La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 ottobre 2016

Verso il referendum in un clima ammorbato da troppe menzogne

di Antonio Caputo
Verso il referendum in un clima ammorbato da troppe menzogne che lasciano il cittadino indifeso. Mentre Roberto Benigni, irresponsabilmente, fa discendere dalla vittoria del No un esito paragonabile al Brexit, Tony Barber editorialista del Financial Times intitola ''Matteo Renzi's reforms are a constitutional bridge to nowhere'' (Le riforme di Matteo Renzi sono un ponte costituzionale verso il nulla). Ecco una prima bugia. Del signor Renzi "che ha criticato il ponte nel 2012 come uno spreco di denaro". Perché? Una risposta, spiega Barber," sta nel rischio che sta correndo come premier per un referendum sulla riforma costituzionale che si terrà il 4 dicembre.
Rilanciando un progetto caro a Berlusconi, il signor Renzi mira a ridurre la possibilità che i fedelissimi di Berlusconi e le altre forze di centro-destra possano farlo cadere nel caso in cui dovesse perdere il referendum.
Con tutto il dovuto rispetto, quello di cui l'Italia ha bisogno non sono più leggi, approvate più rapidamente rispetto al passato, ma meno leggi e migliori. Devono essere scritte con cura, e in realtà applicate, piuttosto che bloccate o aggirate dalla pubblica amministrazione in Italia o da interessi particolari. Le riforme sono legate a una legge elettorale che assegnerà un bonus al partito vincente, consegnandogli una maggioranza per un periodo di cinque anni. Questa riforma, cucinata nel 2014 dal signor Renzi e da Berlusconi, è una riforma pessima.
Nelle capitali europee si ha la sensazione che il signor Renzi meriti di essere sostenuto. Un'Italia senza guida, vulnerabile a una crisi bancaria e alla forza anticasta del movimento 5 stelle, significherebbe guai. Eppure una sconfitta del signor Renzi al referendum non comporta necessariamente instabilità per l'Italia. Una vittoria, d'altra parte, potrebbe mettere a nudo il fatto che l'obiettivo tattico di Renzi di sopravvivere è stato anteposto al bisogno strategico dell'Italia di avere una democrazia sana".
La seconda non verità: "Sulla riduzione del numero dei parlamentari Renzi sta cercando di prendere qualche voto cavalcando i temi dell'antipolitica".
Così il filosofo Massimo Cacciari a La Gabbia Open (La7), che teme per la sorte del parlamento un esito autodistruttivo. La diminuzione del costo è stata stimata dalla ragioneria dello Stato in circa 49 milioni di euro, circa 0.88 centesimi pro capite, meno di un caffè.
Ampiamente compensata, oltre che dal costo fisso delle strutture e relativo personale e dalle indennità a carico dei contribuenti che i senatori del dopolavoro superstiti continueranno a ricevere dai loro consigli regionali e comunali, in Sicilia circa 11mila euro mensili, dal costo variabile di rimborsi e diarie (con la mente a rimborsopoli, Fiorito, mutande, tosaerba e sedute in palestra comprese).
Semplificazione e accelerazione dei tempi parlamentari. Qui la terza bugia è palese. Il ministro Martina ha appena fornito in Tv dati falsi sui tempi di approvazione delle leggi in Italia. Ha detto che la media è di 540 giorni. In realtà (dati Ufficio studi Senato per la XVI legislatura ) è di 53 giorni. Realtà contro riforma che strombazza di volere "una democrazia più veloce". Ma si approva una norma ogni cinque giorni.
Le statistiche ufficiali smentiscono che ci si trovi di fronte a un processo legislativo che impedisce decisioni veloci. I numeri della XVI legislatura (2008-2013) dicono che sono state approvate in tutto 391 leggi: divise per i 1.780 giorni della sua durata, significa una legge ogni 4 giorni e mezzo contando pure i sabati e le domeniche. Di quei 391 testi divenuti legge, peraltro, ben 298 sono di iniziativa governativa e solo 91 frutto di volontà primaria del parlamento (due dalle Regioni): il tempo medio per approvare un disegno di legge del governo tra il 2008 e il 2013 è stato di 116 giorni, e a meno della metà per i molti decreti legge (che vanno convertiti o vanificati entro 60 giorni).
