La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 2 febbraio 2018

António Costa: "Rafforzare le politiche di coesione per un’Europa davvero unita nella diversità"








di Redazione L'Argine
Traduzione integrale, curata da Sara Ligutti, del discorso tenuto dal Primo Ministro del Portogallo, António Costa, alla sessione plenaria del Comitato delle Regioni del 31/01/2018.

Signor Presidente del Comitato europeo delle regioni, caro amico amico Karl-Heinz Lambertz, care e cari membri del Comitato delle Regioni, vorrei ancora una volta ringraziare questo Comitato che mi emoziona perché mi dà la possibilità di tornare in un’istituzione di cui sono stato membro per tanti anni e dove ho avuto la possibilità, non soltanto di lavorare, ma di stringere della amicizie che coltivo ancora oggi. Sono entrato a far parte di questo comitato in quanto presidente della giunta municipale di Lisbona. Ed è qui che ho capito meglio qual è il ruolo centrale che Città e Regioni svolgono nella costruzione dell’Europa. Sono le città, i territori a bassa densità, le regioni di montagna e le regioni ultraperiferiche che costituiscono il paesaggio unico dell’Europa. Sono queste che garantiscono all’Europa la propria identità. Queste sono le basi della principale ricchezza dell’Europa, che crea e consolida una cultura comune, dove i valori su cui si fonda la nostra Unione, sono forgiati e consolidati. Dall’antichità l’Europa è stata costruita dalle sue città e dalle sue regione regioni, che spesso hanno preceduto la formazione degli stessi Stati. L’Europa si è riunita nella sua diversità applicando i principi di sussidiarietà e governance a diversi livelli, riconoscendo che ciascuno dei livelli – istituzioni europee, Stati membri, regioni, città, comunità locali – ha un ruolo insostituibile da svolgere per il successo delle aspirazionie legittime aspirazioni dei nostri cittadini.
La politica di coesione è la politica europea che ha maggiormente contribuito all’unità nella diversità dell’Europa. Gran parte del successo dell’Unione europea è dovuto alla sua politica di coesione. Ed effettivamente la politica di coesione non si limita al suo contributo alla situazione economica e sociale dei nostri territori, ma corregge un po’ le asimmetrie tra i vari territori. Il suo più grande valore è quello di portare ogni giorno l’Unione Europea nella vita quotidiana dei suoi cittadini. L’Europa, con la politica di coesione, ha smesso di essere semplicemente una politica doganale, un insieme di norme tecniche del mercato interno. Con la politica di coesione, l’Europa ha raggiunto ogni villaggio, ogni città, ogni strada.
La politica di coesione è un marchio di identità dell’Unione europea, i cui obiettivi rimangono centrali oggi come quando è stata creata. Ecco perché la coesione non può e non deve essere la variabile di aggiustamento per il prossimo quadro finanziario pluriennale. Piuttosto, dovrebbe avere una maggiore flessibilità nella sua definizione e implementazione, combinando il suo approccio territorializzato con una maggiore attenzione ai suoi principali beneficiari: le persone, i cittadini d’Europa.
Non dobbiamo cadere nella trappola della sterile dicotomia tra un’Europa della competitività e un’Europa della coesione. Garantire la competitività è la chiave per garantire una coesione sostenibile e quindi le due cose devono camminare mano nella mano. Il futuro dell’Europa esige una società più coesa per un’economia più competitiva nel mercato globale. Dobbiamo valorizzare la competitività delle aree a bassa densità di popolazione e rafforzare la coesione dei grandi centri urbani che concentrano grandi sacche di povertà. Il successo dell’Unione dipende dalla capacità di incrociare il meglio che ciascuno dei territori offre per lo sviluppo comune.
Per questo motivo difendo un’evoluzione della politica di coesione per rispondere alle aspettative dei cittadini nei contesti socio-territoriali in cui sono inseriti. La dimensione territoriale incentrata sul cittadino è oggi il modo migliore per rispondere alle nuove sfide che l’Unione deve affrontare. Nel prossimo quadro finanziario pluriennale è importante agire in questa direzione, sfruttando le sinergie e le complementarità tra politiche e programmi, in particolare per rafforzare la competitività e la coesione.
Per affrontare le sfide della globalizzazione, una politica commerciale forte non è sufficiente, e forse ancora meno ricadere in una logica protezionistica. Dobbiamo investire nelle competenze, nell’innovazione e nelle infrastrutture che ci incorporano nelle reti globali. Solo in questo modo possiamo garantire una coesione sostenibile. La concorrenza oggi non è tra le nostre regioni, i nostri comuni, le nostre città, ma tra l’Unione europea e le altre economie globali. Ecco perché non possiamo escludere dalla nostra politica regionale i centri di produzione della conoscenza, i motori della crescita e della creazione di posti di lavoro. Solo un’economia competitiva alimenta la coesione sociale e territoriale. Solo allora la società europea diventerà più coesa e la nostra economia sarà più competitiva a livello globale. È proprio questa complementarità che viene sintetizzata nell’obiettivo di convergenza. E la dimensione territoriale e la governance