La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 11 aprile 2016

Lo scandalo Panama papers è solo la punta dell'iceberg

di Deborah Hardoon
Lo scandalo Panama Papers ha aperto uno squarcio sul torbido mondo degli abusi fiscali. Per oltre quarant'anni, il solo studio legale Mossack Fonseca ha messo in piedi più di 200.000 società di comodo per i ricchi e i potenti del pianeta in paesi dove i loro affari finanziari potevano essere tenuti nella più assoluta segretezza, fuori dalla portata delle autorità fiscali. Nel 2005, nel momento più florido per i suoi affari, Mossack Fonseca è arrivato a costituire più di 13.000 società: praticamente, una ogni dieci minuti.
Panama Papers si sta rivelando come uno scandalo enorme e la portata delle rivelazioni contenute nei file diffusi dai giornalisti investigativi di ICIJ è ancora tutta da scoprire. È sconvolgente pensare che l'inchiesta rappresenti solo la punta dell'iceberg dell'abuso fiscale globale - evasione ed elusione generalizzate che costano ogni anno ai governi, compresi quelli più poveri del mondo, miliardi di dollari di entrate fiscali mancanti.
E pensare che Mossack Fonseca non è nemmeno la più grande società a offrire in totale opacità elaborati servizi e stratagemmi finanziari. È senza dubbio lo studio più rinomato a Panama, ma a livello globale si colloca al quarto posto fra i fornitori di servizi finanziari offshore.
In secondo luogo, non sono solo gli studi legali ad essere implicati in manovre finanziarie opache che possono facilitare l'elusione del fisco. I Panama Papers mostrano come Mossack Fonseca abbia lavorato con oltre 14.000 banche, studi legali, notarili e altri intermediari: di questi, almeno 2.000 risiedono nel Regno Unito, altri 1.200 sono localizzati in Svizzera e più di 400 sono in Brasile.
Più di 500 banche, incluse HSBC, Credit Suisse e UBS, hanno registrato società di comodo con Mossack Fonseca. Scandali precedenti, come il caso LuxLeaks del 2014, avevano a loro volta gettato luce sul ruolo di PriceWaterhouseCoopers, colosso mondiale della consulenza alle imprese, nell'assicurare ai propri clienti - grandi multinazionali - accordi fiscali vantaggiosi con le autorità del Lussemburgo.
Chi vuole occultare il proprio denaro non ha che l'imbarazzo della scelta: tanti i paradisi fiscali fra cui scegliere. Sebbene l'attenzione dei mass media sia ora tutta focalizzata su Panama e sulle Isole Vergini Britanniche, ci sono ben 50 paesi e molte altre giurisdizioni classificati come paradisi fiscali. Alcuni, come Singapore, garantiscono il riserbo sui beneficiari effettivi di beni e società, consentendo agli individui più facoltosi di occultare i propri asset e di evitare di pagare la loro giusta quota di tasse. Altri, come i Paesi Bassi, offrono alle multinazionali la possibilità di ridurre artificialmente le tasse sugli utili, portando a quasi zero le loro aliquote fiscali effettive. E le grandi imprese non si stanno facendo sfuggire l'occasione: nel 2014, gli investimenti aziendali nei paradisi fiscali sono quadruplicati rispetto al 2001.
La realtà è che i Panama Papers, così come i precedenti scandali LuxLeaks e SwissLeaks, offrono soltanto un piccolo assaggio di un problema più grande. Non stiamo parlando di una o due mele marce: quello che abbiamo di fronte è un diffuso abuso di un sistema fiscale globale ormai datato e disarticolato, su cui i governi hanno per decenni chiuso un occhio.
Le implicazioni sono enormi. Quando le aziende o gli individui evadono o eludono le tasse, i governi sono costretti a tagliare servizi essenziali come la sanità e l'istruzione, o a compensare il deficit imponendo tasse più alte alla collettività. In entrambi i casi sono i più poveri a rimetterci. E la forbice della disuguaglianza si allarga.
I paesi poveri sono quelli che risentono in maniera più drammatica degli abusi fiscali. Si stima che il ricorso ai paradisi fiscali sottragga ai paesi in via di sviluppo circa 170 miliardi di dollari di tasse non versate ogni anno. I Panama Papers ci hanno raccontato come in Uganda un'azienda abbia usufruito dei servizi della Mossack Fonseca per tentare di evadere 400 milioni di dollari di tasse: più di quanto il governo ugandese spenda ogni anno nella sanità pubblica. Secondo le analisi di Oxfam, le persone più ricche dell'Africa hanno occultato 500 miliardi di dollari in paradisi fiscali, sottraendo al continente ben 14 miliardi di dollari di tasse non corrisposte: quanto basterebbe per salvare quattro milioni di bambini e per assumere un numero di insegnanti sufficiente a garantire un'istruzione a tutti i bambini africani.
E non finisce qui. Le multinazionali che eludono le tasse acquisiscono un vantaggio competitivo rispetto ai loro concorrenti - le piccole e medie imprese nazionali. Il trasferimento dei profitti e il ricorso ai paradisi fiscali hanno portato alla situazione per cui nei paesi OCSE alcune multinazionali, attraverso una pianificazione fiscale aggressiva, arrivano a pagare appena il 5% sugli utili, mentre le piccole imprese sono costrette a versare un'aliquota che può raggiungere fino al 30%. I paradisi fiscali hanno alimentato una corsa al ribasso che ha comportato negli ultimi anni la riduzione del gettito derivante dalle imposte sulle società - e dunque un calo delle entrate complessive dei governi. Dall'inizio della crisi finanziaria nei paesi OCSE si è registrato un crollo del 20%delle entrate fiscali da imposte sulle imprese.
Il problema è enorme, ma può essere risolto. Recenti leggi e regolamenti sulla trasparenza del settore finanziario, come il FATCA negli Stati Uniti e le nuove regole europee, hanno iniziato a indebolire alle fondamenta il modello che ha funzionato così bene per Mossack Fonseca e gli altri. Queste norme non sono pienamente efficaci né esaustive, ma mostrano che cosa si potrebbe ottenere se soltanto ci fosse la volontà politica.
Data la dimensione globale di questo problema, anche le contromisure più valide potrebbero funzionare soltanto se i governi lavorassero insieme. Altrimenti, se le regole e i controlli si inasprissero solo in un paese, gli elusori sposterebbero semplicemente le loro fortune altrove. I dati rivelati da ICIJ lo mostrano chiaramente: quando le Isole Vergini Britanniche sono state costrette a proibire l'uso delle azioni al portatore - uno schema che consente l'anonimato a persone che detengono quote di una società - le compagnie che vi facevano ricorso sono scomparse dall'arcipelago per ricomparire a Panama che non aveva adottato norme simili.
La fonte dei Panama Papers, chiunque sia, ha fatto un grande favore al mondo. Ha gettato luce su un sistema globale opaco che può e deve essere smantellato. I governi devono agire insieme per porre fine all'era dei paradisi fiscali.

Fonte: Huffington post - blog dellAutrice

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