Le proposte dei parlamentari, invece, ci hanno messo in media 442 giorni per vedere la luce. Delle leggi di iniziativa popolare non vi è traccia: mentre la riforma, terza non verità' , promette che verranno tutte quante, in futuro, esaminate dalle Camere.
Peccato che ci sia da attendere una futura legge del parlamento bicamerale e che nel frattempo il numero di firme sia triplicato, da 50 a 150mila, tanto per togliersi nelle more il fastidio anche solo di riceverle. Nell'attuale XVII legislatura, iniziata il 15 marzo del 2013, la situazione è ancora peggiorata quanto al rapporto di forza tra governo e parlamento, a proposito del timore impacciato di Cacciari.
Nei 1.240 giorni fino alle ferie di agosto 2016, il parlamento ha approvato 241 leggi, cioè più o meno una ogni cinque giorni: di queste 196 sono di iniziativa del governo (115 disegni di legge, 68 decreti, 12 leggi di bilancio, un ddl costituzionale), ovvero oltre l'81%.
Venti di queste leggi contenevano deleghe al governo, cioè la rinuncia del parlamento con delega al governo, a legiferare direttamente. Il tempo di approvazione medio è stato di 168 giorni, che scendono a 43 giorni per i 68 decreti e a 52 giorni per le 12 leggi di bilancio. Nello stesso periodo le proposte di iniziativa parlamentare approvate definitivamente sono state la miseria di 43 e con un tempo medio per il via libera di 497 giorni.
Il pesce insomma puzza dalla testa, per tornare a Massimo Cacciari.
Accelerazione e semplificazione del processo legislativo: No grazie. Qui la bugia è mastodontica. La costituzione riformata prevede questi tempi di permanenza dei sindaci e dei consiglieri regionali in funzione di senatori a Roma:
1) Nessun limite di tempo alla presenza a cui sono tenuti i senatori per la discussione e l'approvazione a palazzo Madama delle leggi costituzionali, delle leggi sulla tutela delle minoranze, sui referendum popolari, sull'ordinamento, delle leggi elettorali,delle leggi sugli organi di governo, sulle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane, sulle forme associative dei Comuni, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione delle normative e delle politiche europee e di tutte le altre leggi indicate dall'art. 70, primo comma, che restano di competenza delle due Camere in regime di bicameralismo paritario. Per queste leggi ci vorranno gli stessi tempi e gli stessi passaggi di prima;
2) Termine di 5 giorni entro cui un terzo dei senatori può chiedere di esaminare ogni legge approvata dalla Camera con procedura urgenza perché considerata dal governo essenziale per l'attuazione del suo programma, e di 15 giorni entro cui il Senato può deliberare proposte di modifica (art. 72);
3) Termine di 10 giorni entro cui un terzo dei senatori può chiedere di esaminare ogni altra legge approvata dalla Camera su cui il governo non abbia chiesto l'urgenza, e di 30 giorni entro cui il Senato può deliberare proposte di modifica delle medesime (art. 70, terzo comma);
4) Termine di 15 giorni dalla trasmissione da parte della Camera, entro cui il Senato può deliberare proposte di modifica della legge di bilancio e della legge sul rendiconto consuntivo (art. 70, quinto comma);
5) Termine di 10 giorni dalla data di trasmissione entro cui il Senato dispone l'esame delle leggi che su proposta del governo la Camera abbia approvato su materie riservate alla competenza delle Regioni in forza della clausola di supremazia statale invocata per la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica o la tutela dell'interesse nazionale (art. 70, quarto comma);
6) Termine di 10 giorni dall'approvazione della legge entro il quale un terzo dei senatori può chiedere alla Consulta un giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali di Camera e Senato (art. 73 secondo comma);
7) Termine di 30 giorni dalla presentazione alla Camera dei decreti legge entro il quale il Senato ne dispone l'esame e di dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione entro il quale il Senato può deliberare proposte di modifica;
8) Termine di 15 giorni dalla data della richiesta, entro cui il Senato dovrà rendere il suo parere al governo in tutti i casi in cui esso intenda sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province autonome di Trento e Bolzano e dei comuni adducendo la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica della Repubblica o gli altri motivi indicati dall'art. 120 secondo comma.
