Intervista a Moni Ovadia di Caterina Pasolini
Le radici dell'odio nei loro confronti sono dentro di noi: nutrite dalla paura dell'altro, per storia e tradizioni. È una realtà che attraversa i secoli". Moni Ovadia, scrittore, attore, regista, ebreo nato in Bulgaria e milanese di adozione non ha dubbi.
Un odio lungo secoli?
"É la storia dell'umanità, la cultura maschile ha odiato temuto e tenuto in soggezione la donna perché portatrice di diversità, poi è toccato agli ebrei, in fuga e nei ghetti per secoli, vittime di maldicenze e persecuzioni perché sentiti estranei e quindi pericolosi. Ora gli ebrei sono diventati più uguali, sono inseriti, non sono più quelli della diaspora. Hanno uno Stato, un governo, un esercito che li difende. I nomadi no".
Rom odiati perché senza storia e difese?
"Non hanno uno Stato, un governo, mai avuto un esercito, né chi racconti all'esterno delle comunità la loro storia. Tranne un bellissimo libro di un rom abruzzese, Spinelli, che narra il loro calvario, dal Medioevo a oggi, con milioni di vittime anche nei campi di concentramento. Dimenticate da tutti".
Ma alcuni rubano, scippano...
"E perché a Napoli o Milano i ragazzini italiani non rubano? Eppure nessuno pensa di incendiare Portici o di mettere il filo spinato. Noi italiani che abbiamo quattro mafie e bruciamo ogni anno miliardi di euro tra criminalità e corruzione puntiamo il dito contro di loro? Ridicolo. Come in ogni popolo c'è l'onesto e l'imbroglione. Eppure, è contro rom e sinti che si scatena il livore, perché diversi, vissuti come nemici, estranei, sconosciuti. Capaci di metterci in discussione".
Vittime dei luoghi comuni?
"Ci sono luoghi comuni sui sinti e rom nomadi e ladri, quando invece la maggior parte è stanziale, ha case e lavora. E luoghi comuni su gli italiani brava gente quando, invece, ormai è provato: hanno fatto massacri in Africa peggio dei nazisti".
Che fare?
"Invece di seguire Salvini che
minaccia di radere al suolo i campi solo perché va a caccia di voti, solleticando la parte più povera e meno colta della popolazione, dovremmo investire soldi, creare incontri, comunicazione, mediazione. Spendere per i poveri, i pensionati italiani ma anche per i rom e sinti".
Fonte: La Repubblica
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