La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 29 gennaio 2018

Quando la politica mostra il peggio: una pessima legge elettorale usata male dagli addetti ai lavori










di Guido Compagna
Fare le liste non è mai stato un mestiere facile. In fondo si tratta di scegliere tra uomini e tra le loro legittime aspettative, scegliendo tra persone che ti sono compagni e amici. Se poi la legge che regolerà le elezioni è pessima come lo è stato il Porcellum, lo è il Rosatellum, lo sarebbe stato l’Italicum (per fortuna fatto a pezzi dalla Corte costituzionale) le cose si mettono ancora peggio. E il peggio è che, prima (nella vituperata prima repubblica) la decisione finale era rimessa agli elettori, con la preferenza alla Camera e con i collegi uninominali al Senato, invece questa come altre volte (Porcellum) gli elettori si pronunceranno su scelte già in larga parte prestabilite da chi quelle liste le ha messe a punto, grazie ai listini del proporzionale e alle pluricandidature più in generale.
Vale la pena di riportare il giudizio dei un autorevole costituzionalista, Fulco Lanchester, sull’ Atlante elettorale della Società italiana di studi elettorali (Sise) a proposito della nostra legge elettorale: “La legge è basata sul privilegio dei rappresentati con candidature selezionate dall’alto sulla base di un principio leaderistico in cui tutto si collega apparentemente al capo politico della lista con la vanificazione delle indicazioni costituzionali di cui di cui all’articolo 49 della Costituzione. Si tratta di un classico della normativa partitocratica che contrasta però con la mancanza di partiti veri e viola palesemente la eguaglianza delle opportunità tra i concorrenti e la libertà di voto“. Il giudizio di Lanchester fa capire cosa potrà accadere una volta che la Consulta (a legislatura avviata) sarà investita di decisioni a proposito del Rosatellum.
Fin qui la legge elettorale, che vale la pena rammentare, in sede di valutazione politica, era già stata definita “una schifezza” da D’Alema, ma anche da Emma Bonino che guida la formazione Più Europa alleata con il Pd. Di questa “schifezza” portano primaria responsabilità il segretario del Pd Matteo Renzi che l’ha voluta costi quel che costi, per poter nominare i parlamentari del suo partito e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che l’ha in posta al Parlamento a colpi di fiducia.
Naturalmente questa brutta legge elettorale, stando alle indiscrezioni, che sono però abbastanza consolidate, in queste ore viene utilizzata al peggio da chi le candidature le deve definire: E qui non si parla più di legge soltanto, ma anche di uomini, di persone che dovrebbero rappresentare al meglio i propri partiti. Vale per il centrodestra e in particolare per Forza Italia, nella quale Berlusconi ha affidato all’avvocato Niccolò Ghedini (recordaman assoluto di assenteismo parlamentare) la scelta dei candidati sui quali naturalmente si riserva l’ultima parola. E vale per il Pd dove la preoccupazione principale di Renzi è quella di avere almeno 130 parlamentari fedelissimi con buona pace della rappresentanza delle minoranze interne e delle ragionevoli dislocazioni territoriali. Un esempio per tutti: la Boschi che per difendere le ragioni degli orafi aretini sarà eletta con l’aiutino della Svp tra Bolzano e Bressanone.
Purtroppo, notizie non buone arrivano anche dal tavolo dove si approntano le candidature di Liberi e Uguali. Ma, visto che è buona regola del giornalismo che “con la notizia non si litiga“, non può passare sotto silenzio il fatto che sembra essere saltata la candidatura siciliana del medico di Lampedusa Bartolo, che ragionevolmente ha rifiutato di essere paracadutato in Lombardia e che a Napoli non sia stato possibile trovare adeguata collocazione a un pezzo di storia della sinistra come Antonio Bassolino per esigenze di equilibrio tra le diverse componenti della lista. Nè notizie più confortanti arrivano da altre regioni come Abruzzo e Sardegna. Insomma, la legge elettorale è pessima, ma poi la politica cammina con le gambe delle persone. E il fatto che le maggiori forze politiche sacrifichino esigenze e richieste dei territori certamente non aiuterà a riportare al voto i tanti che si sono rifugiati nel bosco della non partecipazione o che hanno scelto di votare per forze populiste e qualunquiste. Detto questo la politica e le sue ragioni devono prevalere anche sui possibili (ma non per questo meno deprecabili) errori degli stati maggiori. E allora, archiviata la non edificante vicenda delle liste, per Liberi e Uguali si resta e si torna in campo con maggiore lena e determinazione. Come si dice:”Scarpe rotte eppur bisogna andare“. O, visto che siamo al centenario della prima guerra mondiale vale la canzone del Piave: “Marciare bisognava e andare avanti”. Facendo di tutto perchè il 4 di marzo possa esserci una Vittorio Veneto della sinistra.

Fonte: largine.it

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