di Fabio Sebastiani
Confesso che sono stato tra i firmatari dell’appello per il reintegro dei delegati Fiom di Melfi, colpiti dall’ostracismo dell’organizzazione sindacale. E questo per il semplice motivo che si è sempre detto che il sindacato è “dei lavoratori” e non “per i lavoratori”. Una tesi, questa, sostenuta in più occasioni anche da Claudio Sabattini. Credo che, da questo punto di vista, il regolamento andasse interpretato e non applicato così rigidamente. E comunque, stiamo parlando di Melfi e non della pasticceria “Richetti” di Budrio. Un posto di lavoro dove la sofferenza dei lavoratori è reale. E dove gli strumenti di una vertenzialità reale sono quasi del tutto inesistenti.
Non nascondo che la defenestrazione di Sergio Bellavita, collegata alla vicenda dei delegati, mi ha colpito. Un brivido di freddo, è la parola giusta.
Pensavo ci si fermasse al semplice ammonimento, all’emarginazione politica, ma sempre dentro l’organizzazione. Una pratica molto consolidata in Cgil, che ha dato frutti importanti nel corso dei decenni. Del resto Bellavita era già stato messo fuori dalla segreteria. Lui ha continuato a fare il suo lavoro, peraltro riconosciuto dallo stesso Landini. Pancia a terra e via. Questo “accanimento terapeutico” ha destato un forte scalpore nella sinistra. La notizia, che Controlacrisi ha dato quasi immediatamente all'annuncio di Sergio, ha raccolto in due soli giorni quasi diecimila letture. Cosa avrà mai combinato Bellavita per giustificare tutta questa determinazione da parte della dirigenza Fiom?
Pensavo ci si fermasse al semplice ammonimento, all’emarginazione politica, ma sempre dentro l’organizzazione. Una pratica molto consolidata in Cgil, che ha dato frutti importanti nel corso dei decenni. Del resto Bellavita era già stato messo fuori dalla segreteria. Lui ha continuato a fare il suo lavoro, peraltro riconosciuto dallo stesso Landini. Pancia a terra e via. Questo “accanimento terapeutico” ha destato un forte scalpore nella sinistra. La notizia, che Controlacrisi ha dato quasi immediatamente all'annuncio di Sergio, ha raccolto in due soli giorni quasi diecimila letture. Cosa avrà mai combinato Bellavita per giustificare tutta questa determinazione da parte della dirigenza Fiom?
Coprire tutto con la classica “mancanza di fiducia” non ha alcun senso e fa capire bene poco dell'andamento vero di tutta la storia. Oltre tutto, quando si tratta di dirigenti sindacali e, per di più, rappresentanti di aree che esprimono un certo grado di dissenso, non fa che complicare la situazione, avvelenando i pozzi e gli acquedotti di un bene primario quale quello della democrazia. Chi oserà più esprimere un dissenso in futuro?
Vorrei far notare che al netto delle necessarie differenze e sottigliezze argomentative varie, la Cgil proprio in questo periodo sta varando in pompa magna la “Carta dei diritti”. A leggerla si tocca con mano l’enorme distanza con la realtà e lo scarso spessore delle forze in campo che avranno il compito di far arrivare quel testo fino al porto di appartenenza. E tuttavia si nota che alla base ci sono nobili ragioni di inclusione e tutela. Tutte ragioni che, ovviamente, dopo la vicenda Bellavita finiscono nel cestino.
Non ci sono dubbi, la Fiom sta attraversando un periodo molto difficile. La coalizione sociale ha il fiato corto. E il rischio di emarginazione dalla contrattazione è reale. La crisi economica sta facendo un "lavoro sporco", perché sta cambiando il volto della classe lavoratrice. La Fiom aveva capito per tempo che la "metallica certezza" delle fabbriche stava trasformndosi, cambiando il proprio stato fisico. Un processo reale e profondo con il quale si riescono a fare i conti solo se il richiamo al sindacato dei lavoratori e alla coalizione degli sfruttati si porta avanti altrettanto realmente e profondamente senza perdersi nelle astratte geometrie dei gruppi dirigenti.
Fonte: controlacrisi.org
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