La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 22 luglio 2016

Per ricordare Max Fanelli portiamo avanti la sua battaglia per l'eutanasia

di Luigi Manconi e Antonella Soldo
Non ho paura di morire, ho paura di vivere anni seppellito vivo nel mio corpo , incapace di comunicare emozioni, pensieri e desideri. Massimiliano Fanelli da molto tempo non aveva voce in gola per parlare, né per deglutire, e nemmeno per respirare. Ogni organo del suo corpo, - a partire da quel febbraio 2013 in cui aveva ricevuto la diagnosi della sclerosi laterale amiotrofica - aveva finito con l'irrigidirsi. Solo all'occhio destro restava una quasi impercettibile possibilità di movimento. E con questo, infatti, muoveva un puntatore su uno schermo per scrivere le ragioni della sua ultima battaglia. Quella per una morte dignitosa, o - come la chiamava Piergiorgio Welby - una morte opportuna.
La madre di Fanelli, in età più avanzata, aveva affrontato la stessa patologia. Per questo, egli conosceva bene quelle sofferenze, sia per chi le patisce sul proprio corpo, sia per chi gli stanno accanto. Per la legge italiana Fanelli avrebbe potuto sospendere, in quanto trattamento sanitario, l'alimentazione artificiale, che consisteva nell'introduzione nel suo corpo di un preparato nutritivo attraverso un tubo impiantatogli nello stomaco. Avrebbe potuto lasciarsi morire di fame e di sete, con atroci sofferenze, come ha fatto nel 2007 Giovanni Nuvoli, anche lui imprigionato dalla sla. Ma questo non riusciva a farlo a sé stesso, né a sua moglie e alle altre persone che gli volevano bene.
Dopo una vita spesa tra il lavoro in una multinazionale e il volontariato in una organizzazione non governativa attiva in Africa, Massimiliano Fanelli non era tipo da arrendersi facilmente. Così decide di avviare la campagna Io sto con Max, e comincia a intrattenere rapporti politici e a pretendere risposte dalle istituzioni. A provare, cioè, nell'immobilità a cui il suo corpo lo costringeva, a smuovere l'immobilità di un paese e di un parlamento che da mesi ignorava una proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall'Associazione Luca Coscioni, e depositata con le firme di oltre 60mila cittadini.
Poi, faticosamente, l'iter della legge è stato avviato, e le commissioni congiunte hanno cominciato l'esame del testo. Faticosamente e lentamente: infatti risale al 3 marzo scorso l'ultima audizione sul tema. Per questa ragione, se si volesse davvero onorare la memoria di un uomo coraggioso, si dovrebbe riprendere la sua battaglia e far procedere quel disegno di legge: in un paese dove l'eutanasia è tutt'ora equiparata all'omicidio volontario o all'omicidio del consenziente, con pene fino a 15 anni; e dove il suicidio assistito, è interpretato come istigazione al suicidio, con pene fino a 12 anni.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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