La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 1 aprile 2016

La Francia insorge contro il suo Jobs Act. E noi che facciamo?

di Giorgio Cremaschi
La Francia si ferma per un vero grande sciopero generale che blocca il paese per dire no alla Loi Travail, i francesi almeno non usano l’inglese per imbrogliare, l’equivalente transalpino del Jobsact di Renzi.
In primo luogo di fronte a questo sciopero risalta la censura da parte del sistema informativo italiano. A Parigi tutto è fermo,Tour Eiffel e Versailles sono chiuse ai turisti, come farebbero a parlarne i pennivendoli che si mobilitano per una assemblea al Colosseo o una lettera di protesta sulle condizioni di lavoro dei delegati sindacali della Reggia di Caserta? Per la stampa più venduta d’Europa sarebbe difficile spiegare che succede in uno dei paesi guida del continente, meglio tacere.
Ma lo sciopero in Francia non sottolinea solo la miseria del regime renziano e dei suoi imbrogli. Segna anche un giudizio impietoso sullo stato del movimento sindacale e di tutte le forze di opposizione sociale e antagonista. In Italia la legge Fornero ed il Jobsact sono passati tranquillamente, questa è la dura verità. La prima responsabilità di questo va ai gruppi dirigenti di CgilCislUil, che hanno portato i sindacati una volta più forti d’Europa ad essere i più passivi e complici.
Neppure è servita la posizione differenziata della FIOM, che l’attuale gruppo dirigente ha sempre più ridimensionato fino alla auto normalizzazione.
Ma neppure ciò che è fuori dal sistema PD e da quello sindacale confederale è senza colpa. In Francia le divisioni sindacali e politiche a sinistra sono come e più che da noi, ma quando si decidono appuntamenti di lotta sono di tutti, al di là ed oltre le differenze.
Perché non è possibile fare questo qui? Ci si era provato nell’autunno del 2012 e in quello del 2013, ci furono allora grandi mobilitazioni che hanno visto assieme antagonismo sociale, sindacalismo non allineato, sinistra radicale. Poteva essere un avvio, è stata una fine.
Il 18 marzo alcuni sindacati di base hanno fatto uno sciopero meritorio contro la guerra e l’attacco ai diritti sociali, ma lo hanno deciso da soli senza neppure provare a coinvolgere altri. Lo stesso si può dire per altre mobilitazioni. Ripeto la domanda, perché in Italia non si possono decidere vere mobilitazioni comuni per dare più forza a tutti? Perché non si si possono decidere giornate di lotta ove ognuno va con la sua piattaforma e identità, magari fa anche la sua specifica manifestazione, però si colpisce assieme il comune avversario? O dobbiamo aspettare il ravvedimento di Cgil CISL Uil, che non pare proprio all’orizzonte?
Io vorrei discutere di questo perché sono stufo che il paese ove una volta tutti venivano ad imparare come si lotta, sia diventato il più passivo e sconfitto d’Europa. Il PD fa il suo mestiere, l’abbiamo capito, ma noi che facciamo?

Fonte: Contropiano.org 

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