La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 20 novembre 2016

Il monosillabo del rifiuto

di Rosaria Gasparro
Li abbiamo visti all’opera. Conosciamo il metodo e il merito di ciò che fanno. Hanno fatto lo stesso con la scuola. L’hanno distrutta nel suo impianto comunitario, partecipativo e democratico, lasciandola in mano ai dirigenti dal potere discrezionale e sanzionatorio, riducendo al silenzio gli insegnanti che non contano più, che si sono visti sottrarre libertà di pensiero e d’insegnamento, che si sono fatti dividere dalle lenticchie del potere, che nella maggioranza dei casi sono diventati proni e disponibili ad ogni comando.
Esibiscono velocità e spocchia mentre occupano tutti gli spazi della comunicazione. Sostituiscono il dialogo e il confronto con il rumore della propaganda di Stato, agli argomenti preferiscono gli slogan. Parlano di rispetto mentre dileggiano gli interlocutori avversi, mentre infieriscono con la protervia dell’età sugli anziani. Parlano di semplificazione ed efficienza, mentre coltivano il mito del vincitore e del cambiamento come sinonimo di miglioramento, mentre depotenziano la democrazia che sarà d’investitura con il decisionismo dei capi, con il combinato disposto con la legge elettorale che aprirà al premierato e assicurerà ad un solo partito la maggioranza assoluta, con la clausola di supremazia statale, con la soppressione dei contrappesi istituzionali. Parlano di stabilità, in realtà vogliono eliminare le minoranze, le opposizioni interne ed esterne, le intelligenze critiche, non allineate. Parlano di riduzione dei costi della politica che piace sempre a tutti, peccato che hanno avuto la possibilità di ridursi gli stipendi e non l’hanno fatto, un risparmio che si quantifica più o meno nel costo di un caffè a testa. Parlano di procedure snelle, in realtà si moltiplicano fino a dieci i procedimenti legislativi.
Una Costituzione nel segno del comando, autoritaria. Un furto di democrazia. Sovranità in dismissione. Il Senato resta. Solo che non saremo più noi a votarlo. Abuso di potere. Viene rotto il patto di convivenza con una riforma approvata da una minoranza trasformata in maggioranza da una legge incostituzionale. Una riforma ingannevole e divisiva espressione del governo e non del parlamento, passata con canguri, tagliole, ghigliottine e sedute fiume. Una riforma opaca e sospetta che serve al potere per avere più potere, per avere di fatto il regime di un solo partito in un paese a pezzi, prospettiva allettante per i poteri forti. Banche e finanza votano sì mentre chiedono una riduzione dei diritti. Una Costituzione della disunità nazionale. La Costituzione degli oligarchi di Firenze. Niente a che fare con quanto affermava Umberto Terracini, tra i firmatari della Costituzione che ora si vuole cambiare:
«L’Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore».
Parlamento obbediente, debole, ed esecutivo forte. Conteremo sempre di meno. Su ambiente, sanità, energia, infrastrutture strategiche, deciderà lo Stato.Cancellati di fatto i territori. Diventeremo irrilevanti mentre crescerà l’arbitrio del potere.
Non ci credo. Non ho fiducia. Non ho nessuna certezza del mio diritto. Questo governo ha detto infiniti no a noi insegnanti. Non ci ha ascoltati. Ci ha umiliati e offesi. È ora di restituire il nostro monosillabo del rifiuto. E di ricordare, come diceva Carlo Levi, che il futuro ha un cuore antico.

Fonte: comune-info.net 

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