La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 20 giugno 2016

Riflessioni non politicamente corrette sulla Brexit

di Roberto Savio
Consentitemi un raro aneddoto personale. Nel 1965 incontrai Lord Hume, che aveva appena lasciato la carica di Primo Ministro e avvertimmo una reciproca simpatia. Lord Hume mi invitò a pranzo alla Camera dei Lord. Davanti a una fesa estremamente deliziosa di agnello scozzese gli chiesi se mi era consentito porgli una domanda complessa. Gli spiegai che avevo iniziato la mia carriera professionale da cremlinologo, esperienza che mi era servita bene per seguire la politica estera britannica. Un giorno Londra guardava all’Europa come sua bussola e un altro giorno a Washington. Tutto questo sulla base di piccoli segnali, difficili da individuare. Poteva Sua Signoria spiegarmi come affrontare questo dualismo?
La risposta di Lord Hume fu che solo un cittadino britannico poteva comprendere il dualismo e che perciò avrei dovuto cercare di essere britannico per cinque minuti. Poi mi chiese: “Caro concittadino, preferisci essere secondo alla Germania o secondo agli Stati Uniti?”
Tale dualismo spiega perché i britannici, più di altri europei, hanno guardato con costernazione al declino dell’Europa sulla scena internazionale e alla svolta del presidente Obama che ha fatto dell’Asia la sua priorità. L’esortazione di Obama contro la Brexit nella sua ultima visita a Londra ha suscitato un considerevole dibattito. Boris Johnson, il più vistoso promotore della Brexit, ha addirittura detto che Obama, essendo figlio di padre keniota, non ha titolo a dare consigli al Regno Unito.
Ma la Brexit è solo la versione insulare britannica dell’implosione del mondo attuale sotto la paura e l’avidità. Ogni dibattito nel referendum sulla visione, i valori o l’identità dell’Europa è semplicemente inesistente. In Inghilterra il dibattito è sulla paura contro l’avidità. Il campo della Brexit ha lanciato una campagna basata sulla paura. Paura degli immigrati, paura di perdere il controllo dei propri confini, paura di essere subordinati ai capricci di Bruxelles (diffusamente ritenuti quelli della Merkel, e dunque della Germania). Contro ogni realtà la campagna per la Brexit è ora incentrata sulla minaccia di 70 milioni di turchi in grado di entrare in Gran Bretagna a stuprare le donne. Il fatto che non ci sia alcuna possibilità che la Turchia entri nella UE nel futuro prevedibile è ignorata. Dominic Raab, il ministro della giustizia che è a favore della Brexit, ha detto: “Ci sono maggiori prove che l’appartenenza alla UE ci rende meno sicuri. Questo mette a rischio le famiglie britanniche”. I giornali popolari britannici hanno lanciato una campagna incredibile. I britannici potrebbero perdere il controllo delle loro coste. Il loro paese potrebbe essere fuso con la Francia. E Bruxelles vieterà il bollitore, lo strumento indispensabile per il tè quotidiano. Uno studio recente ha rilevato che di 982 articoli relativi al referendum, il 45% parlava dell’uscita e solo il 27% era a favore della permanenza. Boris Johnson, che ha scritto due libri su quanto sia importante per il Regno Unito far parte dell’Europa, e che vantava gli antenati turchi della sua famiglia, è ora saltato nel campo dell’Uscita con il chiaro obiettivo di sostituire Cameron come primo ministro, quando l’attuale dovrà dimettersi dopo aver perso il referendum. Cameron è stato l’ideatore di questo referendum, dunque il suo destino è legato a esso. La campagna di paura usa gli stessi argomenti e la stessa retorica di Trump, Le Pen, Salvini, Wilders, che sono tutti a favore della Brexit. Non ha alcuna vena specificamente britannica.
Se la paura è l’argomento di “Lasciamo l’Europa”, l’avidità è quello della permanenza nel campo europeo. In realtà è anch’essa una campagna di paura. Ma non parla di sicurezza, confini e immigrati. Parla di soldi. Quanti soldi perderebbe la Gran Bretagna se esclusa dal mercato comune (Wolfgang Schaeuble, il ministro tedesco delle finanze, ha dichiarato che non ci sarebbe modo che Londra ricevesse accordi speciali come la Norvegia). Cameron ha tenuto un discorso sulla crisi delle pensioni per i suoi cittadini. Il settore finanziario, le imprese e il settore economico hanno tutti finanziato la campagna per la permanenza, indicando il danno economico che comporterebbe l’uscita dall’Europa. Cameron ha chiamato il sistema economico internazionale, dal FMI alla Banca Mondiale, dall’OCSE al G7, a dimostrare che la Brexit sarebbe un danno non solo per la Gran Bretagna ma anche per l’interna Europa e per l’economia globale. Ma in ogni caso il danno sarebbe maggiore per la Gran Bretagna.
Il problema è che questi argomenti non vanno molto in là presso i britannici. Come nel caso dei sostenitori di Trump, Le Pen e così via, i sondaggi mostrano che sono quelli che si sentono trascurati ed esclusi, che temono per le loro famiglie e il loro lavoro e hanno un livello inferiore di istruzione e di reddito.
