di Roberto Galante
Parigi sta vivendo in questi giorni una grande mobilitazione cittadina. Tutto ha avuto inizio il 31 marzo, dopo la grande manifestazione unitaria dei sindacati e di tutti i lavoratori contro la riforma del lavoro proposta dal governo. Da allora si sono organizzate queste “notti in piedi”, che gli organizzatori intendono proseguire finché non sarà raggiunto qualcosa di concreto, come il ritiro di questa riforma. Ma chi sono i partecipanti di questa enorme assemblea? Sono studenti, universitari, lavoratori, pensionati, ma ci sono anche bambini e ci sono soprattutto gli immigrati: siriani, sudanesi, iracheni, libici, egiziani, in molti casi persone che hanno rischiato la vita nella traversata del Mediterraneo per poi approdare nei centri di accoglienza in Italia o in Grecia, e infine arrivare in Francia.
Un’Assemblea Generale che si riunisce in Place de la Republique, di sera.
Un’Assemblea in cui chiunque può prendere la parola e parlare di quello che non va, di quelli che sono i problemi della società odierna, di quelle che possono essere le soluzioni da applicare per risolvere questi problemi. Esattamente come accadeva nelle assemblee degli indignados spagnoli, in cui le proposte apprezzate venivano premiate con un applauso mentre quelle respinte ricevevano un pugno alzato. Ma non è l’unica similitudine col movimento spagnolo o con quello di Occupy Wall Street: anche il movimento parigino pensa, come lo pensavano allora gli indignandos spagnoli o i manifestanti di Occupy, che la democrazia sia in grave crisi e che non stia più funzionando in modo corretto, e che non ci sia alcuna speranza di reale cambiamento con questi attuali partiti e con l’attuale classe politica. Una sfiducia concreta, tangibile, pesante, che per la prima volta potrebbe mettere in seria crisi la base dei maggiori partiti francesi, in particolare del partito socialista dato che questo movimento è nato da una costola della sinistra francese in rotta con l’attuale governo socialista di François Hollande.
Un’Assemblea in cui chiunque può prendere la parola e parlare di quello che non va, di quelli che sono i problemi della società odierna, di quelle che possono essere le soluzioni da applicare per risolvere questi problemi. Esattamente come accadeva nelle assemblee degli indignados spagnoli, in cui le proposte apprezzate venivano premiate con un applauso mentre quelle respinte ricevevano un pugno alzato. Ma non è l’unica similitudine col movimento spagnolo o con quello di Occupy Wall Street: anche il movimento parigino pensa, come lo pensavano allora gli indignandos spagnoli o i manifestanti di Occupy, che la democrazia sia in grave crisi e che non stia più funzionando in modo corretto, e che non ci sia alcuna speranza di reale cambiamento con questi attuali partiti e con l’attuale classe politica. Una sfiducia concreta, tangibile, pesante, che per la prima volta potrebbe mettere in seria crisi la base dei maggiori partiti francesi, in particolare del partito socialista dato che questo movimento è nato da una costola della sinistra francese in rotta con l’attuale governo socialista di François Hollande.
Ma sarebbe riduttivo descrivere questa riunione di popolo come la riunione di una sola area politica. Fra i partecipanti si possono trovare non solo i delusi dalla sinistra francese, ma anche elettori conservatori che non si riconoscono nella Le Pen e che non sono soddisfatti del ritorno di Sarkozy. È un movimento che intercetta non solo il momento di sbandamento della società francese ma sottolinea anche il progressivo scollamento fra la politica e la cittadinanza che anche in Francia inizia a farsi sempre più insopportabile. E la reazione di chi va in piazza non è indirizzata verso le ondate di antipolitica che si respirano da altre parti in Europa, la reazione è invece quella di persone comuni che aggiungono un surplus di politica animando dibattiti in piazza sui temi più disparati. Una comunità che su Facebook piace a più di cinquantaseimila persone, con un appello che ha raggiunto le cinquantamila firme.