multilivello sono fondamentali per raggiungere questo obiettivo. Concordo con il parere di questo Comitato quando afferma che il valore aggiunto europeo dovrebbe avere come punto di partenza la correzione delle disparità socioeconomiche all’interno dell’Unione, ossia una convergenza reale. Solo una maggiore convergenza darà una solida base al futuro dell’Europa. La stessa Commissione europea lo riconosce nella sua comunicazione del 6 dicembre, che definisce la sua tabella di marcia per il completamento dell’Unione economica e monetaria: “Una delle lezioni della crisi [crisi economica e finanziaria internazionale iniziata nel 2008] è che la convergenza e la creazione di solide strutture economiche è fondamentale per la prosperità dell’Unione e in particolare per il buon funzionamento della moneta unica”. Non possiamo posticipare ulteriormente questo dibattito. Questa è una finestra di opportunità: tutti gli Stati membri stanno attraversando un periodo di crescita economica, abbandonando le procedure per il deficit eccessivo e, soprattutto, creando posti di lavoro.
La crisi del 2008 ha esposto in modo decisivo i difetti congeniti di un’Unione economica e monetaria che ha creato più divergenza che convergenza tra i suoi Stati membri. Oggi siamo più preparati per rispondere alle nuove crisi. È vero. Ma non illudiamoci: le debolezze strutturali dell’Eurozona rimangono irrisolte. Le asimmetrie e gli squilibri tra i suoi membri riducono la crescita potenziale e mettono a repentaglio la stabilità della moneta unica. Finché l’Unione economica e monetaria rimane incompleta, permangono i rischi di ulteriori crisi. Se vogliamo una zona euro solida e stabile, dobbiamo rafforzare la convergenza economica e sociale, poiché non esiste una garanzia migliore per la sua sostenibilità. Come disse il presidente Kennedy, ci sono giorni di sole, ed è in questi momenti in cui il sole brilla – non molto qui a Bruxelles, è vero – che dobbiamo cogliere l’occasione per completare l’unione economica e monetaria. Per questo motivo difendo la creazione di una propria capacità di bilancio della zona euro, basata sulle risorse proprie. Questo potrà servire come strumento di stabilizzazione contro gli shock esterni, ma il suo obiettivo primario dovrebbe essere l’investimento, dotando però di raccomandazioni specifiche ogni paese paese, consolidate nei programmi nazionali di riforma degli strumenti finanziari per la loro attuazione. Solo in questo modo il semestre europeo potrà essere pienamente al servizio degli obiettivi di crescita, occupazione e convergenza. Non si tratta di difendere un’unione di trasferimenti o meccanismi di finanziamento per inefficienze nazionali. Non si tratta neppure di togliere qualcosa dalla politica di coesione per darla alla politica di bilancio. Sono due obiettivi separati ma complementari e dovrebbero essere inclusi nel prossimo quadro finanziario.
Come proposto da questo Comitato, ciò serve a garantire una maggiore coerenza ed efficacia delle nostre politiche macroeconomiche attraverso legami più stretti con il semestre europeo. Questi strumenti di politica fiscale, coordinati con la politica monetaria, permetteranno all’Eurozona di avere una vera politica economica integrata, unendo l’Europa, superando le divisioni tra Nord e Sud, Est e Ovest, centro e periferia. Questi meccanismi di convergenza dovranno basarsi su una base contrattuale, al fine di attuare riforme destinate a rispondere alle necessità di ogni paese e definite da ogni paese in funzione della propria situazione specifica e che permettano di migliorare il loro potenziale di crescita, con obiettivi quantificati e vincolati a termini, debitamente finanziati. Una condizionalità positiva, che opera attraverso incentivi piuttosto che meccanismi punitivi, è una condizionalità che sarà tanto più legittima se può disporre di una propria base di finanziamento. Coesione, competitività e convergenza. Tre obiettivi che devono procedere di pari passo. Perché solo se vanno di pari passo contribuiscono a dare forza alla nostra Unione. E nella progettazione del prossimo quadro finanziario, avremo l’opportunità di utilizzare meccanismi per rafforzare questa complementarità e le sinergie tra le varie politiche. L’Unione deve essere in grado di rispondere alle nuove aspirazioni dei nostri cittadini, alle nuove sfide: i cambiamenti climatici che minacciano l’umanità nella sua esistenza. La globalizzazione, che sfida la sostenibilità del modello sociale europeo. L’automazione che getta delle ombre sul futuro del lavoro. Le migrazioni che cambiano l’equilibrio delle nostre società. L’instabilità nei nostri territori limitrofi, che è un rischio per la pace. Il rischio del terrorismo che si diffonde anche nelle strade delle nostre città. Sì, queste sfide esistono e dobbiamo affrontarle. Ma per rispondere efficacemente a queste nuove sfide, non dobbiamo né possiamo indebolire le fondamenta della nostra Unione, che si basano su politiche che hanno dato prova di enorme successo nell’ultimo decennio, come la politica agricola comune o la politica di coesione.
