La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 28 dicembre 2016

Né Pd né M5S, esiste un nuovo spazio politico. Intervista a Anna Falcone

Intervista a Anna Falcone di Giacomo Russo Spena 
Quando le si chiede del governo Gentiloni, scuote la testa. Incredula. “Sorprende l’autismo politico che promana la reiterazione di potere: nessuna presa di coscienza del significato del voto del 4 dicembre, nessun cambio di rotta, nessun tentativo di ricucire il rapporto di fiducia con i cittadini perché è quella la prima frattura democratica da colmare per rilanciare il Paese”. Avevamo lasciato Anna Falcone, la combattiva avvocata cassazionista, nella campagna elettorale per il No al referendum sulla Costituzione; la ritroviamo ancora in prima fila all’assemblea del prossimo 21 gennaio quando i “Comitati per il No” proveranno a lanciare una proposta nazionale: “Molti, se non tutti, ci chiedono di andare avanti per rilanciare l’azione politica su un doppio binario: attuazione della Costituzione e riaffermazione dei diritti sociali, a partire dal lavoro.
Per questo abbiamo già annunciato il nostro impegno per il prossimo referendum sul Jobs Act”. Si intravede uno spazio politico tra il M5S e il Pd che nasce dal basso e dalla società civile. Anna Falcone non ha dubbi: “Se la Sinistra è ancora il luogo del futuro, della partecipazione, dell’orizzonte democratico del domani non può sottrarsi a questa sfida, ma deve abbandonare rigidità, frammentazioni e ritualità del passato che l’hanno portata a collassare su se stessa ed a perdere il contatto con buona parte della sua base elettorale”. 
Partiamo dal 4 dicembre. Qual è il segnale principale che si evince da quel voto? Come si spiega una così alta affluenza? 
"I cittadini partecipano al voto quando hanno la possibilità di incidere realmente sulla res publica, così come è stato sulla Costituzione. Al contrario, l’astensione aumenta quando il consenso è direzionato verso opzioni chiuse e non soddisfacenti. Dal 4 dicembre giunge un messaggio di grande partecipazione unito al desiderio di libertà e “liberazione” dalle vecchie pratiche della politica politicante."
Una vittoria della Costituzione ma anche un chiaro segnale politico di sfiducia nei confronti del governo Renzi, il quale è stato costretto a dimettersi. E’ stato un voto politico? 
"Il contesto politico influenza sempre i referendum ma la motivazione principale che ha spinto i cittadini alle urne è stato il voto “per” la Costituzione e non “contro” il governo Renzi. Il nostro “Comitato per il No” ha rifiutato ogni tentativo di strumentalizzazione e personalizzazione politica del voto, respingendo al mittente la strategia renziana e puntando all’informazione sulla riforma e sui suoi effetti di indebolimento del sistema democratico. Ciò detto, è innegabile che il governo Renzi abbia deluso molti prima del voto, per il fallimento delle sue politiche sociali ed economiche, e continui a deludere adesso, per l’assoluta incapacità di fare un’analisi obiettiva e costruttiva della bocciatura referendaria."
Siamo al tramonto del renzismo o è ancora presto per sancire la sua fine? 
"Non so se siamo di fronte al suo definitivo declino, di certo la sua sconfitta non è stata un problema di comunicazione – come sostiene Renzi – ma di contenuti. Aggiungerei di umiltà e di coerenza con la matrice progressista a cui il Pd dice di ispirarsi. Invece di ascoltare la disperazione popolare, si è cercato prima di demolire, con le riforme sul Jobs Act o la “buona scuola”, quei diritti – appunto il lavoro, l’istruzione, la salute – che rendono i cittadini protagonisti e soggetti liberi di uno Stato di diritto, poi di approfittare di quella stessa disperazione per estorcere un voto su una riforma della Costituzione, su cui la propaganda renziana spostava la causa di tutti mali del Paese. Gli italiani non ci sono cascati e, con grande coraggio e dignità, hanno saputo dire No a questa riforma truffa e ne hanno approfittato per rilanciare quei valori costituzionali che rappresentano, al contrario, l’ultimo baluardo per la difesa dei loro diritti sociali, civili e di libertà. Il programma della nostra democrazia è scritto tutto lì."
