La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 10 marzo 2016

Lavoro 2015, il miracolo è a tempo parziale

di Marta Fana
In un anno, tra il IV trimestre 2014 e lo stesso trimestre del 2015, il numero di occupati è cresciuto complessivamente di 230 unità. Il quarto trimestre contribuisce poco, solo 8 mila occupati in più, con un incremento di 99 mila dipendenti a tempo indeterminato e una riduzione sia del tempo determinato che dei lavoratori indipendenti, rispettivamente -43.000 e -48.000. Considerando solo gli sgravi contributivi sul costo del lavoro per il 2015 (1,8 miliardi), più le deduzioni Irap previste dalla legge di stabilità, ogni nuovo posto di lavoro a tempo indeterminato è costato alla finanza pubblica oltre i 20.000 euro. La Ragioneria dello Stato nella sua relazione tecnica stimò una perdita di gettito, derivante dalle deduzioni Irap sul costo del lavoro prevista dalla legge di stabilità 2015 in 5.000 milioni di euro.
QUOTA OCCUPATI A TEMPO INDETERMINATO SUL TOTALE DEGLI OCCUPATI DIPENDENTI


Negli ultimi due trimestri, la quota di occupati dipendenti a tempo indeterminato torna ad aumentare dopo il costante crollo registrato a partire dal 2013 (fig. 1). Nonostante la dinamica positiva negli ultimi mesi del 2015, la quota rimane inferiore a quella di inizio anno, momento di entrata in vigore degli sgravi contributivi e supera di poco il dato del secondo trimestre, momento d’avvio del Jobs Act. Inoltre, dai dati Istat emerge che il tasso di crescita dei contratti a termine (+3,5%) continua a dominare rispetto a quello relativo ai contratti “permanenti” (+1,6).

TASSO DI CRESCITA OCCUPATI PER TIPOLOGIA ORARIA E CONTRATTUALE (IV trim 2014 – IV trim 2015)


Oggi è possibile andare ancor più nel dettaglio con i dati trimestrali, distinguendo tra occupazione a tempo pieno e parziale per ciascuna delle tipologie contrattuali. Come mostra il grafico (fig. 2), indipendentemente dalla tipologia contrattuale a crescere maggiormente è il lavoro part-time, con un aumento più marcato per il lavoro a tempo indeterminato. Questa prima evidenza descrittiva, ci permette di dubitare circa la qualità della ripresa occupazionale in Italia: le ore lavorate per dipendente non aumentano tanto quanto il numero di occupati. Il guadagno che si intravede è infatti stimolato dal riassorbimento della cassa integrazione più che dall’aumentare del nuovo lavoro.

TREND NUMERO DI OCUCPATI PART-TIME PER GENERE (IV trim 2012 – IV trim 2015)


La ripartizione per genere del part-time in Italia (fig. 3), seppure mostri un andamento simile, continua a rivelare una dinamica duale, soprattutto nei periodi di crescita dell’occupazione, come quella in atto negli ultimi due trimestri: il lavoro part time caratterizza soprattutto l’occupazione femminile. Per ogni uomo occupato a tempo parziale ci sono almeno due donne con lo stesso regime orario. Al contrario, degli occupati a tempo pieno, solo il 34% sono donne. Il dettaglio anagrafico conferma le evidenze viste nei mesi precedenti: sono soprattutto gli over 50 a beneficiare della seppur labile ripresa occupazionale con un aumento di 238 mila unità rispetto al IV trimestre del 2014. Rimangono indietro i giovani: per la fascia 15-24 anni con un aumento pari a 29.000 occupati, mentre si rafforza il calo degli occupati tra i 35 e i 49 anni (-84.000).

DINAMICA NUMERO OCCUPATI PER SETTORE RISPETTO AL IV trim 2012 (%)


Una valutazione della qualità del lavoro non può prescindere dall’analisi dei settori economici che trainano l’aumento occupazionale (fig. 4). Rispetto alla fine del 2012 (anno base), nel settore dei servizi, l’occupazione aumenta si rafforza durante tutto il 2015, mentre per il settore manifatturiero, seppure esiste una ripresa occupazionale questa rimane instabile. Nel quarto trimestre 2015, gli occupati diminuiscono rispetto al trimestre precedente. Da un lato, l’industria risente degli effetti del rallentamento della produzione, ma dall’altro, questa evidenza sottolinea la necessità per l’Italia di rivedere la propria strategia industriale. La maggior parte dei servizi sono a basso valore aggiunto, scarsa produttività e di conseguenza non nelle condizioni di stimolare una ripresa robusta, già minata dai vincoli − non solo contabili − a livello europeo.

Fonte: Pagina99

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