Se i cittadini europei chiedono più dell’Unione, gli Stati membri devono dare di più all’Unione. E per questo cerchiamo di essere chiari: non possiamo pensare di fare di più e fissare dei dogma per il bilancio dell’Unione, attenendoci soltanto all’1% del PIL di ogni paese. Non è possibile con l’uscita del Regno Unito mantenere lo stesso contributo da parte degli altri e al contempo fare di più senza sacrificare assolutamente niente di quello che già facciamo. Cerchiamo di essere chiari: se vogliamo essere all’altezza di ciò che i cittadini europei ci chiedono, dobbiamo aumentare i contributi degli Stati membri o delle risorse proprie dell’Unione, come proposto dalla relazione dei 5 presidenti; oppure creare un equilibrio virtuoso tra l’aumento dei contributi degli Stati membri e la creazione di nuove risorse proprie per l’Unione. D’altra parte, l’assunzione di queste nuove politiche per la sicurezza, la difesa e l’immigrazione non può costituire un impulso centralizzante, perché anche in questo caso il principio della governance multilivello è un valore aggiunto che deve essere preservato. Gli obiettivi della coesione e della convergenza devono essere presenti non solo nelle nuove politiche, ma anche nei nuovi strumenti finanziari. Programmi chiave come Orizzonte 2020 o nuovi strumenti di finanziamento come il piano Juncker non possono comportare un aumento delle asimmetrie, ma devono incorporare i criteri di coesione e convergenza.
Per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, abbiamo bisogno di un’Unione forte che garantisca il rispetto globale dell’accordo di Parigi. Ma abbiamo bisogno delle collettività locali per promuovere la resilienza delle foreste e il loro ruolo di pozzi di CO2, e delle città per gestire una nuova politica di mobilità sostenibile.
Per quanto riguarda l’immigrazione, dobbiamo sviluppare un calendario di migrazione a livello dell’Unione per promuovere la cooperazione con i paesi di origine, se abbiamo bisogno di cooperazione tra gli Stati membri per proteggere le nostre frontiere esterne, è essenziale che le collettività locali garantiscano l’integrazione dei migranti nella nostra società. Se la lotta al terrorismo richiede una maggiore cooperazione tra servizi di polizia, giudiziari e di intelligence, solo una forte politica di inclusione sociale impedisce la radicalizzazione nelle periferie o nei centri urbani impoveriti delle nostre città. Se vogliamo mettere in atto il pilastro sociale che abbiamo adottato a Göteborg, dobbiamo avere autorità regionali e locali come attori chiave nella coesione sociale. In altre parole, nessuna di queste nuove politiche può indebolire la coesione o il principio di governance a diversi livelli. Al contrario, una maggiore coesione e convergenza sono una condizione per il successo in queste politiche e per dare risposte ai cittadini. Il caso più evidente è quello delle politiche migratorie. Se aumentiamo la convergenza economica e sociale all’interno dell’Unione, la pressione migratoria non si concentrerà più sulle regioni più ricche, sarà diluita e sarà possibile una gestione più efficace e solidale dei flussi migratori, con conseguenze molto positive per paesi come il Portogallo, che hanno bisogno dei migranti per contenere il loro declino demografico. I negoziati per il prossimo quadro finanziario saranno impegnativi dal momento che dovranno misurare l’impatto della Brexit, mantenere le politiche strutturali di coesione e soddisfare le nuove priorità comuni come la sicurezza, la difesa e la gestione delle migrazioni. Tutte queste sfide implicano che siamo innovativi e superiamo le divisioni interne, i limiti discrezionali e le ambizioni ridotte, inaccettabili di fronte alle responsabilità che l’Europa oggi ha nel mondo e nei confronti dei suoi cittadini. Non possiamo non affrontare in modo chiaro la questione delle risorse proprie. Abbiamo un’ambizione e abbiamo delle politiche che abbiamo già visto che rispondono alle sfide che affrontiamo. Ora dobbiamo garantire i mezzi affinché queste politiche siano efficaci e ci consentano di essere all’altezza delle nostre ambizioni. Se vogliamo un’Unione più forte, più resistente alle crisi e più preparata alle nuove sfide, abbiamo bisogno di un’Unione con più risorse.
Oggi, la politica di coesione ha uno slancio unico che le consentirà, se forniremo gli strumenti e i mezzi appropriati, di realizzare completamente il proprio potenziale.
Da un lato, garantire la coesione interna delle nostre società, consentendo all’Unione di essere competitiva nel mercato globale. Ma anche per integrare il valore della coesione e della governance multilivello per migliorare il successo delle nuove politiche che l’Unione dovrà sviluppare, insieme e in modo inclusivo, con le istituzioni europee, gli Stati membri, e con tutta la diversità del proprio paesaggio. Oggi e come sempre la nostra Europa sarà costruita soltanto nella diversità, nella diversità delle regioni montane, dei territori a bassa densità, delle regioni ultraperiferiche. Soltanto in questo modo faremo della nostra Europa un’Europa forte nella diversità capace di vincere le sfide di questo inizio del XXI secolo.
È per questo che è con molto orgoglio che sono nuovamente qui al Comitato delle Regioni ed è nella comunità delle Regioni che noi contiamo per costruire questa Europa del XXI secolo.

Grazie per l’attenzione.

Fonte: largine.it

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