di Anna Maria Merlo
“Non”. Per far ben capire al governo, che finora ha modificato ai margini il testo di legge di riforma del lavoro, alla manifestazione di sabato si sono moltiplicati i cartelli per dire “no” alla legge El Khomri, ma più in generale “no” al precariato diffuso, all’umiliazione sul lavoro che troppi subiscono, a una situazione politicamente bloccata. Un corteo molto fitto – il sesto in un mese – che ha fatto seguito a circa 200 manifestazioni in tutto il paese. Con una tensione palpabile alla manifestazione parigina (ma anche in provincia, a Rennes e a Nantes in particolare), fin dall’inizio, come se ci fossero due cortei, che la polizia ha cercato di separare. Prima del “quadrato di testa”, con il servizio d’ordine che protegge i leader sindacali, un gruppo di giovani e giovanissimi, con cappuccio e foulard sul volto, pronti allo scontro, di fronte a uno schieramento di polizia facilmente interpretato come provocatorio.
E’ il Mili, il Movimento inter-lotte indipendente, nato nell’autunno del 2013, dopo l’espulsione di Leonarda, una liceale kosovara, il primo flop di Hollande. Al grido di “tutti detestano la polizia”, c’è stata una pioggia di petardi e molte torce fumogene, già a Bastille, mentre un elicottero delle forze dell’ordine sorvolava il corteo. Poco prima delle ore 17, a Nation la polizia ha caricato, dopo aver fatto uso di lacrimogeni. Ci sono stati dei feriti, Fo pensa di sporgere denuncia contro il prefetto, per un mantenimento dell’ordine provocatorio: “abbiamo fatto decine di manifestazioni, ma non ho mai visto interventi del genere”.
E’ il Mili, il Movimento inter-lotte indipendente, nato nell’autunno del 2013, dopo l’espulsione di Leonarda, una liceale kosovara, il primo flop di Hollande. Al grido di “tutti detestano la polizia”, c’è stata una pioggia di petardi e molte torce fumogene, già a Bastille, mentre un elicottero delle forze dell’ordine sorvolava il corteo. Poco prima delle ore 17, a Nation la polizia ha caricato, dopo aver fatto uso di lacrimogeni. Ci sono stati dei feriti, Fo pensa di sporgere denuncia contro il prefetto, per un mantenimento dell’ordine provocatorio: “abbiamo fatto decine di manifestazioni, ma non ho mai visto interventi del genere”.
Dietro, la manifestazione tradizionale, le università, i sindacati degli studenti e dei liceali, quelli dei lavoratori (ma non la Cfdt, che ha trattato con il governo per modificare la legge El Khomri e non ne chiede il ritiro), tutte le età erano presenti. “Non ho votato per questo” dice l’ex elettorato di François Hollande. Viene fatto il legame con i Panama Papers. Attac: “occupiamo la Société Générale” la banca francese che risulta più coinvolta nella creazione di società-paravento grazie agli intermediari di Mossack Fonseca. “Questa legge ha scatenato qualcosa, i giovani sono inquieti, bisogna ascoltarli”, afferma una ragazza. Jean-Claue Mailly, segretario di Fo, ricorda che il 28 aprile, cioè pochi giorni prima della discussione della legge El Khomri all’Assemblea, è già prevista un’altra giornata nazionale di protesta.
Poi, in serata, dal “no” si è passati alla discussione: l’appuntamento era di nuovo in place de la République, per un’altra Nuit Debout del 40 marzo, la data del calendario adottato dal movimento iniziato il 31 marzo (ma in realtà nato il 23 febbraio alla Bourse du Travail). Ormai, in una cinquantina di città, grandi e piccole, ci sono riunioni della Nuit Debout, che sta attraversando i confini, ha raggiunto Bruxelles, ma anche la Germania e la Spagna, paese che ha dato l’esempio nel 2014 con gli Indignados e gli inizi di Podemos. Il movimento Nuit Debout era ben presente al corteo, ma distribuito a seconda delle “commissioni”, che si sono costituite a Place de la République, per discutere di tutti i problemi a cui sta facendo fronte la società, per proporre soluzioni. L’obiettivo della Nuit Debout è di “uscire dal circolo ristretto” del militantismo tradizionale. Parlare alla banlieue, per esempio, dove è nato da qualche giorno #Banlieuesdebout, a Montreuil. Sconfiggere la violenza incipiente, per incanalare la rabbia verso proposte concrete. Per il sociologo belga Geoffrey Pleyers “ci sono tutte le condizioni” perché il movimento si radichi: un governo cosiddetto di sinistra che prende decisioni di destra, la forte preoccupazione dei giovani per il loro futuro, Parigi, città globale, dove sono arrivati anche molti spagnoli che hanno vissuto il 15-M, gli Indignados all’origine di Podemos.
Ma, per il momento, Nuit Debout non è ancora matura per una traduzione politica. C’è molta insofferenza verso la politica attuale. “Morte alla politica” diceva un cartello nel corteo parigino. La “casta” è presa di mira. C’è grande diffidenza nei confronti di un possibile “recupero” da parte della politica tradizionale. Anche se Nuit Debout non è spontaneità assoluta, almeno dal punto di vista organizzativo: Attac, il Dal (movimento per il diritto alla casa), Solidaires sono tra le organizzazioni che hanno un’esperienza alle spalle che si sono occupate di chiedere l’autorizzazione al comune di Parigi per occupare la place de la République. Alcuni politici di sinistra si sono fatti vedere in piazza, ma con discrezione (Jean-Luc Mélenchon, già candidato alle presidenziali 2017, Pierre Laurent del Pcf, il nuovo segretario di Europa Ecologia, David Cormand, Olivier Besancenot dell’Npa). Di fronte a questo movimento inedito, il governo non sa come rispondere. Ma la politica tradizionale continua il suo corso: ieri, ci sono state riunioni al Ps per discutere eventuali primarie a sinistra, per le presidenziali del 2017 (persino il Ps non pensa più che Hollande sia il candidato naturale).
Fonte: il manifesto
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