La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 30 gennaio 2018

Il contributo della filosofia al pensiero di Franco Basaglia








di Claudia Celentano
"Continueremo ad accettare che lo psichiatra si formi esclusivamente in una facoltà di medicina, nella quale già la storia stessa della medicina è presente in modo molto marginale, ma nella quale la loso a è assente del tutto? Dobbiamo continuare ad accontentarci che qualche psichiatra, animato da buona volontà, legga qualche libro di filosofia? Credete forse che la loso a sia una chiacchierata vaga e generica alla quale basta avvicinarsi con un po’ di curiosità?"
C. Sini, La domanda filosofica, in ‘Franco Basaglia e la filosofia del ‘900’, BE-MA, Milano 2008, p.68.

I primi manicomi furono realizzati da monaci e dentro ci si poteva trovare chiunque: orfani, poveri, ma anche intellettuali scomodi e donne emancipate. I manicomi nel Novecento erano regolati secondo la sanità provinciale e gestiti da psichiatri e infermieri; venivano costruiti in periferia secondo un’antica usanza, secondo la quale il terrificante, il mostruoso, andava nascosto al cittadino, proprio come accadeva con i lager durante il Nazismo. Nelle le istituzioni psichiatriche di quel tempo, lobotomie, elettroshock, docce gelate, camicie di forza e letti di contenzione erano pratiche che la scienza psichiatrica accettava come normali o inevitabili. 
Nel 1978, in Italia, la Legge 180/78 promossa da Franco Basaglia denunciò le istituzioni manicomiali fino a regolarne la chiusura. Furono quindi istituite nell’Ospedale generale reparti di Psichiatria, case d’aiuto e supporto alle famiglie, centri diurni e ambulatori gestiti da psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali. A causa della difformità dei sistemi regionali che avrebbero dovuto attuarla, la Legge è diventata operativa solo a metà degli anni Novanta, quando già da anni la psichiatria organicistica e la destra politica ne volevano evidenziare il fallimento. Ma, con Franco Basaglia ed i suoi collaboratori prese vita un movimento culturale, sociale e politico che ebbe il merito di sollevare il velo sulle realtà manicomiali e che ruppe il filo che collegava la logica della cura a quella della segregazione. 
Franco Basaglia si era formato nella “Psichiatria fenomenologica”, che ha avuto esempi nello psichiatra e psicologo svizzero Ludwig Binswanger e nel lituano Hermann Minkowski, ispirata al pensiero di filosofi come Martin Heidegger, Jean-Paul Sartre e Maurice Merleau-Ponty. Queste filosofie rifiutavano il pensiero positivista allora vigente considerando l’esistenza umana, e quindi anche il disagio psichico, come una struttura relazionale. La cosiddetta malattia mentale non poteva essere più concepita come degenerazione di sistemi organici: la sofferenza era il sintomo di un patologia soprattutto sociale. In questo quadro, il manicomio appariva a Basaglia come l’espressione conseguente di una logica sociale di esclusione, esattamente come il carcere. Il passaggio da una cultura psichiatrica innovativa alla critica anti-istituzionale è evidente in Basaglia nei due volumi di Scritti (Einaudi, 1981 e 1982). Nel primo, che comprende saggi dal 1953 al 1968, Basaglia, ancora giovane psichiatra, si misura con la crisi del positivismo, inizia a denunciare l’oppressione manicomiale e scopre le idee di comunità terapeutica e auto-espressione dei degenti. Nel secondo (1969-1980) il distacco dalla psichiatria è ormai consumato. I riferimenti culturali di Basaglia sono lo storico Michel Foucault e il sociologo Erving Goffman. Partendo da questi due autori, Basaglia ha costruito lungo il suo viaggio nelle istituzioni manicomiali da Gorizia a Trieste, componendolo con una riflessione che attraversa tutta la sua pratica, concentrandosi su cosa significhi e come sia possibile “restituire” la soggettività a coloro ai quali è stata sottratta. La prima “operazione filosofica” dello psichiatra è stata forse proprio quella di “sospendere il giudizio”, prima ancora di dare un’etichetta o di fare una diagnosi. Basaglia sospende il giudizio e afferma che prima di ogni terapia bisogna analizzare la crisi di vita, evitando etichette e stigmatizzazioni. È quindi nei manicomi che Basaglia si accorge che gli internati non sono in relazione col sistema culturale, sociale, economico e politico in cui contraggono il loro malessere. La priorità è il corpo economico, non il corpo soggettivo. Scrive allora saggi e articoli da cui emergono i suoi interessi filosofici, in particolare per la fenomenologia. Negli ambienti accademici vengono ostacolati i suoi tentativi di mettere in discussione l’ortodossia psichiatrica, viene allontanato dall’Università. Eppure Franco Basaglia non si da per vinto, continua il suo percorso dentro l’ignoto e nella forma più nascosta di sofferenza, incontra “l’altro”, ne riconosce la sua dignità di “essere nel mondo”. Basaglia compie il tentativo di capire l’incomprensibile anche servendosi del sapere filosofico che caratterizza il suo lavoro clinico, pratico, teorico, intellettuale e politico che gli permette di liberare gli internati dalle oscure prigioni terapeutiche nelle quali erano intrappolati senza storia né dignità. 

La riflessione filosofica in Basaglia ha quindi avuto un ruolo attivo, atto ad indagare ed a stravolgere quei “poteri forti” che delegittimano le persone con disturbi psichici. 


Le filosofie che hanno influenzato la pratica basagliana 

Il pensiero di Franco Basaglia si compone di idee e concetti filosofici che possono essere ricondotti a tre grandi aree. La prima è quella rappresentata dalle filosofie tedesche, ossia la fenomenologia e la psicologia comprensiva di K. Jaspers. Gli scritti filosofici tedeschi, forniranno a Basaglia lo spunto per iniziare la sua critica alla psichiatria positivistica. L’incontro “letterario” con il filosofo Edmond Husserl spinge lo psichiatra a riformulare il concetto di ‘epochè’: comprende infatti che la fenomenologia si pone la verità come finalità e in questo modo fare epochè diventa una mossa etica, prima ancora che teoretica. Successivamente si avvicina alla Daseinsanalyse di Binswanger e consolida il suo approccio esistenzialista alle psicosi. 

La seconda area è quella rappresentata dalle filosofie francesi, che permettono a Basaglia di conoscere il pensiero di Sartre e Merleau-Ponty, nella seconda metà degli anni cinquanta. Dalle teorie filosofiche di entrambi gli studiosi esistenzialisti, Basaglia compone il suo concetto di libertà e recupera quello di entità corporea, dando nuovo valore al corpo custodito all’interno delle istituzioni manicomiali. 

L’ultima grande area di influenza filosofica è quella che porta Basaglia a conoscere il pensiero di Micheal Foucault, incentrato sulla critica al potere che deriva dalle scienze dogmatiche e sulle analisi delle istituzioni chiuse di Goffmann. Fondamentale sarà anche il contributo del pensiero di Franz Fanon, che farà comprendere allo psichiatra il ruolo di reclusi e di colonizzati degli internati in manicomio. Si deve al suo incontro con Laing l’attribuzione del valore delle parole nell’incontro autentico con “l’altro” e a quello con Maxwell Jones l’ideazione e la messa in pratica della comunità terapeutica.

Fonte: http://180gradi.org

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