La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 10 aprile 2016

Non è un pianeta per ottimisti

di Pete Dolack 
Cosa c’è che non sappiamo riguardo al riscaldamento globale? Ciò che la scienza effettivamente sa e ciò che può dedurre dallo studio di dati archeologici preoccupa già molto chiunque pensi che l’abitabilità a lungo termine della Terra sia più importante dei profitti a breve termine.
Un dettaglio che può essere stato sottovalutato è quello delle acque di fusione. Lo scioglimento degli strati di ghiaccio, specialmente in Groenlandia e in Antartide, è ben compreso come causa di innalzamento del livello del mare. Ma gli effetti potrebbero non consistere semplicemente in altra acqua aggiunta agli oceani. In questo scenario l’acqua dolce da scioglimento aumenterà ulteriormente il riscaldamento, creando in tal modo un circuito di retroazione che accelererà la perdita di strati di ghiaccio polare accelerando così il ritmo dell’aumento del livello del mare.
Quanto velocemente? Velocemente abbastanza da far innalzare il livello del mare di “parecchi metri”, forse da sei a nove metri, tra da 50 a 150 anni.
Questa predizione misurata di ciò che potrebbe succedere senza una riduzione drastica delle emissioni di gas serra è la conclusione di 19 climatologi da Stati Uniti, Francia, Germania e Cina che hanno studiato l’effetto della crescente fusione dei ghiacci dalla Groenlandia all’Antartide utilizzando simulazioni climatiche, dati paleoclimatici e osservazioni moderne. Il documento, pubblicato in Atmospheric Chemistry and Physics e curato da James Hansen, conclude che è necessaria un’azione rapida a fronte di una “emergenza globale”.
Predizioni di un futuro innalzamento catastrofico degli oceani, con la minaccia di sommergere molte delle più grandi città del mondo, sono ormai lungi dall’essere una novità. Due altri documenti recenti concludono che l’umanità si è già condannata a un innalzamento di sei metri del livello del mare a causa dei gas serra già immessi nell’atmosfera e della ritenzione e successivo lento rilascio di gran parte di tali gas da parte degli oceani mondiali. Uno studio della rivista Science stima che da tale innalzamento saranno inondate più di 444.000 miglia quadrate di terre su cui vivono oggi più di 375 milioni di persone.
Si confronti questo con la noncuranza dei governi mondiali a Vertice sul Clima di Parigi del dicembre 2015. Nonostante applausi tonanti da parte dei media dell’industria i governi si sono impegnati a obiettivi che, anche se conseguiti, determinerebbero un aumento della temperatura globale prossimo ai 3 gradi Celsius entro il 2100, con altri aumenti oltre tale data. Ciò è molto oltre l’obiettivo di 1,5 gradi fissato al vertice. Ma anche i modesti obiettivi effettivi del vertice non sono necessariamente realizzabili poiché il principale meccanismo per indurne il rispetto è la pressione dei pari; non ci sono accordi legali vincolanti.
Circuiti di retroazione accelerano la fusione degli strati di ghiaccio
Il documento dell’Atmospheric Chemistry afferma che il livello del mare è stato a volte da sei a nove metri superiore a quello odierno circa 115.000 anni fa, quando la temperatura media globale “probabilmente era di pochi decimi di grado superiore a quella odierna”. La stabilità dei ghiacci può essere una chiave per interpretare il rapido innalzamento del livello dei mari, scrivono gli autori.
L’immissione di acqua dolce aggiuntiva negli oceani conseguente a un più rapido scioglimento delle calotte riduce la composizione delle acque oceaniche, facendo sì che acqua più calda permanga a profondità inferiori e rendendo così disponibile acqua più calda per sciogliere i ghiacci restanti. Questo impatto aggiuntivo di acqua da scioglimento sul clima globale e le sue conseguenze non sono stati valutati in passato, scrivono gli autori. Essi sintetizzano così la cosa:
“Le nostre principali scoperte riguardano l’effetto dell’acqua da scioglimento sulla stratificazione dell’oceano a elevate latitudini e il conseguente accumulo di calore oceanico che determina lo scioglimento degli strati ghiacciati e un crollo catastrofico delle calotte. La stratificazione è in contrasto con l’omogeneizzazione. Le condizioni invernali in parti dell’Oceano Atlantico settentrionale e ai margini dell’Antartide producono normalmente acqua salata fredda che è sufficientemente densa per affondare nell’oceano profondo, mescolandosi in tal modo e tendendo a omogeneizzare la colonna idrica. L’immissione di acqua dolce da scongelamento riduce la densità dello strato superiore dell’oceano rimescolato dal vento, riducendo in tal modo il ritmo con cui l’acqua fredda superficiale affonda in inverno a latitudini elevate.”
