La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 10 settembre 2016

Si può parlare alla festa dell'Unità?

di Gigi Riva
Si può vedere il bicchiere mezzo pieno: in Italia esiste ancora una robusta e debordante passione politica.O il bicchiere mezzo vuoto: tanta passione produce una robusta e debordante intolleranza. Ma questo è il commento. La cronaca. Sono stato invitato a moderare, giovedì sera 8 settembre, un dibattito alla festa dell'Unità provinciale di Milano. Ore 21. Spazio “Altiero Spinelli”. Titolo “Il futuro del progetto europeo: speranze, regole visioni”. Sul palco: Massimo D'Alema, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega sull'Europa Sandro Gozi; l'europarlamentare Patrizia Toia; il professor Alberto Martinelli.
Formazione nutrita, persino eccessiva. Di solito se si eccedono i tre relatori si finisce per scontentare tutti a causa del tempo tiranno. Di solito un big come D'Alema sta da solo sul palco con qualcuno che lo intervista. A pensar male si fa peccato, però spesso ci si azzecca. D'Alema è per il “no” al referendum e siamo nella casa del segretario-premier del “sì”. Gozi e Toia sono per il “si”. Anche Martinelli. Il tema è l'Europa ma come è costume in questi incontri estivi alle feste si può spaziare. Noto un certo nervosismo degli organizzatori timorosi della piega che può prendere l'incontro. Li rassicuro. Come succede in democrazia si fanno domande, ci saranno risposte. Punto.
Tutto esaurito. Molta gente in piedi. Il dibattito scorre tranquillo e interessante per un'ora e mezza abbondante. Finché nelle curve finali introduco il tema che buona parte dei presenti (e molti miei colleghi tra il pubblico) aspetta. Il referendum, ovvio. Fino a prova contraria l'Italia è in Europa. Fino a prova contraria spesso si è usato l'argomento per cui le riforme “ce le chiede l'Europa”. Dunque siamo in tema.
Inoltre Matteo Renzi in altre feste, Reggio Emilia, Firenze, poche ore prima e in contemporanea non ha perso l'occasione per attaccare il nemico D'Alema. «Lui e Berlusconi si amano». «Ce l'ha con me perché non l'ho nominato Alto rappresentante per la politica estera europea. Si deve far politica per sentimento non per risentimento». Se non gli facessi la domanda l'Ordine dei giornalisti potrebbe essere autorizzato a togliermi la tessera: abc della professione.
Non appena accenno all'argomento i colleghi e i cameramen sparsi in sala si fanno più vicini. E comincia il caos. Urla, strepiti, il servizio d'ordine che deve allontanare qualche esagitato che vuole impedire a D'Alema di parlare. Devo persino minacciare, in una bolgia da stadio, di chiudere l'incontro. A fatica D'Alema riesce a concludere. Passo la parola a Gozi che pure deve lamentare una contestazione di segno contrario (ma minore) che gli impedisce di esprimersi tranquillamente.
Faticosamente si arriva alla fine. Ma ci sono i supplementari. Mi rincorrono alcuni agitati perché il clima, dopo che si è tanto surriscaldato, fatica a raffreddarsi. Mi lanciano epiteti di ogni tipo. Motivo? Non dovevo permettermi di fare domande sul referendum. Il tema era l'Europa. Questo è pessimo giornalismo. Cioé (chiosa mia): è pessimo giornalismo quello che si permette di fare domande. Gli organizzatori sono spariti, non li vedrò più.
Conclusione: capisco che la posta in gioco è alta: Matteo Renzi ha proclamato che si dimetterà se vincerà il no. Però che desolazione. Che mancanza di rispetto per uno “spazio dibattiti” dedicato al nome di Altiero Spinelli. Che clima cupo da tragedia in quella che si chiama festa. Oltretutto dell' “Unità”. 

Fonte: L'Espresso

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