La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 2 aprile 2016

Una chiesa carrozzata Bertone

di Il Simplicissimus 
Talvolta i nodi vengono al pettine in modi impensabili e la vicenda del Cardinal Bertone, a volerla vedere in modo non banale, fuori dai facili strilli e dai momentanei attacchi di etica da passeggio dell’informazione mainstream, offre un panorama altrettanto chiaro di quello visibile dall’attico del Cardinale. La vista non scorre sui fascinosi tetti di Roma, ma sul senso di un papato il cui equivoco ha forse raggiunto l’apice, mostrandosi come moderno, ecologico, progressista, votato alla carità, all’accoglienza e alla civilizzazione, persino anticapitalista come una sorta di succedaneo della sinistra in coma profondo, ma che in realtà non fa che sfruttare i canoni della mediaticità (anche rivolgendosi alle grandi società specializzate del settore) per vendere il proprio medioevo, il proprio essere anti liberale a tutto campo, come progresso e come contraltare piscologico a una crisi endemica alla quale peraltro offre buone parole ma fatti zero.
E ripartiamo dall’attico del cardinale che avrebbe utilizzato 400 mila euro della fondazione che gestisce il Bambin Gesù per ristrutturarlo ( fatte salve doppie fatturazioni e manine impreviste): il Vaticano ha aperto – dopo un anno di polemiche – un’inchiesta non a carico del prelato, ma di due ex amministratori dell’ospedale che avrebbero sganciato i soldi. Bertone ha mentito dicendo che non ne sapeva nulla di quei soldi, ma alla fine ha mentito solo per se stesso o anche per evitare una terribile figura al Vaticano? Dopotutto il lussuoso appartamento (uno fra i tanti abitati da cardinali di rilievo) appartiene al Vaticano che alla fine beneficia della ristrutturazione sulla quale non ha avuto nulla dire fino a che la cosa non è divenuta pubblica, così come ad istituzioni vaticane appartengono i soldi raccolti col sistema del fundraising dalla Fondazione Bambin Gesù, un sistema di mercato che rifiuta apertamente le offerte singole e nel quale Bertone potrebbe svolgere un’opera di raccolta certamente più ragguardevole rispetto alle “donazioni” che gli sono arrivate. Insomma ci troviamo in realtà di fronte a una vicenda la cui ambiguità si taglia col coltello e che rappresenta l’ennesima risposta mediatica a una situazione che suscita profondo imbarazzo.
Ma è grosso modo una realtà generale: papa Francesco utilizza con dovizia il vocabolario della teologia della liberazione sudamericana, per parere che più popolare di così si muore, ma in realtà è stato uno dei suoi nemici più implacabili, cosa che certo non stupirebbe se si sapesse che Bergoglio è stato membro ai suoi tempi della Guardia di ferro, formazione di estremissima destra anche se in qualche modo affiliata al peronismo e che in seguito, agli inizi degli Settanta, si è legato alla Organizacion Unica del Trasvasamiento Generacional , altra formazione di destra peronista, nata dalle ceneri della prima i cui membri eccellenti sono stati protetti da Bergoglio durante la dittatura militare facendoli assumere dalla Università del Salvador (inteso come Cristo salvatore, non come l’ omonimo Paese centro americano). Una specie di presidio che per sopravvivere si legò strettamente all’ammiraglio Massena, testa pensante della dittatura e che fu utilizzato nel tentativo di distruggere i movimenti della sinistra attraverso un populismo di destra e il trasbordo del peronismo verso il comunitarismo cattolico ( Humberto Cucchetti, edizioni Nuevo Mundo) .
Forse adesso si comprende qualcosa di più di questo papato e della sua misericordia a cominciare dal nome stesso scelto da Bergoglio e naturalmente equivocato dai più come un vago riferimento al poverello di Assisi e dunque come un’implicita polemica verso il capitalismo: pochi sanno che il francescanesimo a suo tempo fu tutt’altro che un nemico dei ricchi. Questa è una leggenda che gli specialisti hanno decostruito da molto tempo ma che rimane tuttavia del tutto sconosciuta al grande pubblico che nessuno ha voglia di risvegliare dal sonno mitologico: Francesco d’Assisi e i suoi seguaci ben lontani dall’essere nemici del capitalismo lo hanno invece sviluppato. L’equivoco è che essi erano nemici della tesaurizzazione sterile del denaro, non certo della sua circolazione e acccumulazione (un testo illuminante, tra gli ultimi in ordine di tempo è di Giacomo Todeschini .Ricchezza francescana. Dalla povertà volontaria alla società di mercato Bologna, il Mulino; traduzione inglese, St. Bonaventure University, New York, 2008; traduzione francese, Verdier, Paris, 2008). Tanto è vero che buona parte del lessico capitalista nasce proprio in ambito francescano.
Adesso forse il film di Bergoglio comincia ad essere più a fuoco: niente cambia rispetto alla cosiddetta “dottrina sociale della Chiesa” che tra vaghezze di ogni tipo è ancorata all’idea di proprietà, senza distinzione tra beni e mezzi di produzione, come una prescrizione dell’ordine divino. Ma come i francescani di settecento anni fa ritiene che essa debba fornire un surplus, un profitto adeguato al rango, solo senza dimenticare completamente i poveri. Tutto qui, scandalosamente tutto qui perché questa dottrina così arcaica comprende i beni comuni e i servizi pubblici che debbono e possono utilizzati in quanto proprietà benedetta da Dio per ottenere il surplus di denaro che spetta e sono comuni solo in quanto utilizzati dal popolo e in qualche caso necessari agli stessi ricchi. Su questo alla fine si fonda il principio di sussidiarietà e in ultima analisi anche quella specie di indefinito rifiuto del mondo moderno nel quale le oligarchie per sopire le inquietudini sociali che vibrano sottopelle, premono l’acceleratore sulle libertà individuali, andando così a confliggere contro il medioevo Vaticano.
Lo sforzo vero non è quello di aggiornare la teologia, ma di costruire una retorica adattabile, camaleontica e attraente, supportata, come nel caso di Bertone, da azioni meno incisive possibili, magari ostica per i vecchi ambienti di tradizione destrorsa che formano il nucleo di pellegrini paganti, ma in procinto di catturare masse più vaste. Insomma nuovi paramenti per vecchie cose, a volte molto vecchie e molto ambigue per esempio sfruttare gli scandali a catena dei preti pedofili per instaurate un legame necessario tra omosessualità e pedofilia o operazioni d’altare per affermare verità inconfessabili come dimostra la prossima beatificazione di padre Léon Dehon (da cui i dehoniani) accanito razzista antisemita e per di più violento antisocialista. Come dire prendere due piccioni con un solo beato. Se nonostante questo spesso sono proprio gli ambienti cattolici a dire cose che il milieu capitalista tenta di nascondere significa che la crisi del mondo contemporaneo, la sua pneumatica vuotaggine di mercato, è molto più profonda di quanto non si avverta o di quanto non appaia sul versante politico. Comunque molto più profonda di papa Francesco.

Fonte: il Simplicissimus 

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