Un movimento che si è espanso in tutta la Francia, mentre continuano le manifestazioni contro le riforme del governo. Un movimento che ha portato a creare alcune assemblee anche in Spagna, in Belgio, in Germania. Il segretario del Partito Socialista francese, Cambadélis, ha affermato che al momento l’assemblea parigina sembra più assimilabile a Hyde Park che alla Puerta del Sol, facendo un parallelismo con lo Speaker’s Corner presente nel parco inglese e non col movimento degli indignados. Un’assemblea che però genera interesse diffuso, tanto è vero che l’assemblea di domenica scorsa ha visto tra le mille e le duemila persone in piazza, ma anche ottantamila persone connesse su Periscope in diretta. A testimonianza della trasversalità di questa nuova ribellione di piazza di cui dicevo prima c’è anche la Nuit Debout di Nizza, una città che Libération descrive come destrorsa e senza grandi tradizioni di lotte sociali. Un’assemblea che ha sorpreso gli stessi organizzatori cittadini, colpiti dalla grande affluenza che hanno ottenuto. Insomma, ci sono davvero tutti gli ingredienti per far si che questa assemblea permanente diventi qualcosa di più?
La politicizzazione di un movimento sociale è qualcosa che abbiamo già visto in passato. Che questo genere di manifestazioni possano poi dare origine a un vero e proprio movimento politico è una possibilità che si deve tenere in considerazione, ma sembra ancora troppo presto per vedere un’evoluzione simile. Del resto anche il movimento Occupy Wall Street non ha dato poi origine a un partito negli Stati Uniti. Per Pablo Lapuente, spagnolo di 29 anni che studia e lavora a Parigi ed è un “veterano” degli indignados spagnoli, le possibilità di creare qualcosa di simile al movimento spagnolo sono molto alte. Ma c’è anche chi non pensa e non desidera affatto che questo movimento abbia poi uno sbocco nella nascita di una nuova formazione politica. In questo articolo apparso su Bez ad esempio si cita l’economista Frédéric Lordon, che ha partecipato all’assemblea parigina: lui afferma che ricondurre questo movimento all’interno dell’alveo istituzionale sarebbe come decretarne la morte. Altri fanno presente che l’energia presente durante questi incontri è molto forte, ma al momento non è altrettanto forte un contenuto che possa caratterizzare tutto il movimento. Anche su Le Monde si sono chiesti cosa potrà diventare questo movimento provando ad ascoltare le voci di chi è in piazza, e al momento sembra prevalere l’orientamento di considerare queste assemblee come uno spazio per respirare, uno spazio in cui tutti possono dialogare liberamente ma senza l’obiettivo di arrivare alla costituzione di un partito politico. Per molti giovani è solo l’opportunità di poter dimostrare di non essere dei menefreghisti e dei perditempo, come invece furono dipinti in passato da persone che parteciparono ai movimenti del ’68.
Stiamo quindi assistendo all’inizio di un processo che porterà alla nascita di una Podemos francese? Il parallelo con Podemos è molto facile, ma alla fine credo sia sbagliato. E lo è a partire dal fatto che le Nuit Debout sono solo al loro inizio, sono un movimento che si è appena formato ed è appena nato mentre fra l’inizio del Movimiento 15M e la nascita di Podemos sono passati degli anni. I due movimenti condividono una medesima base ideologica: l’indignazione contro il modello economico occidentale, contro la classe politica e contro l’attuale sistema sociale, condividendo anche una latente avversione per la globalizzazione, immaginandone una più etica ed egualitaria. Condividono anche la nascita come organizzazione orizzontale, con una partecipazione diretta di tutte le persone e con una leadership condivisa, ma non hanno una strutturazione simile e tutte le similitudini sul piano dei contenuti rappresentano un processo che è soltanto all’inizio e che potrebbe prendere strade differenti rispetto all’esperienza spagnola. In questo senso la volontà degli organizzatori proprio non esiste, forse perché probabilmente pensano ancora di poter influire sui partiti condizionando il dibattito pubblico. Il Podemos in salsa francese può ancora attendere.
Fonte: glistatigenerali.com
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