La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 27 ottobre 2016

F35, una follia lunga vent’anni

Ottanta pagine per fare il punto su “una follia lunga vent’anni”, ovvero il progetto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter-F35. L’opuscolo che esce per le Edizioni dell’Asino (8 euro il prezzo di copertina) ricorda che anche se il 1996 è lontano, non dobbiamo abbassare la guardia: “Sarebbe sbagliato considerare chiusa la vicenda. L’Italia è ancora all’inizio di questa avventura. Di aerei ne abbiamo comprati ancora poche unità. Ne rimangono più di 80 da produrre e acquistare. E 13-14 miliardi di euro da spendere”.
È per questo che Giulio Marcon -a lungo anima della Rete Sbilanciamoci!, oggi deputato di Sinistra Italiana- e Francesco Vignarca -segretario della Rete Disarmo, che sulle pagine di Altreconomia ha pubblicato numerose inchieste sugli F35- accompagnano il lettore in un itinerario tra gli aspetti più controversi dell’affaire Joint Strike Fighter, che è nato sotto governi di centro-sinistra (Prodi, D’Alema) ha attraversato indenne quelli di centro-destra (Berlusconi), ha subito dei ritocchi solo da parte di Mario Monti (quando l’esecutivo riduce il numero di cacciabombardieri da acquistare, e si passa da 131 a 90), e oggi prosegue quasi “invisibile ai radar”, dopo che le mobilitazioni tra il 2012 e il 2014 si sono scontrate con il muro del governo Renzi.
Oggi, nonostante una mozione approvata in Parlamento, che ha come primo firmatario il deputato PD Scanu (c’è il Governo Letta, e ministro della Difesa Mauro), “che impegna a sospendere la produzione e l’acquisto degli F35 in attesa dei lavori di una commissione di indagine conoscitiva che dovrebbe decidere se ne abbiamo davvero bisogno”, si va avanti. “Attualmente -notano i curatori del volume- ne abbiamo prodotti (gli ultimi non ancora completati) ben 9”.
Scorrendo le pagine di “F35, una follia lunga vent’anni” vale la pena sottolineare due aspetti: il primo è che allo stato attuale del Programma Joint Strike Fighter per l’Italia non sono previste penali qualora ne uscisse. Ciò significa che è possibile ritirarsi dall’accordo con un preavviso scritto di novanta giorni da notificare agli altri compartecipanti (e lo scrisse per prima Altreconomia, nel gennaio del 2012). “L’unica condizione è quella di portare a termine il contributo per le fasi sottoscritte. Quindi allo stato attuale l’Italia avrebbe solo perso circa 2,5 miliardi” spiegano i curatori del volume in uscita per le Edizioni dell’Asino.
Il secondo: “gli F-35 sono dei cacciabombardieri, ma non sono degli intercettori: non sono dei sistemi d’arma per la difesa, ma per l’attacco. Sono della tipologia Stealth (pochissimo visibili ai radar), possono volare molto vicini al suolo e possono trasportare ordigni nucleari”.
Le pagine sono arricchite dalle vignette che Mauro Biani ha dedicato agli F35 nel corso degli anni: amare constatazioni, sempre attuali; come quella che vedete qui sotto.

Fonte: Altreconomia.it 

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