di Donatella Coccoli
Sotto i platani di via Porta Portese a Roma accanto ai banchi delle scarpe e dei vestiti a 5 euro ci sono anche gli studenti della Lip. Un piccolo tavolino con i moduli da firmare e alcune ragazze che fermano con un sorriso i passanti chiedendo: «Volete firmare per il diritto allo studio?». Del comitato promotore della nuova legge di iniziativa popolare per il diritto allo studio fanno parte decine e decine di sigle (qui) che vanno da quelle sindacali della Flc Cgil e Fiom a quelle del mondo studentesco (Coordinamento universitario, Link, Rete della Conoscenza, Uds) da quelle di categoria come le associazioni dei dottorandi e dei ricercatori non strutturati a reti e movimenti come Tilt, Act!, fino ad arrivare ai partiti e forze politiche: Rifondazione comunista, Sel, Sinistra Italiana, Possibile. Partecipano, tra gli altri, anche Arci e Legambiente.
All in è lo slogan della campagna che dovrebbe portare alla raccolta di almeno 50mila firme e il logo è una mano che regge un pocker d’assi. I simboli indicano i servizi che dovrebbero essere garantiti a chi non ha i mezzi per frequentare l’università. Il diritto allo studio è sancito dall’articolo 34 della Costituzione ma come ricorda anche il comitato promotore della Lip, è continuamente disatteso. Le cifre parlano da sole: nell’ultimo decennio si è verificato un calo del 20 per cento di immatricolati, mentre in dieci anni sono “scomparsi” 463mila studenti. A dare un colpo notevole, sono stati i tagli della riforma Gelmini che ha intaccato considerevolmente il Fondo nazionale per le borse di studio, mentre aumentavano le tasse universitarie e le regioni – a cui spetta l’erogazione delle borse di studio – si muovono a macchia di leopardo. Alcune, più virtuose, come l’Emilia Romagna, riescono a garantire totalmente il diritto allo studio, altre, soprattutto al Sud e nelle isole non ce la fanno. Nell’anno accademico 2014-2015 in 40mila sono stati dichiarati idonei a ricevere la borsa ma non l’hanno ricevuta.
E poi l’innalzamento della soglia del certificato Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) ad opera del governo Renzi, più quello Ispe (Indicatore della situazione patrimoniale) sulla situazione patrimoniale ha espulso una fascia maggiore di studenti dal diritto allo studio. Il decreto ministeriale del 23 marzo n.174 ha aggiornato i limiti massimi portandoli a 23mila euro per l’Isee e a 50mila euro per l’Ispe, ma «è a livello nazionale, bisogna vedere come le Regioni riusciranno a recepirlo nei bandi per le borse di studio», dice Irene Ricciuti, studentessa di Giurisprudenza a Bologna, del Comitato promotore, al tavolino per le firme insieme a Marianna Nardi, studentessa di Lettere antiche a Pisa, a Federica Borlizzi, iscritta a Giurisprudenza a Roma Tre e a Alberto Campailla, portavoce di Link.
Nell’affollato clima del mercato di Porta Portese gli studenti hanno scoperto una cosa molto semplice: «La gente sa poco del diritto allo studio», dice Marianna. «I più anziani ricordano il presalario, i più giovani rispondono ‘ma tanto a che serve studia’?». «Per questo motivo occorre fare una mobilitazione e una proposta che parte dal basso», continua Marianna, «per far capire l’importanza dello studio e spiegare che chi è laureato riesce a trovare un lavoro prima di chi si ferma al diploma». Dopo l’uscita pubblica di sabato e domenica, con 50 piazze in tutta Italia, la campagna proseguirà soprattutto nelle università.
Cosa prevede la legge di iniziativa popolare?
Sono 17 articoli molto dettagliati che vanno dalla garanzia del diritto all’assistenza sanitaria gratuita per tutti gli studenti ai trasporti e poi ai requisiti per ottenere le borse di studio, comprendendo anche la definizione dei Lep (livelli essenziali di prestazione). “La soglia Isee viene innalzata per la borsa di studio a 23.000 euro, mentre la soglia Isee per la borsa servizi viene fissata a 28.000 euro”, si legge. Mentre “contestualmente chiediamo l’abolizione dell’Ispe, che con l’introduzione del nuovo calcolo si è rivelato il principale fattore di esclusione dai benefici di Diritto allo studio”. Il Comitato promotore suggerisce anche le risorse per coprire i costi del diritto allo studio. Per la precisione l’articolo 16 prevede un miliardo da reperire con tagli “all’acquisto di nuovi sistemi d’arma” da parte del Ministero della Difesa e 500 milioni tramite “la tassazione sui veicoli automobilistici”.
Fonte: Left
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