Secondo YouGov, il gruppo che si occupa di sondaggi, l’area geografica di più forte sostegno alla campagna per la permanenza resta l’Irlanda del Nord, che ricevono grandi importi di aiuti finanziari, e la Scozia e Londra, due regioni ricche. Più si passa alle regioni meno prospere, come le East Midlands, lo Yorkshire e l’Humberside, o ad aree di grande immigrazione, come l’East Anglia, e più si trova sostegno alla Brexit. E anche i gruppi di età lo confermano. Tra quelli con più di 60 anni, meno istruiti, la grande maggioranza è a favore della Brexit. E quelli sotto i 25 la pensano all’opposto. Il ricordo della Seconda Guerra Mondiale, e dunque il principale motivo dell’integrazione europea, mirava a evitare che nuove guerre devastassero l’Europa; ora ciò è svanito.
E’ impossibile dire chi vincerà. I due campi sono così prossimi che ogni sondaggio offre risultati diversi e contraddittori. E durante la mia recente visita sono rimasto impressionato da quanto la campagna della paura stia avendo successo. Nessuno voleva ascoltare l’evidenza. I turchi stavano arrivando.
Non c’è dubbio che la Brexit accelererà il processo di disintegrazione dell’Europa. L’anno prossimo ci saranno elezioni in Francia e in Germania e la Le Pen è oggi in procinto di vincere. Stanno crescendo i partiti populisti, nazionalisti e xenofobi di destra. Guardate soltanto le elezioni italiane, dove il Movimento 5 Stelle si sta avviando a un aumento fenomenale. Nigel Farage, il leader anti-Europa dell’UKIP, ha appena dichiarato al giornale italiano “Corriere della Sera” che Beppe Grillo e lui seppelliranno l’Europa. La Polonia e l’Ungheria saranno felici di continuare il loro corso nazionalista e lo stesso vale per l’Europa orientale. I paesi nordici saranno tentanti di seguire la Norvegia: non dentro la UE ma con un accordo speciale per il commercio e la finanza.
La Scozia e l’Irlanda del Nord hanno un considerevole interesse a restare in Europa, così si ritiene in generale che probabilmente si distaccheranno dall’Inghilterra per essere riammesse nella UE. L’assenza di una campagna attiva del primo ministro scozzese, Nicola Surgeon, è stata interpretata come una manovra machiavellica per far vincere la Brexit ed essere in grado di convocare un nuovo referendum sull’indipendenza. Ciò sarà la fine del Regno Unito e l’Inghilterra perderebbe le sue principali conquiste storiche. Solo il piccolo Galles resterebbe a salvare l’espressione “Regno Unito”.
E’ indubbio che l’Inghilterra soffrirà gravemente. Essere tagliata da un mercato di 500 milioni di persone avrà conseguenze gravi per il suo cruciale settore finanziario e molte imprese internazionali probabilmente lasceranno Londra per restare in Europa (Edimburgo è la candidata più seria). E un’Inghilterra diminuita avrà molto minor peso internazionale, a cominciare dagli Stati Uniti.
Qual è dunque il lato positivo della Brexit? Mentre non ne vedo alcuno per la Gran Bretagna o per l’Europa, essa potrebbe avere una grande influenza sulla marea della storia. Potrebbe far nascere una nuova Europa, molto più omogenea, formata da quella che potrebbe essere chiamata l’Europa Carolingia. Carlo il Grande, nell’ottavo secolo, fu in grado di unificare gran parte dell’Europa e fece della Francia e della Germania le basi del suo Regno. Da imperatore del Sacro Romano Impero egli anche introdusse nell’Impero il sud dell’Europa. L’Impero era basato sui valori della Cristianità, con il forte sostegno del Papa. Questa nuova Europa dovrà discutere valori fondativi per essere realizzabile, oltre le sue basi economiche. E gli errori commessi nell’attuale versione dell’”Europa” dovranno essere discussi ed evitati in quella nuova. Alla fine potrebbe diventare attraente per quelli che sono usciti, che avranno scoperto che l’integrazione è un tema cruciale nel nostro mondo globalizzato.
Ma, aspetto più rilevante, i disordini e il declino dell’Inghilterra dopo la Brexit saranno un messaggio straordinario ad altri paesi europei. Dimostreranno che populismo, nazionalismo e xenofobia, che l’integrazione europea doveva consegnare al cestino della storia, possono essere strumenti utili per vincere le elezioni ma non per governare un paese. L’Inghilterra del passato non tornerà mai e si introdurrà la realtà. Quando l’Inghilterra invase la Cina per obbligare i suoi cittadini a comprare l’oppio dell’Impero Britannico, c’erano 30 milioni di britannici e 323 milioni di cinesi. Oggi la Gran Bretagna ha più di 60 milioni di abitanti, compresi gli immigrati, e la Cina 1.374 milioni. L’Inghilterra doveva essere una culla di democrazia. Se una campagna di paura è in grado di vincere in un paese che si suppone civilizzato, significa che ci vorrà maggiore istruzione per una democrazia vivace.
C’è solo un problema in questo scenario di pensiero speranzoso ed è la Germania cui si riferiva Lord Hume 50 anni fa. La sua Germania dominante, per essere liberi dalla quale la sola via era essere secondi agli Stati Uniti, sarà al suo posto e rafforzata dalla fine del Grande Regno e dall’uscita della Polonia e di altri paesi. La Germania di oggi non è la Germania di Bonn, cofondatrice dell’Europa con statisti quali Konrad Adenauer, Willy Brandt, Helmut Schmidt, Helmut Kohl, che ponevano l’Europa al primo posto nelle loro priorità. La Germania di oggi è la Germania di Berlino con politici fondamentalmente intenti a perseguire priorità tedesche. Dovranno risolvere un problema fondamentale: vogliono governare o vogliono integrare? E la Brexit avrebbe anche il vantaggio di portare questo problema in primo piano.

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: IPS
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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