La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 29 luglio 2016

Un'Europa dei popoli per respingere il ricatto turco

di Rossella Muroni
Nulla sembra fermare la deriva autoritaria di Erdogan, che di giorno in giorno si rafforza dell'imbarazzato e imbarazzante silenzio dell'Unione Europea e dei suoi principali paesi. Qui non è in discussione essere pro o contro il colpo di Stato e men che meno farsi prendere dalle dietrologie per cui Erdogan stesso avrebbe organizzato il tutto. Piuttosto bisogna guardare ai fatti. E i fatti sono che a poche ore dal colpo di Stato fallito il governo turco era in grado diarrestare 15.000 persone, di epurare scuole, università, tribunali, oltre ovviamente all'esercito. È evidente che quelle liste di proscrizione era pronte da tempo. E non possiamo stupircene.
Sono passati solo 3 anni dal movimento di Gezi Park (maggio 2013) e dalle speranze che si erano aperte allora. Tutto è cambiato, stravolto. La democrazia sospesa. I movimenti criminalizzati. La libertà d'opinione e il pensiero critico un delitto. L'integralismo islamico sembra egemone e, ancora una volta, per ragioni che nulla hanno a che vedere con la spiritualità e la religione. E ancora una volta a farne le spese sono soprattutto le donne. Obiettivo in via di realizzazione: annientare il dissenso. Non basta essere stati eletti in elezioni democratiche per garantirsi la "patente" di democratico, le esperienze tedesche del 900 dovrebbero insegnarci qualcosa. Ma allora perché l'Europa, culla della democrazia, dei diritti civili e del lavoro, tace? Perché?
Una risposta purtroppo c'è ed è più semplice di quanto non si pensi. Erdogangode di un insuperabile potere di ricatto nei confronti dell'Ue, su due questioni oggi esiziali per il vecchio continente. La prima è stata citata più volte in queste settimane: il controllo dei flussi migratori da Siria, Iraq, Afghanistan, profumatamente pagati dalla Ue (3 miliardi subito e altri 3 entro il 2018, nonché la riapertura delle trattative per l'ingresso della Turchia in Ue). Con quella scelta l'Ue si è legata mani e piedi al ricatto di Erdogan, per non aver voluto avviare altre politiche possibili, ma più complicate da far passare nel clima di populismo dilagante antimigranti, che oramai sembra segnare il destino europeo e che in queste ore drammatiche ha trovato nuova linfa (anche se una lettura razionale dei fatti dovrebbe orientarci in tutt'altra direzione). Ma c'è un'altra questione altrettanto rilevante, di cui nessuno parla. La Turchia nella gestione delle risorse energetiche rappresenta uno snodo fondamentale, perché da lì passano i progetti di metanodotti dalla Russia, da lì possono passare gli approvvigionamenti che provengono dall'Iran, da lì potrebbe passare un oleodotto dal Qatar. La Turchia ha in mano la possibilità per l'Europa di giocarsi la sua maggiore o minore dipendenza dell'approvvigionamento energetico dalla Russia. Una questione non di poco conto visto che il 35% di tutto il greggio importato in Europa viene da Mosca.
L'una e l'altra questione, nell'immediato e sul lungo periodo, tengono sotto scacco l'Ue, che, infatti, per ragioni di Stato tace. Un potere di ricatto che consente a Erdogan di inalberarsi ogni volta che si parla di Armeni e di proseguire con la persecuzione del popolo curdo. Non importa, poi, se per anni la Turchia ha occhieggiato con l'IS favorendone il contrabbando del petrolio irakeno, che, grazie a colonne di 800.000 autocisterne, negli ultimi anni è stato trasbordato fino ai porti turchi del mediterraneo e da lì in Europa, fruttando allo Stato Islamico la consistente cifra di 2 mld di dollari l'anno fino al 2014 per sei anni.
Per noi non è una novità, anche se in pochi vogliono vederlo. Ma democrazia, diritti, pace, libertà di migrare e liberazione dalle fonti fossili sono tutte facce dello stesso percorso che può restituire all'Europa un ruolo di innovazione e cambiamento.
Per l'Europa la sfida è reale ed è arrivato il momento di decidere che Europa vogliamo. Noi non abbiamo dubbi che vogliamo un'Europa dei popoli e non un'Europa dei populismi e dei poteri forti. E non siamo da soli. In questi giorni abbiamo lanciato, insieme ad altre 50 organizzazioni, la raccolta firme per una lettera aperta all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri Federica Mogherini perché si impegni a dare segnali inequivocabili sulla volontà della Ue di non accettare il regime dittatoriale che Erdogan sta imponendo. E su questa strada proseguiremo nelle prossime settimane per costruire una mobilitazione europea e per trasformare la Marcia per la pace Perugia-Assisi, del prossimo 9 ottobre, in un segnale forte su quale Europa vogliamo.

Fonte: Contropiano 

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