La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 17 giugno 2016

Referendum e vergogna Rai: sette ore al Sì contro un minuto e 19 al No

di Marco Palombi
Sette ore contro un minuto e 19 secondi contando tutti iprogrammi gestiti dai telegiornali Rai (Tg1, Tg2, Tg3 e Rainews) nei 47 giorni che corrono dal 20 aprile al 6 giugno scorso. Le sette ore sono quelle in cui Matteo Renzi ha parlato delreferendum costituzionale di ottobre o è stata riportata la sua posizione sul tema, mentre il minuto e 19 secondi è il tempo che la tv pubblica ha dedicato per lo stesso motivo ad Alessandro Pace, uno dei più importanti costituzionalisti italiani e presidente del Comitato per il No. Questi due dati sono contenuti nelle tabelle (grezze) su cui l’Autorità per le comunicazioni (Agcom) effettua poi le sue rilevazioni e danno l’idea dell’aria che tira nella tv di Statorispetto alla “madre di tutte le sfide”, come la chiama ilpremier, ovvero il voto che tra qualche mese gli italianisaranno chiamati a dare sulla riforma Boschi.
I dati, come detto, sono grezzi: riguardano solo il minutaggio riferito alreferendum costituzionale. In gergo viene rilevato il “tempo di parola” (quello in cui il soggetto parla) e il “tempo di notizia” (quello in cui si parla di ciò che ha detto o fatto il soggetto): la somma dei due è il cosiddetto “tempo di antenna”, quello che Renzi ha avuto per 7 ore e Pace per 79 secondi.
Martedì le opposizioni avevano chiesto un’audizione del direttore generale Rai, Alessandro Campo Dall’Orto, per chiedergli conto dell’occupazione di governo e sostenitori del Sìdelle reti Rai (con annesso bavaglio al No); ieri le tabelle dell’Agcom – che Il Fatto ha potuto visionare – hanno dimostrato che non si trattava di un vaneggiamento. Ovviamente, i dati sono grezzi: il tempo di notizia, in particolare, andrebbe analizzato secondo criteri oggettivi, ma la “preferenza” accordata al Sì è patente. Restando al tempo di antenna, oltre alle 7 ore di Renzi, va segnalata l’ora e 25 minuti appannaggio di Maria Elena Boschi e i 36 minuti di Giorgio Napolitano.
Il costituzionalista Pace, come detto, ha avuto un minuto e 19 secondi, mentre il capofila del fronte del No (finché non cambia idea) è Silvio Berlusconi con 55 minuti di presenza in Rai, più del doppio dei venti minuti di Luigi Di Maio del direttorio 5 Stelle, a sua volta imparagonabilmente più seguito dell’ex vicepresidente della Consulta Valerio Onida.
Più affidabili, quanto a significato politico ed editoriale, sono i dati del “tempo di parola”, cioè quanto effettivamente i variprotagonisti hanno parlato del referendum. La classifica per il periodo 20 aprile-6 giugno è questa: primo Renzi con 1 ora e 40 minuti; segue Boschi con 33 minuti; poi Berlusconi con 27 minuti, Napolitano con 19 e Gianni Cuperlo (minoranza Pd, schierato per il Sì) con 16 minuti, Di Maio con 13, Brunetta con 10. Il primo “tecnico”, per così dire, è Onida (7 minuti e 50 secondi). Carlo Smuraglia, partigiano e presidente dell’Anpi, più volte insolentito dalla ministra Boschi, ha avuto tre minuti e mezzo per replicare.
Il conteggio supera di parecchio i cento nomi e sigle, fino alleminuzie tipo i 18 secondi a testa strappati dai renziani Alessia Rotta e Ernesto Carbone o i 13 della grillina Carla Ruocco. Le tabelle dell’Agcom, però, forniscono pure l’interessante dato percentuale del “tempo di parola” nei programmi giornalistici della Rai. Qui il dominio del governo e dei sostenitori del Sì si fa più evidente del puro minutaggio: il solo presidente delConsiglio, infatti, ha accumulato il 26,3% di tutte le dichiarazioni in merito al referendum costituzionale nei 47 giorni presi in considerazione.
Tradotto: per oltre un minuto ogni quattro, se qualcuno stava parlando di referendum in Rai, si chiamava era Matteo Renzi. Buona seconda Maria Elena Boschi, che ha collezionato il 9% del tempo di parola nella tv di Stato. La trimurti delle riforme si completa con Giorgio Napolitano, quarto classificato, col 5% del microfono di viale Mazzini: i tre assieme fanno oltre il 40% del “tempo di parola” in Rai sulle riforme. Se si tiene conto di tutti i personaggi apertamente schierati per il Sì si arriva ail 54% del totale, a cui va aggiunto un 10% circa dedicato alle cariche istituzionali (Boldrini e Grasso) e alla sinistra Pd(schierata per il Sì, ma tiepidamente).
Il conto del No – in cui domina Forza Italia (Berlusconi ha il 7,3% del tempo di parola, Brunetta il 2,8%) – arriva al 33% contando però tutta una serie di mini-dichiarazioni di pochi secondi. I “professori” del No, cioè quelli che stanno raccogliendo le firme per chiedere il referendum, in questocalderone sono praticamente annullati: tutti insieme non arrivano al quarto d’ora. Se non è un bavaglio, gli somiglia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano 

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