La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 aprile 2017

Spie dei diritti umani

di Nicola Perugini e Neve Gordon
Un’affascinante indagine del quotidiano israeliano «Haaretz» rivela come, negli anni Settanta — poco dopo l’occupazione della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme Est — Israele abbia utilizzato alcuni accademici per infiltrarsi in Amnesty International. In sostanza lo Stato è intervenuto nel dare forma all’attivismo per i diritti umani, proprio mentre il discorso dei diritti umani stava diventando una delle forme più popolari di battaglia politica contro le ingiustizie su scala globale. L’articolo di «Haaretz» rivela che Yoram Dinstein, un rinomato studioso di diritto internazionale attualmente professore emerito alla Hebrew University, è stato un agente del Ministero degli Esteri israeliano durante il periodo in cui ha occupato il ruolo di direttore della sezione israeliana di Amnesty International tra il 1974 e il 1976.
Dinstein lavorò a stretto contatto con il vice direttore della sezione del Ministero relativa alle organizzazioni internazionali e ha agito come informatore, manipolando le attività della sezione locale di Amnesty.
Ad esempio, quando un’associazione per i diritti delle donne arabe negli Stati Uniti chiese informazioni sulle detenute e le prigioniere palestinesi, Dinstein scrisse al ministero invitandolo a non rispondere alla richiesta.
Ma il vice direttore del ministero insistette: «Riteniamo di dover rispondere alla lettera e di scrivere che ‘non ci sono prigioniere di coscienza palestinesi nelle nostre prigioni, ma solo terroriste e altre persone sotto processo per aver attentato alla sicurezza dello Stato’».
Inoltre Sinai Rome chiese a Dinstein di inoltrare ai consolati israeliani a New York e Los Angeles tutte le corrispondenze di Amnesty. E Dinstein utilizzò la sua posizione di direttore della sezione israeliana di Amnesty per criticare avvocati come Felicia Langer per le loro attività in difesa dei diritti umani dei palestinesi nei tribunali israeliani. In altre parole Dinstein utilizzò la reputazione di Amnesty International per mettere a tacere le critiche per la violazione di diritti umani rivolte a Israele.
Un collega di Dinstein alla Hebrew University, Edward Kaufman, il quale poi divenne direttore del gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem e il quale è ancora oggi uno strenuo difensore dei diritti umani e un membro attivo dell’industria della pace, è menzionato dall’inchiesta di«Haaretz» come un informatore dello staff del Ministero all’epoca. Anche se viene descritto come un collaboratore meno zelante di Dinstein, in una delle lettere dell’epoca Kaufman viene ringraziato per un report preparato da Amnesty sul tema della tortura risalente al 1973, subito dopo la Guerra del Kippur.
È importante sottolineare che lo scambio tra ministero e Amnesty Israele si mosse su due binari paralleli e fu sia ideologico sia economico. L’inchiesta infatti rivela che Dinstein ricevette soldi governativi per le sue spese, come altri membri dello staff di Amnesty.
Queste rivelazioni suggerisco che già negli anni Settanta, quando i diritti umani erano considerati da molti come un’arma radicale di emancipazione e come uno strumento per la protezione delle libertà individuali contro stati che commettevano violazioni di questi diritti, Israele riuscì a controllare il modo in cui il discorso dei diritti umani veniva utilizzato dalla sezione locale della più importante organizzazione internazionale nel settore. Queste rivelazioni confermano anche che, come abbiamo mostrato in un nostro recente libro, le forme di dominazione statale e le lotte per i diritti umani non sono sempre in antitesi, anzi.
Oggi queste operazioni segrete sono state sostituite da operazioni a cielo aperto. Israele ora reprime tranquillamente, alla luce del sole, le organizzazioni per i diritti umani che denunciano le violazioni sistematiche e le politiche di spossessamento e assoggettamento dei palestinesi. Lo Stato presenta queste organizzazioni come una minaccia alla sicurezza nazionale. In questo nuovo contesto, gli accademici continuano a prendere parte agli attacchi contro le organizzazioni liberali per i diritti umani.
NGO Monitor, ad esempio, analizza i report e i comunicati stampa delle ONG locali e internazionali e investiga i donatori internazionali che finanziano queste organizzazioni.
NGO Monitor è stata creata dal Professor Gerald Steinberg della Bar Ilan University ed è la prima organizzazione israeliana “non governativa” il cui mandato è di reinterpretare le critiche delle organizzazioni liberali per i diritti umani in chiave di minaccia alla sicurezza dello stato. In un articolo intitolato Le ONG fanno la guerra a Israele e in altre circostanze Steinberg ha definito i diritti umani come un’arma contro Israele.
Steinberg e NGO Monitor cavalcano la vulgata conservatrice del dopo Undici Settembre sviluppatasi negli Stati Uniti servendosi del termine lawfare – con cui si intende l’uso dei tribunali da parte di singoli e organizzazioni contro le violazioni statali dei diritti umani messe in atto nel quadro della “Guerra al Terrore”, dall’uso della tortura alle esecuzioni extra-giudiziarie e il bombardamento di infrastrutture civili.
Un membro di NGO Monitor, Anne Herzberg, spiega che “le superpotenze non governative” (così definisce Amnesty e Human Rights Watch) hanno mosso guerra contro Israele in collaborazione con le organizzazioni liberali per i diritti umani israeliane e palestinesi, utilizzando il diritto internazionale all’interno dei tribunali europei, nord-americani e israeliani.
Secondo Herzberg, mentre queste ONG sostengono di combattere per i diritti umani, in realtà «lo scopo ultimo delle loro attività è di promuovere il lawfare per punire le operazioni anti-terrorismo di Israele».
Secondo uno schema simile, Elizabeth Samson, un’avvocatessa specializzata in diritto internazionale alla Bar Ilan University e membro di un think tank di destra, sostiene che coloro i quali utilizzano il lawfare «non combattono un occupante o un attacco militare – essi combattono le forze della libertà, la voce della ragione, e attaccano le persone che possono parlare e agire liberamente».
Gli interessi di questi accademici sono completamente allineati con quelli dello stato. Essi sono preoccupati dal fatto che le prove di violazioni sistematiche messe insieme dalle ONG su scala locale stanno eccedendo i confini del dibattito domestico.
Questi accademici sono preoccupati dal fatto che le accuse di violazione contro Israele si stanno accumulando in un immenso archivio di violenza orchestrata dallo stato – un archivio che non può più essere controllato nello spazio legale, politico e simbolico dello stato. Perciò attaccano le organizzazioni liberali per i diritti umani. 
Anche se le spie dei diritti umani sono ancora in circolazione, oggi come negli anni Settanta, la differenza è che oggi non hanno più bisogno di agire segretamente.

Fonte: lavoroculturale.org

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