La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 13 marzo 2016

L'incognita americana. Intervista a Noam Chomsky

Intervista a Noam Chomsky di C J Polychroniou
Viviamo in tempi critici e pericolosi. Il neoliberismo è ancora la dottrina politico-economica suprema, mentre le società nazionali continuano a deteriorarsi, con gli investimenti e i programmi sociali pubblici ridotti ulteriormente affinché i ricchi possano diventare più ricchi. Parallelamente è in ascesa l’autoritarismo politico e alcuni ritengono che gli Stati Uniti siano maturi per l’emergere di un regime proto-fascista. Nel frattempo s’intensifica la minaccia del cambiamento climatico mentre i leader politici continuano a mancare del coraggio e della visione per far progredire sistemi energetici alternativi, mettendo a rischio il futuro della civiltà umana.
Per questi e altri motivi le elezioni presidenziali statunitensi del 2016 sono cruciali per il futuro del paese e del mondo in generale. In effetti questa può essere l’ultima occasione per gli Stati Uniti di eleggere un leader che possa cambiare il corso della loro politica interna ed estera, anche se la prospettiva che ciò accada è ben poco probabile quando si consideri l’attuale panorama politico.
In realtà, come Noam Chomsky ha detto a Truthout in questa intervista esclusiva, i candidati politici alle elezioni presidenziali del 2016 difficilmente affrontano i maggiori problemi che il paese e il mondo fronteggiano. Contemporaneamente l’ascesa del trumpismo e la competizione dei candidati Repubblicani a chi è il più estremista e razzista riflettono “percezioni di perdita e di paura” di molti statunitensi.
Ciò nonostante queste elezioni sono critiche, sostiene Chomsky, e contano molto.
Noam, cominciamo con uno sguardo riflessivo a come le elezioni presidenziali statunitensi del 2016 si stanno plasmando in termini dello stato del paese e del suo ruolo negli affari globali e delle visioni ideologiche espresse da alcuni dei principali candidati di entrambi i partiti.
"Non si può ignorare che siamo arrivati a un momento unico della storia umana. Per la prima volta devono essere prese subito, e non in un futuro lontano, decisioni che letteralmente determineranno le prospettive di una decente sopravvivenza dell’umanità. Abbiamo già preso tale decisione per un gran numero di specie. La distruzione di specie è al livello di 65 milioni di anni fa, la quinta estinzione che pose fine all’era dei dinosauri. Ciò aprì anche la via ai piccoli mammiferi e alla fine a noi, una specie con capacità uniche, compresa disgraziatamente la capacità di una distruzione fredda e feroce.
L’avversario reazionario dell’Illuminismo, Joseph de Maistre, del diciannovesimo secolo, criticò Thomas Hobbes per aver adottato l’espressione dei romani “l’uomo è un lupo per i suoi simili”, osservando che era ingiusta nei confronti dei lupi, che non uccidono per il piacere. La capacità si estende all’autodistruzione, come oggi stiamo vedendo. Si presume che la quinta estinzione sia stata causata da un enorme asteroide che colpì la terra. Oggi l’asteroide siamo noi. L’impatto sugli umani è già considerevole e presto diverrà incomparabilmente peggiore se non si intraprenderemo immediatamente azioni decisive.
Inoltre il rischio di una guerra nucleare, sempre un’ombra sinistra, sta aumentando. Ciò porrebbe fine a qualsiasi ulteriore discussione. Possiamo ricordare la risposta di Einstein a una domanda a proposito di quali armi nucleari sarebbero utilizzate nella prossima guerra. Disse che non lo sapeva, ma che la guerra successiva sarebbe stata combattuta con asce di pietra. Lo studio dello sconvolgente passato rivela che è quasi un miracolo che sin a oggi il disastro sia stato evitato, e i miracoli non continuano per sempre. E che il rischio stia aumentando è sfortunatamente sin troppo evidente.
Fortunatamente queste capacità distruttive e suicide della natura umana sono controbilanciate da altre. Ci sono buoni motivi per ritenere che figure dell’Illuminismo quali David Hume e Adam Smith e il pensatore attivista anarchico Peter Kropotkin avessero ragione nel considerare l’empatia e il reciproco aiuto proprietà chiave della natura umana. Scopriremo presto quali caratteristiche siano in ascesa.
Passando alla tua domanda possiamo chiederci come questi problemi enormi siano affrontati nella baraonda elettorale quadriennale. Il fatto più impressionante è che sono a malapena affrontati, da entrambi i partiti.
