La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 novembre 2016

Il quesito nascosto del referendum: un Senato incostituzionale contro la democrazia parlamentare?

di Antonio Caputo
L'Economist scrive che: "il presidente del Consiglio avrebbe fatto meglio a battersi per migliori riforme strutturali". "Ogni eventuale beneficio è comunque secondario rispetto ai rischi. In cima a questi - il pericolo che nel tentativo di fermare l'instabilità. Si crei un uomo forte eletto al comando". L'editoriale punta il dito in particolare con la riforma del Senato non più elettivo. "Molti dei suoi membri sarebbero consiglieri regionali e sindaci" quando "regioni e comuni" sono gli "strati di governo più corrotti", concedendo loro anche l'immunità. Questo renderebbe il Senato "un magnete per la peggiore classe politica". Non solo "molti", ma 95 su 100.
Gli altri 5, senza alcun indennizzo, mentre i consiglieri e sindaci senatori part time continueranno a percepirla dagli enti di provenienza, nominati dal presidente della repubblica di turno per i soli 7 anni del mandato presidenziale, siederanno accanto agli altri in un consesso che dovrebbe rappresentare le autonomie locali, come non è, pur essendo stati insigniti della carica per avere illustrato "la patria" per "altissimi meriti in campo scientifico, letterario, artistico".
Ma che c'azzeccano quei presunti meriti con il Molise o il Trentino? È costituzionalmente eversivo inserire nella costituzione modifiche che contraddicono il patto costituzionale. Come il nuovo Senato non eletto dai cittadini e pure legislatore. Una Costituzione è legittima, cioè riconosciuta non solo come situazione di fatto, ma anche quale ordinamento giuridico, quando è riconosciuta forza e autorità del potere costituente sulla cui decisione essa si basa.
Il potere politico democratico è frutto di scelte delle persone, intese come parti del popolo concreto, e delle "formazioni sociali" che lo compongono. Di azioni collettive e individuali, di cittadini elettori "liberi", i cui voti espressi con suffragio universale e diretto si contano, non si pesano e si traducono in rappresentanza.
La democrazia d'investitura, ovvero oligarchia o principato civile della riforma Renzi/Boschi presuppone il potere istituzionale come fatto pre-politico, cioè progettato, finanziato, finalizzato da qualcuno, nell'ombra, e poi "investito", scelto, votato, acclamato, con un delega assoluta, da maggioranze irrazionali ovvero, in forza dello sventurato combinato disposto italicum/deforma Boschi-Renzi, da minoranze iperpremiate da uno smodato, irragionevole e antidemocratico superpremio, che assegna, alla Camera, solo apparentemente elettiva, sottoprodotto in pejus dell'anticostituzionale porcellum, l'intero banco al vincitore della lotteria del ballottaggio; inedito "principato assoluto".
Un disegno di svalorizzazione del cittadino, trasformato in suddito, televidente e alienato, espropriato della sovranità. Sottrarre l'elettorato attivo e diretto del senaticchio del dopolavoro ai cittadini per aumentare la sudditanza del Parlamento verso il Governo, trasformando il rapporto di fiducia in catena di comando, accentuerà drammaticamente la crisi della fiducia dei cittadini in Istituzioni non più rappresentative e il distacco può far collassare la democrazia repubblicana parlamentare.
Chissà se "tornando allo Statuto", scrive Mario Dogliani, "ci saremmo evitati i decenni di fango a cavallo di Otto e Novecento, e il fascismo. Ma proprio questa incertezza (cioè il dubbio che "forse sì") dovrebbe non impedirci di pensare a una forma di governo più rigidamente ispirata al principio della divisione dei poteri, e dunque più "accogliente" per il pluralismo politico e per la libertà e dignità parlamentare: una forma di governo cioè che non trasformi il rapporto di fiducia in una catena di comando del Governo sul Parlamento. È questa la riflessione che deve essere subito avviata".
Col senato non eletto, è pregiudicato il principio stesso di sovranità popolare dell'art. 1, ritenuto ineliminabile dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 18 del 1982, 609 del 1988, 309 del 1999, 390 del 1999 e, da ultimo, dalla sent. n. 1 del 2014, quella che ha distrutto il porcellum, antenato dell'italicum, per cui "la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto [...] costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare".
Un Senato incostituzionale! Che continuerà abusivamente a partecipare alla funzione legislativa, per tutte le leggi anche quelle di futura revisione della costituzione. Meuccio Ruini, presidente del Comitato dei 75 all'Assemblea costituente, soffermandosi sulla portata e contenuto dell'art.1 (La sovranità appartiene al popolo), alla base dello stesso processo costituente, affermava: "La sovranità spetta tutta al popolo" e dunque "il fulcro dell'organizzazione costituzionale", il parlamento, "non è sovrano di per se stesso, ma è l'organo di più diretta derivazione del popolo; e come tale ha la funzione di fare le leggi".
Il contenuto della democrazia non è che il popolo costituisca la fonte storica o ideale del potere, ma che abbia il potere. Chiosando Carlo Esposito, un grande costituzionalista del secolo breve, "non già che esso abbia solo il potere costituente, ma che a lui spettino i poteri costituiti, e che non abbia la nuda sovranità che praticamente non è niente, ma l'esercizio della sovranità che praticamente è tutto".
In questo processo di svalutazione della democrazia parlamentare, evidente secondo l'editorialista dell'Economist, spicca per grado di indeterminatezza logica e confusione semantica il modo, oltre che il come. Come saranno eletti i nuovi senatori del dopolavoro è mistero degno di Eleusi che solo una rediviva Pizia delfica o il salvifico dio heideggeriano può indagare, ma non risolvere.
Misterioso, perché il nuovo art. 57 Cost. contiene previsioni contrastanti, che non potranno essere tutte contestualmente attuate dalla futura legge elettorale. Secondo la Renzi/Boschi, i consigli regionali e delle province autonome "eleggono" al proprio interno i senatori "con metodo proporzionale", "in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi" e tenendo conto che "i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio".
Ma chi decide quali consiglieri saranno senatori? Gli elettori che, secondo il nuovo testo costituzionale, "scelgono" (art. 57, co. 5, Cost.) o i consigli che, sempre secondo il nuovo testo costituzionale, "eleggono" (art. 57, co. 2, Cost.)? O gli elettori scelgono - ma per i sindaci, che non è chiaro se saranno 21 o 22 (tenendo conto o meno di entrambe le 2 province autonome di Trento e Bolzano piuttosto che del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige), è impossibile che lo facciano eleggendo il consiglio regionale - ma allora i consigli si limitano a ratificare; o i consigli "eleggono", ma allora gli elettori danno mere indicazioni e il tutto è una barzelletta.
Delle due l'una: o l'elezione dei senatori-consiglieri si conformerà integralmente al risultato delle elezioni regionali e allora ne costituirà un inutile duplicato oppure se ne distaccherà e allora è violato il principio dell'elettività diretta del Senato sancito dall'art. 1 della Costituzione, oltre che dall'abrogato art. 58 che prevedeva il suffragio universale e diretto per l'elezione dei senatori.
Rimane fermo che il primo senato sarà per intero nominato da poco più di 900 consiglieri regionali, che sceglieranno anche i sindaci, con cui non hanno alcun rapporto se non partitico, per regione da scegliere con "metodo proporzionale" ( a che cosa?). Un pasticcio.
Eversivo del principio posto a fondamento del potere di fare le leggi a far tempo dalle Rivoluzioni, americana e francese e ancor prima con Cromwell, non casualmente compaesano dell'editorialista dell'Economist.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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