La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 18 giugno 2016

Ballottaggi, diciamo NO ai rottamatori della Costituzione

di Paolo Flores d’Arcais
Si vota per eleggere solo i sindaci, la "politica" non c'entra, sentiamo dire dalla corte renziana. Si vota anche per eleggere i sindaci, certamente. Ma non solo. Ci vuole una dose industriale di ingenuità per nascondersi che al ballottaggio voteremo per eleggere un sindaco e per (o contro) la Costituzione, quella che porta le firme del comunista Terracini (Presidente della Costituente) e del democristiano De Gasperi (Presidente del Consiglio) e l'impronta decisiva di Calamandrei e dei valori azionisti di "giustizia e libertà".
 Sceglieremo un sindaco, e insieme affermeremo se intendiamo che la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza venga realizzata (o almeno, giorno per giorno, approssimata asintoticamente) o venga sfigurata irrimediabilmente (oltretutto con controriforme pasticciatissime: abolire il Senato aumentando, con la legge elettorale e altre misure, le garanzie per le opposizioni, e accrescendo di molto il quorum per gli istituti di garanzia, Corte e Presidente, sarebbe stata una riforma, tenerlo in vita con nominati degli enti locali – tutti rigorosamente "immuni" dall'arresto – e una dozzina di modalità di intervento secondo la natura delle leggi in discussione, significa solo dare lavoro infinito agli azzeccagarbugli dei ricorsi).
Perché è certo al 101per cento che il giorno dopo il voto gli eventuali sindaci renziani cominceranno a concionare per il "Sì", forti dell'alone della fascia tricolore. E di fronte a quest'arma che viene data ai rottamatori della "Costituzione più bella del mondo" (forse una esagerazione, ma non di molto: alla pari con quella americana) l'elettore che si sente di sinistra è sicuro almeno che sul piano amministrativo Fassino sia incomparabilmente migliore di Chiara Appendino e Giachetti di Virginia Raggi? È vero che la fede muove le montagne, ma i programmi e gli assessori che le due candidate del M5S stanno cercando di coinvolgere raccontano la storia opposta: solo loro possono rappresentare una speranza amministrativa che non sia a vantaggio dei soliti privilegiati, banche sanpaole e palazzinari caltagironi in primis.
Ecco perché resta per me incomprensibile che anche un solo comandante partigiano o un costituzionalista di rango, e insomma un qualsivoglia amico della Costituzione cui dobbiamo tutte le nostre libertà e i nostri diritti, possa contribuire con il suo voto alla propaganda con cui gli eventuali sindaci renziani, facendosi tronfi della fascia tricolore, cominceranno subito dopo il voto a prenderla a calci e manganellate, la nostra Costituzione.
Due giornalisti di sicura imparzialità hanno spiegato sullo scorso numero di MicroMega, sine ira et studio, le ragioni per cui Fassino e Giachetti sono due candidati invotabili, ripercorrendone le biografie politiche. Ripubblichiamo qui in appendice i loro testi. Giachetti non lo conosco personalmente, ma il suo inesausto impegno contro quello che ha sempre bollato come "giustizialismo" (che è poi la pretesa che la legge sia eguale per tutti, in garanzie come in severità, dal primo dei privilegiati all'ultimo degli emarginati) mi basta e avanza. Visto che a Roma la guerra di legalità, una vera rivoluzione giustizialista, contro l'esondazione di malaffare, corruzione, intreccio con la delinquenza, e insomma "mafia capitale", è il primo e imprescindibile compito che condiziona tutti gli altri.
Fassino invece lo conosco da una vita, anche se non ci siamo mai frequentati perché il nostro essere a sinistra non poteva essere più diverso (la sua è una vita di apparatnik quanti altri mai). L'ultima occasione è stata quando è diventato segretario dei Ds (o come si chiamava allora il partito): Andrea Camilleri e io avevamo fatto un appello ai militanti di base perché votassero invece il suo antagonista, Giovanni Berlinguer. Squilla il cellulare: "sono Piero Fassino ...", "Piero, qual buon vento...", "come ti sei permeessooo ..." seguito da una sequela di insulti. A cui ho risposto per le rime e con un bonus, memore della frase preferita del grande Pertini: "a brigante, brigante e mezzo". Dopo avergli sbattuto giù il telefono ho chiamato il direttore della Stampa cui ho chiesto ospitalità per una "opinione" con cui illustrare le ragioni per cui Giovanni Berlinguer era abissalmente da preferire a Fassino: regolarmente uscita due giorni dopo.
Qualche anno fa mi capitò di raccontare l'episodio di sbrodolante arroganza fassiniana a un membro assai noto dell'ordine dei giornalisti (che sembra ora avere molto a cuore, giustamente, la pulizia dei marciapiedi dagli escrementi canini) che era a casa mia per un'intervista assai ampia (forse una ricorrenza della rivista). Espresse invidia perché avevo potuto dargli il fatto suo, perché "noi non possiamo, non sai quanto è insopportabile per suscettibilità (ma credo abbia usato un termine molto più pesante), non immagini le infinite volte che Fassino chiama giornalisti, direttori e anche editori, non appena qualcuno si permette anche la più modesta critica nei suoi confronti".
Spero perciò davvero che chiunque intenda la sinistra come qualcosa di incompatibile con il Pd del "abbiamo una banca" voti per le due candidate del M5S a Roma come a Torino. Regalare anche un solo voto agli aspiranti rottamatori della nostra Costituzione è scelta di cui ogni sincero democratico sono certo si pentirebbe dopo pochi giorni. 

Fonte: MicroMega online 

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