di Fulvio Scaglione
C’è sempre qualcuno che vede altri uomini armati. C’è sempre qualcuno che sente sparare anche in altre zone della città. C’è sempre qualcuno che sente gridare Allah u akbar (Allah è il più grande), anche se quasi nessuno ha mai sentito emettere quel grido da un uomo (si presume arabofono) stravolto dalla furia e impegnato a sparare su persone innocenti e molti non riconoscerebbero la frase nemmeno se pronunciata da un educato muezzin dotato di altoparlante. Da Orlando (Usa) a Nizza (Francia) a Monaco (Germania), passando per tanti episodi precedenti, quante volte abbiamo visto ripetersi questo scenario, prontamente ripreso e senza esitazione alcuna diffuso dai media?
Abbiamo ovviamente delle ottime ragioni, che si chiamano Madrid 2004, Londra 2005, Parigi 2015 e 2016, Bruxelles 2016. Bastano e avanzano per farci vivere coi nervi allo scoperto. Ma ormai è come se avessimo “bisogno” dell’Isis, perché in ogni caso l’Isis ci rende più facile la spiegazione. Dopo tutto, anche se in formato “pseudo”, l’Isis è uno (pseudo) Stato con una (pseudo) capitale, uno (pseudo) capo e uno (pseudo) esercito: è tutto più riconoscibile, per i nostri standard e per la nostra cultura. Se poi aggiungiamo Allah, i conti tornano a perfezione.
E’ sicuramente meglio credere di aver udito gridare Allah u akbar che pensare a quale disastro sia stata la gestione dell’ordine pubblico a Nizza, nella notte della Festa nazionale. O a quali tragedie contribuisca, negli Usa, la libera vendita di armi da guerra, accessibili anche ai sospettati di inclinazioni filo-terroristiche com’era lo sparatore di Orlando. O a quanto facilmente sia stata dismessa la motivazione ideologica della strage diAnders Breivik, il terrorista norvegese di destra che uccise 77 persone il 22 luglio 2011 e che il 22 luglio 2016 è stato chiaramente preso ad esempio da Ali Sonboly, il cittadino tedesco di origine iraniana che ha sparato a Monaco. Quando Breivik fece la sua strage, non mancarono giornalisti illustri e politici dotati di seggio, quindi stipendiati con denaro pubblico, che intervennero a difendere non Breivik ma le sue “idee”, come se le idee di un folle potessero definirsi tali.
E’ curioso: l’Isis degli incubi ci tormenta, ma quello reale e concreto ci lascia abbastanza indifferenti. Certo, ne seguiamo le vicende al telegiornale. Ma per battere l’Isis e il presunto Isis che si aggirano per l’Europa, sarebbe necessario eliminare l’Isis che si annida in Siria e in Iraq e stroncare le velleità di coloro che lo aiutano lo armano, lo finanziano. E invece niente, o pochissimo. Pochissimo sul campo di battaglia, dove siamo a due anni pieni di bombardamenti e i miliziani sono ancora là. Hanno preso batoste, hanno perso terreno, ma sono ancora là. Dovrebbero esserci manifestazioni nelle piazze per chiedere ai Governi, per esempio a quelli di Francia e Germania, una vera guerra contro l’Isis. E invece niente, tutti a sentire Allah u akbar a ogni cantone ma nulla più.
Allo stesso modo, intellettuali e giornalisti dovrebbero protestare ogni giorno con appelli e articoli, e le associazioni mobilitarsi, perché Allah u akbar ma nessuno può ragionevolmente credere che sia stato possibile eliminare la Jugoslavia di Slobodan Milosevic in due mesi e in sei mesi rovesciare come un calzino l’Iraq di Saddam Hussein, e in più du due anni non sia stato possibile sradicare l’Isis da un deserto. Paura delle vittime civili? Mah… Nella guerra in Jugoslavia del 1999 i civili uccisi furono oltre 2.500, tra i quali un centinaio di bambini. E la guerra in Iraq del 2003 ha portato con sé molte decine di migliaia di vittime civili. Ci è venuto il cuore tenero proprio adesso? Proprio con l’Isis?
Fonte: fulvioscaglione.com
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.