La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 aprile 2017

Se Renzi vincerà le primarie del Pd

di Curzio Maltese
È davvero difficile capire perché l'ultimo grande partito rimasto in Italia, il Pd, abbia deciso di suicidarsi e consegnare alle prossime elezioni una larga vittoria al movimento di Grillo&Casaleggio associati. Un suicidio che non sarebbe forse preoccupante per la schiacciante maggioranza degli italiani, ormai disillusi dalle favole dell'era renziana. Se non comportasse anche la perdita dell'ultimo elemento solido della democrazia italiana e il rischio di avviare il paese a una fase weimariana che, combinata con un debito pubblico ormai impazzito (2250 miliardi di euro, con un aumento di 160 nei soli ultimi tre anni) e una perpetua stagnazione produttiva, può condurre al collasso totale.
A meno di sorprese, il 30 aprile Matteo Renzi vincerà le primarie e il Pd si trasformerà definitivamente da ultimo partito plurale e strutturato in un'altra lista personale. Proprio quando gli italiani sembrano aver smesso di credere a questo modello berlusconiano. Per giunta non affidandosi a un leader nuovo e in forte ascesa, come la Lega del primo Bossi o Forza Italia del 1994 o lo stesso Pd alle Europee del 2014, ma a un capo in rapido declino che non ha più un sogno o un progetto da offrire agli elettori, dopo tre anni di narrazioni smentite dai fatti e riforme abortite, culminati con la batosta referendaria. Un leader insomma che in un qualsiasi grande partito europeo dotato di medio buon senso sarebbe stato gentilmente avviato alla panchina di un parco, com'è accaduto a David Cameron, che pure il suo referendum l'aveva perso di poco.
Una volta compiuta la mutazione genetica del Pd in PdR, in maniera del tutto innaturale rispetto ai precedenti partiti personali guidati dai fondatori stessi, Renzi comincerà un allegro tiro al bersaglio contro il già flebile governo Gentiloni per arrivare al più presto a elezioni anticipate e poter distribuire posti in Parlamento alla sua famelica corte di adoratori. Si andrà dunque al voto con sistema proporzionale e una dozzina (almeno) di partiti in Parlamento, tutti nemici di tutti in teoria, ma in pratica disposti a dar vita a due grandi alleanze trasversali. Da un lato il fronte Renzi-Berlusconi, con il condannato e pluri-imputato Denis Verdini come garante: una coalizione di fatto unita nel segno del vecchio programma della Casa della Libertà e dal comune disprezzo per ogni forma di legalità sperimentato nel boicottaggio della legge Severino al Senato. Dall'altro, il fronte sovranista Grillo-Salvini-Meloni, compattato dal "No all'euro", dalle politiche sull'immigrazione, dalla simpatia per l'amabile Putin e dal progetto di costruire un muro sulle Alpi, non tanto per impedire l'arrivo di clandestini, quanto per fermare milioni d'italiani disposti a espatriare anche a dorso di un mulo. Il solenne divieto alle alleanze del M5S sarebbe superato da un referendum indetto da Grillo durante una partita della nazionale ai mondiali e vinto inopinatamente dallo stesso Grillo con il 106 per cento dei voti, poi corretto in un più modesto 93.
A quel punto l'unica speranza sarebbe che nessuna di queste due destre anomale riuscisse a ottenere la maggioranza. L'incubo spagnolo, elezioni ripetute, diventerebbe una buona soluzione. L'Italia tornerebbe più volte al voto, magari perdendo per strada qualcuno di questi formidabili leader e con la possibilità di escogitare nel frattempo una legge elettorale sensata e perfino costituzionale. Il che, per la legge dei grandi numeri, prima o poi dovrebbe verificarsi.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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