, guerra contro i poveri, un invito scontato nel linguaggio da disco incantato salvinista, con tanto della shibbolet “buonismo”, termine con cui le estreme destre chiamano dispregiativamente ogni forma di fratellanza e lotta per la giustizia sociale, e con l’equazione, già troppo continuamente proposta da Libero e Il Giornale, che fa degli immigrati dei portatori di comportamenti, culture e religioni incompatibili con la civiltà di quella che Borghezio chiama l'”Europa bianca e cristiana”, ma con un’inquietante vicinanza di uso linguistico con l’estrema destra cosiddetta “rosso”-bruna nel chiamare “esercito di riserva” gli “sfollati”: infatti, mentre Marx chiama “esercito industriale di riserva” l’insieme dei disoccupati di qualunque origine etnica, non certo considerati nemici, bensì compagni da emancipare, dai comunisti, tale termine è usato dai neofascisti cosiddetti “rosso”-bruni per indicare sostanzialmente tutto e solo il proletariato immigrato, nel quale essi additano un avversario dei proletari del Primo Mondo.
Si noti bene che naturalmente un comunista, per definizione antimperialista e quindi in lotta contro lo sfruttamento del Terzo Mondo, punta a rimuovere le cause delle migrazioni, ma ovviamente non invoca frontiere chiuse a chi viene oppresso da quello sfruttamento, il che sarebbe complicità con l’imperialismo, guerra di classe contro la parte del proletariato internazionale più salassata dal capitale transnazionale. Nonostante la data di pubblicazione, Contro il sinistrismo non era un pesce d’aprile e, prevedibilmente, è stato prontamente pubblicato da una pletora di siti di destra radicale, per lo più di stampo terzaposizionista, da Azione Culturale (un sito dichiaratamente rossobruno interessato alla “rielaborazione storica delle grandi ideologie del Novecento”) a L’intellettuale dissidente (il quotidiano del Circolo Proudhon) passando per molti altri.
Ancor più preoccupante è che questo tormentone della rete neofascista, in cui si esprimono posizioni che Lenin in Capitalismo e immigrazione operaia definiva reazionarie, ha ricevuto il plauso di non pochi dirigenti del PRC. Non molto dopo essere entrato con tale articolo in cotanto pantheon, Boghetta ha pubblicato un enigmatico post sul proprio diario di Facebook, che diceva “Dice Bergoglio: ‘Migrare non è un delitto’. Invece lo è da parte di chi è colpevole delle bombe occidentali e della povertà causata anche da secoli di rapina colonialista […] Questo buonismo è inutile, dannoso, insopportabile”, la cui sintassi, presa alla lettera, sembra suggerire che migrare sia un delitto se a migrare è chi è colpevole delle bombe occidentali e della miseria.
Ora, dato che i colpevoli delle bombe occidentali e della rapina colonialista non migrano in Occidente perché già ci stanno, l’espressione di Boghetta potrebbe ben significare “Migrare non è un delitto, come dice Bergoglio, ma lo è rendersi colpevole delle bombe occidentali e della povertà causata anche da secoli di rapina colonialista, cosa che Bergoglio non dice. […] Questo atteggiamento a parole solidale, ma non sufficientemente solidale né teso alla giustizia sociale è inutile, dannoso, insopportabile”, ma sta di fatto che sia Contro il sinistrismo sia tale post su Bergoglio, che ha fatto entrare Boghetta tra gli idoli di una nota pagina “salvineggiante” che presumibilmente non disdegna l’interpretazione secondo cui migrare sarebbe un delitto (da parte di chi migra, ché migrare non può essere da parte di nessun altro che di chi migra), hanno attirato all’esponente del PRC le simpatie di parecchi xenofobi di varia appartenenza partitica che scrivono sul suo diario e si gloriano della sua amicizia.
È una certa ossessione che Boghetta sembra avere per l’argomento, come emerge da un altro articolo pubblicato l’estate scorsa dal titolo La sicurezza e la sua ombra in cui si criticano le “anime belle di sinistra” che “predicano l’abolizione di ogni limite”, mentre la “sicurezza” sarebbe “legata a dei confini in cui riconoscersi”. D’altra parte anche nel mondo non virtuale Boghetta sembra non essere troppo schizzinoso con le anime della destra, dato che pubblicizza convegni della sua associazione Indipendenza e Costituzione cui partecipano personaggi come Fausto Biloslavo.