Non c’è alcun bisogno di esaminare lo spettacolo delle primarie Repubblicane. I commentatori celano a malapena il loro disgusto e la loro preoccupazione per quello che esso ci dice del paese e della civiltà contemporanea. I candidati, tuttavia, hanno risposto alle domande cruciali. O negano il riscaldamento globale o insistono che non andrebbe fatto nulla al riguardo, richiedendo, in effetti, che ci precipitiamo ancor più rapidamente nel baratro. Nella misura in cui hanno politiche individuabili, sembrano essere intenti a intensificare gli scontri e le minacce militari. Per questi soli motivi l’organizzazione Repubblicana – si stenta a chiamarla un partito politico in qualsiasi senso tradizionale – pone una minaccia di genere nuovo e realmente orribile alla specie umana e alle altre che costituiscono un ‘danno collaterale’ mentre l’intelligenza superiore procede nel suo percorso suicida.
Per quanto riguarda i Democratici c’è almeno un certo riconoscimento del pericolo della catastrofe ambientale, ma pochissimo quanto a proposte politiche reali. Nei programmi di Obama di aggiornare l’arsenale nucleare o su questioni cruciali quali il rapido (e reciproco) crescendo militare ai confini della Russia non sono stato in grado di trovare alcuna posizione chiara.
In generale le posizioni ideologiche dei candidati Repubblicani sembrano essere le solite: riempite le tasche dei ricchi e prendete gli altri a calci in faccia. I due candidati Democratici spaziano dai programmi in stile New Deal di Sanders alla versione “neo-Democratica/moderato-Repubblicana” di Clinton, spostata un po’ a sinistra sotto l’impatto della sfida di Sanders. Sugli affari internazionali e sugli imponenti compiti che abbiamo di fronte, sembra al meglio “la solita storia”."
Secondo te che cosa ha portato all’ascesa di Trump ed è egli semplicemente un altro caso di quei tipici personaggi della destra populista che frequentemente emergono nel corso della storia quando le nazioni affrontano gravi crisi economiche o sono in declino?
"Nella misura in cui gli Stati Uniti vivono un “declino nazionale” esso è in larga misura autoinflitto. Vero, gli Stati Uniti forse non potrebbero conservare lo straordinario potere egemonico del primo periodo post seconda guerra mondiale, ma restano il paese potenzialmente più ricco del mondo, con vantaggi e sicurezza incomparabili, e in campo militare sono virtualmente pari al resto del mondo messo insieme e sono tecnologicamente più avanzati di qualsiasi insieme di rivali.
L’attrattiva di Trump sembra basata in larga misura su percezioni di perdita e di paura. L’assalto neoliberista alle popolazioni mondiali, quasi sempre a loro danno e spesso gravemente, non ha lasciato intoccati gli Stati Uniti anche se essi sono stati in qualche modo più resistenti di altri. La maggioranza della popolazione ha subito stagnazione o declino mentre una ricchezza straordinaria e ostentata si è accumulata in pochissime tasche. Il sistema democratico formale ha sofferto le consuete conseguenze delle politiche socioeconomiche neoliberista, andando alla deriva verso la plutocrazia.
Di nuovo, nessun bisogno di passare in rassegna i tetri dettagli, ad esempio la stagnazione dei salari reali maschili per quarant’anni e il fatto che dall’ultimo crollo circa il 90 per cento della ricchezza creata si è fatto strada verso l’un percento della popolazione. O il fatto che la maggioranza della popolazione – quelli al livello inferiore della scala del reddito – è in effetti privata di voce poiché i suoi rappresentanti ignorano le sue opinioni e preferenze, dando ascolto ai finanziatori super-ricchi e ai mediatori di potere. O il fatto che tra i 31 paesi sviluppati dell’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) gli USA, con tutti i loro considerevoli vantaggi, si classificano quasi al fondo, alla pari con Turchia, Grecia e Messico, quanto a disuguaglianza, scarse provvidenze sociali ed elevato livello di povertà.