Il governo Gentiloni è un Renzi bis? E, secondo lei, quanto durerà? 
"Lo è nei fatti e nella fonte da cui promana la sua legittimazione. Del resto, abbiamo sempre sostenuto, e i fatti ci danno ragione, che la vittoria del NO non avrebbe determinato alcun stravolgimento politico: viste le maggioranze in Parlamento e la solida supremazia renziana nel Pd, non sarebbe stato possibile aver alcun governo non sostenuto da Renzi. Siamo alla copia di un vecchio governo caratterizzato sempre dagli stessi limiti. La modernità e il futuro del Paese viaggiano su altre corde e non può che passare dalla progressiva attuazione di una democrazia partecipativa: quello di cui il governo ed i poteri che lo sostengono hanno più paura. Forse hanno ragione."
Passiamo alla legge elettorale. Il Pd ha proposto il Mattarellum, un sistema maggioritario che favorisce le coalizioni. Che ne pensa? La convince la proposta? 
"Sicuramente visto l’esito referendario, il Parlamento ha il dovere di dare agli italiani una legge elettorale nuova che rappresenti un salto di qualità e una discontinuità rispetto al passato. Non più solo e prioritariamente la governabilità – il che sarebbe in contrasto con il principio sostenuto dalla Corte costituzionale nella ormai nota sentenza n. 1/2014 che dichiarato la parziale incostituzionalità del “Porcellum” – ma soprattutto una legge elettorale che responsabilizzi gli eletti nei confronti dell’elettorato, non che ne vincoli il mandato all’obbedienza verso il segretario/presidente del partito da cui dipende la rielezione. E andando oltre, una legge che consenta agli elettori di scegliere i propri rappresentanti e partecipare alla selezione delle candidature. La governabilità passa, innanzitutto, dalla qualità dei nostri rappresentanti e dalla capacità di lavorare insieme per il bene dal Paese, al di là delle convenienze politiche e dai desideri del “capo”."
Il prossimo 21 gennaio si terrà a Roma un’assemblea pubblica nazionale a cui parteciperanno tutti i comitati territoriali del “No" alla riforma. Qual è la proposta politica in discussione? 
"Siamo un’organizzazione plurale e democratica: decideremo insieme su come proseguire e su quali priorità. Insisto: molti, se non tutti, ci chiedono di andare avanti per rilanciare l’azione politica su un doppio binario: attuazione della Costituzione e riaffermazione dei diritti sociali, a partire dal lavoro. Per questo abbiamo già annunciato il nostro impegno per il prossimo referendum sul Jobs Act promosso dalla Cgil."
Un bel salto per i comitati del No: dalla difesa della Costituzione alle questioni riguardanti il lavoro e la precarietà… 
"L’attuazione di un modello pienamente democratico passa dall’attuazione dei diritti fondamentali e dalla garanzia dei diritti sociali, prima ancora che dagli equilibri fra i poteri. Non è un caso che nella Costituzione la parte sul riconoscimento e la tutela di tali diritti, preceda quella sui poteri e l’organizzazione dello Stato: senza i primi non può esservi una declinazione democratica dei secondi."
E’ favorevole all’introduzione del reddito di cittadinanza? 
"Si può discutere sulle forme ma è innegabile che una società fondata, ormai, sulle diseguaglianze e sul tramonto del lavoro come fonte di reddito ed emancipazione sociale non possa fare a meno di misure redistributive della ricchezza, che garantiscano, almeno, la dignità, quando sia tanto pervicacemente inibito il diritto al futuro."
E per quando auspica il ritorno al voto? A settembre, dopo il referendum? 
"Non appena ci sarà una nuova legge elettorale, auspicabilmente ispirata ai principi di cui parlavo sopra, che dia cioè valore alle scelte popolari e spazio ai suoi migliori rappresentanti, non ai più servili vassalli del leader di turno o di altri poteri che ne siano espressione. Però, a meno di una vittoria del Sì al referendum sull’abrogazione del Jobs Act, o di altri scossoni politici, temo non si tornerà a votare prima del prossimo autunno, se non nel 2018."