Neanche in tema di lotta contro la discriminazione degli omosessuali alcuni dirigenti del PRC si mostrano immuni dall’affinità se non altro linguistica con la destra radicale, tanto che un articolo firmato da Ugo Boghetta e Simone Gimona, segretario provinciale bolognese, arriva a scagliarsi contro la fantomatica “lobby gay” (non entro del merito della questione trattata dall’articolo: la mia obiezione è all’attacco alla “lobby gay”), termine probabilmente riferito all’ARCI Gay, ma che fa apparire gli omosessuali come un gruppo avente un’unità di interessi e (più o meno loschi) intenti. Sorge spontaneo chiedersi se neanche riferirsi ai crimini sionisti come opera di una fantomatica “lobby giudaica” costerebbe l’espulsione a chi raduna uno stuolo di ammiratori razzisti ed omofobi.
A livello di quadri locali certe derive diventano ancora più esplicite.
Un dirigente regionale ligure del PRC, che sembra coincidere od essere omonimo di un sostenitore dello ius sanguinis (Blut und Boden), riduce il gruppo Facebook di un circolo di partito ad un ricettacolo di spam contro immigrati ed omosessuali (qui, qui e qui), il tutto con l’avvallo del segretario del circolo, anch’egli dirigente regionale di Rifondazione, e amministratore del gruppo, coerentemente con le proprie simpatie fusariane (Diego Fusaro è un filosofo comunitarista cattotradizionalista “Yes Borders” che utilizza linguaggio e temi marxiani e gramsciani seguendo la scia della Nouvelle droite alla de Benoist).
In condizioni niente affatto migliori appare il recentemente rinominato PCI dei Comunisti Italiani. Il dirigente locale Giovanni Enne, fan di emanazioni di Azione Culturale come Fronte del Popolo, sostiene, su chi fugge da dove i profitti del capitale imperialista vengono generati a dove affluiscono, le posizioni del PD contro i migranti economici, ponendosi però addirittura alla destra di esso nelle critiche al “buonismo” delle “anime belle” della giunta Pigliaru e arrivando al punto di considerare lucido e corretto un delirio da Nouvelle droite sull'”invasione” dei “negri” di Matteo Boe, mentre l’apparentemente più pacato (non è questo forse “buonismo”, ma nel senso di ipocrisia invece che di “eccesso” di solidarietà?) esponente del PCI Nicolò Monti, candidatosi a Roma con la Sinistra per Fassina, disapprova addirittura i corridoi umanitari auspicando che li si aiuti (solo) a casa loro.
La martellante propaganda xenofoba dei media, fatta di etnicizzazione della cronaca con più eco mediatica data ai reati commessi da immigrati o rom e bufale di ogni sorta, fa percolare non solo tra qualunquisti e gente dichiaratamente di destra, ma persino nelle menti di sedicenti compagni idee xenofobe. Quindi la rete di pagine internet e blog “rosso”-bruni, tra retorica pseudomarxiana, ma priva di elementi classisti, per definizione internazionalisti, e pillole di razzismo, fa poi fare la pace a questi (ormai ex?) compagni con il loro lato legaiolo ed il gioco è fatto: anche nelle poche oasi di pensiero antagonista agli interessi del capitale l’odio verso gli altri sfruttati fa breccia.
D’altro canto non è da escludere che una parte di esponenti sedicenti di sinistra radicale sposino posizioni contro gli immigrati per un mero calcolo elettorale, ritenendo più conveniente cogliere consensi facendosi fautori di idee reazionarie care al sottoproletariato e all’aristocrazia operaia “salvinizzati” che fare pazientemente opera di coscientizzazione contro ogni barriera etnica tra fratelli di classe.
Tutto ciò è terribile e ancor più terribile è che nei partiti colpiti dal fenomeno la base non insorga in massa contro dirigenti che sposano posizioni xenofobe, che i dirigenti autenticamente antirazzisti non provvedano a farli espellere, che non si alzi un coro di denuncia e critica di tali infiltrazioni ideologiche.
Sembra sempre più difficile non incappare in personaggi complici tanto quanto Salvini und Kameraden della diffusione dell’ideologia su cui si fonda l’Olocausto mediterraneo di Frontex. Che fare se persino in partiti come Rifondazione, Comunisti Italiani e liste in cui questi partiti e Sinistra Italiana presentano i propri candidati si perde l’appoggio unanime alla battaglia contro il razzismo ed ogni forma di fascismo?

Fonte: frontierenews.it 

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