In parte i sostenitori di Trump – prevalentemente, pare, di classe medio-bassa, classe lavoratrice, meno istruiti – reagiscono alla percezione, in larga misura corretta, che sono stati semplicemente lasciati ai margini. E’ istruttivo confrontare la scena attuale con la Grande Depressione. Oggettivamente le condizioni degli anni ’30 erano molto peggiori e naturalmente gli Stati Uniti erano allora una nazione molto più povera. Soggettivamente, tuttavia, le condizioni allora erano molto migliori. Tra gli statunitensi della classe lavoratrice, nonostante l’elevatissima disoccupazione e sofferenza, c’era un senso di speranza, una convinzione che in qualche modo ne saremmo usciti lavorando insieme. Era promossa dai successi dell’attivismo sindacale militante, spesso interagente con partiti e altre organizzazioni vivaci di sinistra. Un’amministrazione piuttosto comprensiva rispose con misure costruttive, anche se sempre limitata dall’enorme potere dei Democratici meridionali, che erano disposti a tollerare misure di stato sociale nella misura in cui la disprezzata popolazione nera era emarginata. Soprattutto c’era la sensazione che il paese fosse sulla via di un futuro migliore. Tutto questo oggi manca, in non minor misura a causa dei duri attacchi alle organizzazioni sindacali che sono decollati non appena finita la guerra.
Inoltre Trump attinge considerevole sostegno da nativisti e razzisti; merita di essere ricordato che gli USA sono stati all’estremo, persino oltre il Sudafrica, nella forza della supremazia bianca, come hanno dimostrato convincentemente studi comparativi di George Frederickson. Gli USA non hanno mai veramente trasceso la Guerra Civile e l’orrenda eredità dell’oppressione, per cinquecento anni, degli afroamericani. C’è anche una lunga storia di illusioni circa la purezza anglosassone, minacciata da ondate di immigrati (e dalla libertà per i neri e, in effetti, per le donne, questione non piccola nei settori patriarcali). I sostenitori prevalentemente bianchi di Trump possono vedere che la loro immagine di una società gestita da bianchi (e, per molti, gestita da maschi) si sta dissolvendo davanti ai loro occhi. Vale anche la pena di ricordare che anche se gli USA sono insolitamente sicuri, sono anche il paese forse più spaventato del mondo, un’altra caratteristica della cultura che ha una lunga storia.
Fattori come questi si mescolano in un intruglio pericoloso. Riflettendo semplicemente su anni recenti, in un libro di più di un decennio fa citavo l’eminente storico tedesco Fritz Stern che scriveva nella rivista istituzionale Foreign Affairs di “una discesa in Germania dalla decenza alla barbarie nazista”. Egli aggiungeva, apertamente, che “oggi mi preoccupo del futuro immediato degli Stati Uniti, il paese che diede rifugio ai profughi di lingua tedesca negli anni ‘30”, egli stesso tra questi. Con implicazioni per il qui ed ora che nessun lettore attento potrebbe ignorare, Stern esaminava il demoniaco appello di Hitler alla sua “missione divina” di “salvatore della Germania” in una “trasfigurazione pseudoreligiosa della politica” adattata a “forme tradizionali cristiane”, gestendo un governo dedicato ai “principi basilari” della nazione, con il “cristianesimo come fondamento della moralità nazionale e la famiglia come base della vita nazionale”. Inoltre l’ostilità di Hitler nei confronti dello “stato liberale laico”, condivisa da molto del clero protestante, fece avanzare “un processo storico in cui il risentimento contro un mondo laico disincantato trovava sfogo nella fuga estatica nell’irrazionalità”.
L’eco contemporaneo è inequivocabile.
Tali motivi per “preoccuparsi del futuro degli Stati Uniti” non sono mancati da allora. Potremmo ricordare, per esempio, l’eloquente e pregnante manifesto lasciato da Joseph Stack quando fece schiantare il suo piccolo aereo contro un edificio di uffici ad Austin, Texas, colpendo un ufficio dell’IRS [grosso modo la nostra Agenzia delle Entrate – n.d.t.], suicidandosi. In esso egli tracciava l’amara storia della sua vita di lavoratore che faceva tutto secondo le regole ed era schiacciato, passo dopo passo, dalla corruzione e dalla brutalità del sistema industriale e dalle autorità statali. Parlava in nome di molti come lui. Il suo manifesto è stato prevalentemente ridicolizzato o ignorato, ma andrebbe preso molto sul serio, assieme a molti altri chiari segni di ciò che ha avuto luogo."
Ciò nonostante, Cruz e Rubio mi sembrano entrambi molto più pericolosi di Trump. Li considero i mostri veri, mentre Trump mi ricorda un po’ Silvio Berlusconi. Sei d’accordo con qualcuna di queste idee?