È prevedibile, data l'abbondanza e la varietà della produzione legislativa riservata alla Camera, l'ingente numero di leggi rimaste nel regime di bicameralismo paritario, e la frequenza con cui il governo potrebbe appellarsi alla clausola di supremazia, che le scadenze di questi termini si intersecheranno e accavalleranno tra loro, e che per non mancare a queste scadenze il Senato, e perciò i sindaci e i consiglieri regionali che lo formano, dovrebbero sottoporsi a una sorta di ciclo continuo mantenendo una ininterrotta presenza nella capitale, diversamente da quanto invece sarà richiesto ai deputati.
Tutto fuorché semplificazione, accelerazione e superamento razionale del bicameralismo paritario. Come recita l'ingannevole spot pubblicitario che contiene quella illusione,impugnato in giudizio da alcuni cittadini di buona volontà:
"Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?"
Se si volesse per celia rendere pan per focaccia, meglio aderendo all'oggetto della riforma, il contro-quesito immaginario potrebbe essere:
"Approvate il testo della legge costituzionale concernente " Disposizioni per l'attribuzione dell'immunità parlamentare a consiglieri regionali e sindaci, l'ineleggibilità dei senatori, la triplicazione da 50.000 a 150.000 delle firme necessarie per i disegni di legge di iniziativa popolare, la moltiplicazione fino a dieci dei procedimenti legislativi e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione?"
Gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi (che attualmente difendono i ricorrenti messinesi dinanzi alla Consulta nel giudizio per l'incostituzionalità dell'Italicum rinviato sine die il 4 ottobre dalla Corte, così come quello proposto a Torino, primo firmatario Luigi Ciotti) ), nella loro qualità di elettori e di esponenti del Comitato liberali per il No e del coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (movimento cinque stelle) e Loredana de Petris (sinistra italiana-Sel), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, hanno proposto al Tar Lazio ricorso avverso il decreto del Presidente della Repubblica con cui, indicendo il referendum per il prossimo 4 dicembre, è stato tra l'altro stabilito il quesito che dovrebbe comparire sulla scheda di votazione.
Nel comunicato stampa dagli stessi diffuso, si legge che "I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall'art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione "degli articoli" revisionati e di ciò che essi "concernono".
Il quesito referendario predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria.
A parere dei ricorrenti, il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di "spot pubblicitario", tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo che ha preso l'iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale".
Non lo meritano. Parafrasando Barber, l'Italia non merita che "l'obiettivo tattico di Renzi di sopravvivere "venga "anteposto al bisogno strategico dell'Italia di avere una democrazia sana".
Con il Cacciari dell' intervista a La 7 , "ora il problema è il parlamento, il quale sta diventando sempre più l'anticamera del governo. Noi avremo un parlamento che invece di essere la controparte del governo in grado di svolgere un lavoro da tribunato del popolo, sarà un parlamento di rappresentanti del governo"... "Si vogliono cambiare modi di convivenza semplicemente perché occorre prendere decisioni rapide?" Il problema secondo Cacciari - è che" questa sta diventando una "Forma mentis" diffusissima. I tempi della politica non possono essere quelli della finanza, però stanno diventando così diversi che si porrà un problema di crisi della democrazia. Siamo sull'orlo del baratro e parliamo allegramente come fosse una campagna referendaria qualsiasi".
Allegria che sconfina nella irresponsabilità. La menzogna come arte di governo,instrumentum principis , è stata studiata da Nicolo' Machiavelli. Ma qui è un'altra cosa. Di mediceo c'è molto poco.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.