I modelli esistenti, compresi quelli degli autori, sottostimano questo effetto di miscelazione, afferma il documento, e pertanto il riscaldamento antropogenico “può essere più imminente che nel nostro modello”. Indipendentemente dalla tempistica esatta, il punto critico sarà raggiunto:
“Se gli oceani continueranno ad accumulare calore e ad aumentare lo scioglimento di strati di ghiaccio dell’Antartide e della Groenlandia terminanti in mare si raggiungerà un punto in cui sarà impossibile evitare la disintegrazione su larga scala delle calotte con un innalzamento del livello del mare almeno di parecchi metri. I costi economici e sociali della perdita di funzionalità di tutte le città costiere sono praticamente incalcolabili”.
Che cosa potrebbe succedere se la temperatura globale aumentasse di 2 gradi C. rispetto ai livelli pre-industriali? Le possibilità sono:
“Elevate emissioni continue di combustibili fossili in questo secolo si prevede producano (1) il raffreddamento dell’oceano meridionale, specialmente nell’emisfero occidentale; (2) rallentamento della circolazione sull’oceano meridionale, riscaldamento delle calotte e crescente perdita di massa delle stesse; (3) rallentamento e alla fine termine della circolazione sopra l’Atlantico con raffreddamento della regione nord-atlantica; (4) tempeste sempre più potenti; e (5) crescente innalzamento non lineare del livello del mare, fino a diversi metri su una scala temporale di 50-150 anni. Queste predizioni, specialmente il raffreddamento dell’oceano meridionale e dell’Atlantico settentrionale con un riscaldamento marcatamente ridotto o persino con un raffreddamento in Europa differiscono in modo fondamentale dalle valutazioni esistenti circa il cambiamento climatico.”
Un’Europa fredda e arida
Gli autori citano prove che alla fine periodo interglaciale, in cui il livello del mare è ritenuto fosse da sei a nove metri superiore a quello attuale, ci fu uno spettacolare raffreddamento nell’Europa settentrionale, stimato a 3 gradi C. in estate e da 5 a 10 gradi in inverno nella Germania meridionale, accompagnato da quattro secoli di clima arido e da una riduzione delle foreste. Durante il periodo di aumento del livello del mare si ritiene anche che l’Atlantico settentrionale abbia subito tempeste più gravi, con evidenze archeologiche dalle Bermuda e dalle Bahamas usate come prove.
Con l’emergere di un consenso sul riscaldamento globale c’è minore certezza che porre un tetto di due gradi all’aumento della temperatura globale sarebbe “sicuro”; di qui la conclusione a sorpresa del Vertice sul Clima di Parigi di fissare un obiettivo limite di 1,5 gradi. Per conseguire tale obiettivo, tuttavia, sono necessari, come citato in precedenza, tagli alle emissioni di gas serra molto superiori a qualsiasi promessa. Gli studi che indicano che l’umanità si è già condannata a un innalzamento del livello del mare tra sei e nove metri implicano che le temperature aumenteranno di più di 1,5 gradi con il calore generato dai gas serra intrappolato dagli oceani che viene lentamente rilasciato nell’atmosfera nel corso di molti decenni, se non di secoli.
Non c’è alternativa a un enorme cambiamento dell’attività industriale; nessuna quantità di riforestazione può arrivare prossimo a cancellare l’effetto dell’attività industriale.
Il documento di Atmospheric Chemistry termina con questa sobria valutazione:
“C’è una possibilità, un pericolo reale, che consegneremo ai giovani e alle generazioni future un sistema climatico praticamente fuori controllo. Concludiamo che il messaggio che la nostra scienza climatica trasmette alla società, ai decisori delle politiche e al pubblico è questo: siamo in presenza di un’emergenza globale. Le emissioni di CO2 da combustibili fossili vanno ridotte nella misura praticamente più rapida.”
Sfortunatamente viviamo in un sistema economico che richiede costante crescita e non offre lavoro alternativo a coloro i cui posti sarebbero eliminati se dovessimo chiudere le industrie più inquinanti. In uno dei suoi romanzi Arthur C. Clarke scrisse di un mondo del ventitreesimo secolo che avrebbe finalmente eliminato il disordine e l’inquinamento del ventesimo secolo. Triste dirlo, ma lo scomparso maestro della fantascienza era eccessivamente ottimista.

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Systemic Disorder
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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