A livello nazionale il Pd perde consensi e il M5S non sembra approfittare del governo Gentiloni vedendo come si è impantanato a Roma con la sindaca Virginia Raggi: sembrano due soggetti in forte crisi. Pensa che alle prossime elezioni nazionali ci sarà un alto tasso di astensionismo? La gente ormai non è del tutto sfiduciata nei confronti delle istituzioni? 
"Dipende da quanto i cittadini penseranno di poter contare con il prossimo voto politico: se si continuerà a reiterare modelli politici ed elettorali di mera ratifica o investitura di governi preconfezionati e candidati opachi, o che brillano solo per l’altissimo tasso di “fedeltà al capo”, ma il cui valore o passione civile e politica restano ignoti, l’astensionismo non potrà che aumentare."
Per Lei c’è spazio per la nascita di un nuovo soggetto, a sinistra, alternativo sia al Pd che al M5S capace di dare la speranza di cambiamento ai cittadini? 
"La politica non sopporta vuoti, e in questo momento, più che mai, un soggetto che sapesse interpretare la “fame” di diritti, la volontà di partecipazione attiva dei cittadini e selezionare una classe dirigente all’altezza del Paese, avrebbe praterie aperte davanti a sé." 
Che pensa della prospettiva dell’ex sindaco di Milano, Pisapia, di un “campo progressista” capace di dialogare col Pd e far nascere un nuovo centrosinistra nel Paese? I Comitati del NO possono essere attratti da tale progetto? 
"Prima di parlare di progetti, bisogna guardare alla credibilità di chi li propone e agli obiettivi politici reali, quelli, ancora una volta, calibrati sulla riconquista dei diritti, più che sulle strategie di potere. Non è dalla sommatoria di tanti che può nascere una nuova sinistra larga, nei consensi, prima ancora che nel nome, ma dal coraggio di rilanciare battaglie innovative e decise contro un’ideologia – il “turboliberismo” – che ha decapitato libertà e diritti, in nome di un fantomatico progresso materiale, riuscendo solo a distribuire ricchezza per pochi e miseria per tanti. Il declino dello Stato democratico e di diritto è iniziato da lì. Non vedo in quel campo, ancora (forse), tale coraggio."
Infine, qual è il rapporto coi partiti e volti storici della sinistra classica? Non è giunta l’ora che emergano nuove forze dalla società civile? 
"E’ un rapporto di rispetto, ma critico. Siamo tutti consapevoli dei limiti del modello partito che si è sviluppato a dispetto del “metodo democratico” sancito in Costituzione, e delle responsabilità di chi quel modello minimo e ipocritamente insofferente a ogni regolamentazione conforme a Costituzione. Quanto alla società civile, il salto di qualità sta nell’annullare la separazione fra società civile e società politica: la democrazia partecipativa impone un impegno costante di tutti e la fine della delega di potere in bianco che metta nelle mani di pochi le decisioni sul futuro di tanti. Penso sia già emersa una forte volontà di partecipazione, che può convogliarsi in una nuova stagione di attivismo politico, ma serve, adesso, dimostrare di saperla coniugare con un altrettanto grande senso di responsabilità. Sono processi che richiedono tempo e impegno da parte di tutti. Eppure, mai come adesso, è necessario che questo salto di qualità si realizzi."
Adesso Lei è in procinto di partorire ma è proprio sicura che, nei prossimi mesi, non sarà interessata a “scendere in campo”? In molti sembrano volerla tirare per la giacchetta… 
"Sono già scesa in campo. E nel modo, credo, più libero e utile a quella res publica a cui teniamo in tanti, senza paura di definirci indomabili, quanto pragmatici, idealisti. Perché, vede, non c’è niente di più innovativo e rivoluzionario di un ideale, di un impegno condiviso e portato avanti da tanti per cambiare il corso degli eventi e – a volte – della Storia di un Paese. Questo referendum lo ha dimostrato contro ogni previsione. Noi cercheremo di trasformare questa vittoria in un nuovo inizio per la “discesa in campo” non di singoli leader, ma dei cittadini tutti, i veri protagonisti di questa vittoria e gli unici che possono animare, insieme, una nuova stagione politica. Saranno loro, devono essere loro a sceglierne i volti e gli obiettivi che vi daranno corpo e concretezza."