"Sono d’accordo; e, come sai, il paragone Trump-Berlusconi è comune in Europa. Aggiungerei alla lista anche Paul Ryan. E’ dipinto come il pensatore profondo dei Repubblicani, il serio specialista della politica, con fogli di calcolo e il resto dell’apparato dell’analista ponderato. I pochi tentativi di analizzare i suoi programmi, al netto dei numeri di magia regolarmente presentati, concludono che le sue reali politiche consistono virtualmente nel distruggere ogni parte del governo federale che serve gli interessi della popolazione generale, espandendo contemporaneamente l’apparato militare e assicurando che siano serviti i ricchi e il settore industriale: l’ideologia centrale Repubblicana, una volta eliminati i drappeggi retorici."
La gioventù degli Stati Uniti sembra catturata dal messaggio di Bernie Sanders. Quanto bene se la sta cavando?
"Sono sorpreso. Non avevo previsto il successo della sua campagna. E’ comunque importante tener presente che le sue proposte politiche non avrebbero sorpreso il presidente Eisenhower e che sono abbastanza in sintonia con i sentimenti popolari di un lungo periodo, spesso di maggioranze considerevoli. Ad esempio la sua molto derisa richiesta di un sistema nazionale di assistenza sanitaria del genere familiare in società simili è appoggiata oggi da circa il 60 per cento della popolazione, una cifra molto elevata se si considera che la stessa è oggetto di costante condanna e gode di una promozione articolata in misura molto limitata. E tale sostegno popolare risale molto indietro. Negli ultimi anni di Reagan circa il 70 per cento della popolazione pensava che avrebbe dovuto esserci una garanzia costituzionale dell’assistenza sanitaria e il 40 per cento pensava che tale garanzia esistesse già, intendendo che si tratta di un desiderio talmente ovvio che deve essere contenuto in tale sacro documento.
Quando Obama ha abbandonato, senza prenderla in considerazione, l’opzione pubblica [un’assicurazione sanitaria statale concorrente con quelle private ma dello stesso genere – n.d.t.] è stato appoggiato da quasi due terzi della popolazione. E c’è ogni motivo di credere che ci sarebbero enormi risparmi se gli Stati Uniti adottassero i programmi di assistenza sanitaria nazionale molto più efficienti di altri paesi, che hanno circa metà della spesa sanitaria degli USA e generalmente risultati migliori. Lo stesso vale per le sue proposte di imposte più elevate a carico dei ricchi, per l’istruzione superiore gratuita e per altri parti dei suoi programmi nazionali, per lo più riflettenti gli impegni del New Deal e simili a scelte politiche operate nei periodi di maggior crescita successivi alla seconda guerra mondiale."
In quale scenario Sanders ha probabilità di vincere la nomina Democratica?
"Ovviamente ci vorrebbero attività organizzative e d’istruzione molto considerevoli. Ma la mia sensazione, francamente, è che andrebbero indirizzate sostanzialmente allo sviluppo di un movimento popolare che non evapori dopo le elezioni ma che si unisca ad altri per formare il genere di forza attivistica che è stata determinante nell’avviare e portare avanti i cambiamenti e le riforme necessarie nel passato."
Gli Stati Uniti sono ancora una democrazia e, in caso contrario, le elezioni contano davvero?
"Con tutti i loro difetti gli Stati Uniti sono ancora una società libera e aperta, secondo standard comparativi. Le elezioni contano certamente. Secondo me sarebbe un totale disastro per il paese, per il mondo e per le future generazioni se un qualsiasi dei candidati Repubblicani sostenibili arrivasse alla Casa Bianca e sei i Repubblicani continuassero a controllare il Congresso. Per arrivare a tale conclusione è sufficiente considerare le questioni di enorme importanza di cui abbiamo discusso in precedenza, e non è tutto. Per motivi quali quelli cui ho alluso prima la democrazia statunitense, sempre limitata, ha subito una deriva sostanzialmente in direzione della plutocrazia. Ma queste tendenze non sono scolpite nel marmo. Godiamo di un’inconsueta eredità di libertà e diritti lasciataci da predecessori che non si sono arresi, spesso in condizioni molto più dure di quelle che affrontiamo ora. E ci offre ampie opportunità di un lavoro di cui c’è grande bisogno, in molti modi, in attivismo diretto e in pressioni a sostegno di scelte politiche significative, in costruzione di organizzazioni comunitarie vitali ed efficaci, nel rivitalizzare il movimento sindacale, e anche nell’arena politica, dai consigli scolastici ai parlamenti statali e molto altro."

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Truthout
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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