Fonte: MicroMega online 

5 commenti:

  1. Bene mi sembra un'ottima iniziativa se coniugata anche con il mettere sul Web in relazione tutte le Associazioni culturali che convergono su questi obiettivi indicati. La partecipazione se deve essere estesa deve partire con forme di aggregazione sul Web, unitamente mediante adeguate rappresentanza agli incontri diretti che dovrebbero avvenire su base provinciale e poi regionale per poi convergere sul nazionale. Con specifiche regole di funzionamento per assicurare reale partecipazione e necessità di tempi e di delega. La mia associazione Asiter-GeoSoEcoPLanoPolis è pronta ad entrare nell'iniziativa politica. Può essere questo il modo per far crescere la partecipazione e il consenso verso una nuova politica socialcomunista popolare, democratica e partecipata. Le esperienze politiche dal dopoguerra sui governi di sinistra in Italia e in Europa ci hanno fatto capire le difficoltà di unità interna e i grandi impedimenti che la finanza globalizzata, dominata ancora dalle potenze angloamericane, pone ad un'Europa non ancora federata e controllata dalla Germania e dalla Francia.

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  2. Lasciamo stare la sinistra ed ogni altro richiamo alla politica. Essa come tale ha perduto ogni credibilità presso la Cittadinanza (CENSIS 4,1%, I Diamanti 3/5%, al vaffa di Grillo, anticasta e antipolitico, sono andati 8 milioni di voti, astensionismo in crescita, 9 su 10 stanno con Davigo,...), non mitizziamo il basso, lì stanno i numeri, ma non le eccellenze che devono guidare il Paese. Riferiamoci alle eccellenze di cui il Paese può disporre e alla società civile in ansiosa attesa e ricerca di persone credibili a cui affidare il proprio voto, il Paese ed il futuro.

    Nella massiccia partecipazione al voto, vedo una motivazione anticasta in entrambi gli schieramenti: il NO contro Renzi, il suo governo e l'inciucio che ha prodotto quella pessima riforma; il SI per ridurre posti, spese, bicameralismo paritario e rompere l'immobilismo. "Dal 4 dicembre giunge un messaggio di grande partecipazione unito al desiderio di libertà e “liberazione” dalle vecchie pratiche della politica politicante." Come dire "liberarci della casta"!

    La legge elettorale deve rispondere al domanda: "Quale norma induce e costringe a scegliere candidati eccellenti invece che famigli, servi o complici?" Per le mie conoscenze risponde bene l'uninominale di collegio dove la competizione è più tra le persone, ben conosciute nel piccolo collegio di residenza, che non tra i partiti. Col doppio turno si salva sia il pluralismo che la governabilità.

    Sul job act, molto più semplice agire per via di legge (lip) con la Democrazia Diretta Propositiva, artt 71 e 50, che per via referendaria: esito incerto, molto impegnativo per il quorum, tempi lunghi e costi alti.

    Ritorno al voto: che ci sia una Lista Civica Nazionale che porti perfettamente le insegne del COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, per continuare da quel luogo-istituzione l’opera avviata sul territorio e consentire alla politica di rigenerarsi migliore con un po’ di sana astinenza dall’esercizio del potere.

    Lo spazio politico esiste solo per soggetti sociali di cui il Comitato sarebbe un soggetto perfetto per raccogliere l'ansia di affidabilità che l'elettorato testimonia ogni volta che può e come può: indagini demoscopiche, astensionismo, etc.

    Il progetto a cui deve attendere il Comitato, è la sostituzione in Parlamento della mediocrità col rigore morale e culturale: da quel luogo-istituzione discendono i destini di un paese e del suo popolo e non possono starci delinquenti che oggi sono pregiudicati e stanno in galera o macchiette da avanspettacolo.

    Paolo Barbieri

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  3. Credo che ci sia un errore di trascrizione. La frase "una legge elettorale che responsabilizzi gli eletti nei confronti dell’elettorato, nonché ne vincoli il mandato all’obbedienza verso il segretario/presidente del partito da cui dipende la rielezione" dovrebbe esere, per logica: "[...] responsabilizzi gli eletti nei confronti dell’elettorato, ANZICHE' ne vincoli il mandato all’obbedienza ..."

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    1. E infatti ho controllato: il testo su MicroMega dice: "non che ne vincoli..."

      Giuliano

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