La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 26 luglio 2016

Extraterrestri entro i confini della realtà

di Giorgio Parisi
In Partiranno (1986) Luce d’Eramo ci racconta alcune delle avventure che su questo pianeta sono capitate ai Nnoberavezi, abitanti di un’altra galassia, venuti sulla terra per una spedizione scientifica. Partendo dalla caccia (piena di episodi sia divertenti che drammatici) che i servizi segreti di tutto il mondo danno agli extraterrestri, l’autrice arriva a farci conoscere il modo di essere, di comportarsi dei Nnoberavezi e ci fa intravedere la vita sul loro pianeta. Pur essendo questo romanzo un’opera di fantasia, Luce d’Eramo riteneva essenziale creare una storia e dei personaggi che non contraddicessero i risultati fondamentali della scienza.
Non voleva che le sue invenzioni potessero essere giudicate ingenue e infondate o comunque puramente fantasiose, senza rapporto o addirittura in contrasto col mondo come lo conosciamo. Insomma era contraria alla separazione tra le due culture - umanistica e scientifica - che va sempre più approfondendosi nel nostro pianeta. Infatti in Partiranno la fantasia non è mai arbitraria, ma si muove sempre in modo non porsi mai in contrasto con le nostre conoscenze scientifiche. Dato l’argomento, sarebbe stato possibile per l’autrice inventarsi un mondo completamente immaginario, sconnesso dalla realtà. La d’Eramo invece si è assunta il limite di escogitare soluzioni che abbiano le carte in regola con quanto la scienza ci dice sulla struttura dell’universo, in maniera tale che le sconvolgenti novità sulla fisica e sulla biologia extraterrestre che il lettore apprende partono da qualcosa a lui familiare: il nuovo, l’inaspettato si fonde col già noto per formare un amalgama facilmente assimilabile. Si noti che fare un’opera creativa, inventare qualcosa di completamente alieno rispetto al nostro mondo, senza scavalcare i limiti delle nostre conoscenze, senza ricorrere a facili scorciatoie, è un’operazione estremamente difficile, che richiede una fantasia molto maggiore, una grande forza d’immaginazione oltre a una straordinaria preparazione teorica, scientifica e non più solo umanistica.
Sono stato testimone del procedimento della scrittrice di assimilazione e uso di argomenti scientifici nel corso della stesura diPartiranno, e posso quindi riferire in proposito, sia per quanto riguarda le scienze fisiche sia per le altre discipline. Un punto particolarmente delicato al riguardo erano i viaggi spaziali da una galassia all’altra e i mezzi a cui potevano ricorrere degli extraterrestri per spostarsi: Luce d’Eramo non voleva ricorrere a espedienti inverosimili e mi ha ripetutamente consultato in proposito, sia per informarsi, sia per verificare da un punto di vista scientifico le soluzioni letterarie a cui approdava.
Per esempio l’impossibilità di andare più veloci della luce sembrerebbe impedire i viaggi spaziali; questa difficoltà viene risolta ingegnosamente supponendo che lo spazio abbia curvature non direttamente osservabili, cosicché due regioni apparentemente distanti dello spazio possono venire a trovarsi vicinissime.
Come ci spiega Soññolo (il primo Nnoberaveze che incontriamo): «E quando nell’interrotto drappeggiarsi e dispiegarsi dello spazio, un’area lontana viene mobilmente affiancata per esempio dal vostro sistema solare, voi, coi vostri strumenti, seguitate sempre a vederla alla stessa distanza. Noi Nnoberavezi invece misuriamo proprio le turbolenze del vuoto. Sappiamo calcolare quando due aree spaziali si sfiorano e quando sfuggono lontane. Abbiamo una conoscenza dei movimenti dello spazio che voi non avete e la usiamo». In questo caso è interessante vedere come la sua arte si sia dedicata a dare corpo e anima a una visione del cosmo (l’elasticità dello spazio) carica di riflessi psicologici, e tuttavia non arbitraria dal punto di vista delle nostre conoscenze scientifiche. È certo che nei lunghi lavori preparatori prima di procedere alla stesura del libro, l’autrice si sia inventata per prima la conformazione e la psicologia dei Nnoberavezi e poi piano piano, a forza di riflettere, abbia ricostruito il mondo da cui provenivano. La costruzione fantastica della biologia dei Nnoberavez e del loro mondo è da un lato estremamente complessa, dettagliata e dall’altro ha una sua unità, una sua coerenza interna: andando avanti nel libro il lettore ha l’impressione di vedere diverse fotografie, diversi approfondimenti dello stesso paesaggio. Questo risultato è dovuto anche all’attenzione dell’autrice all’interazione fra le diverse strutture e i diversi piani della realtà.
La complessità della costruzione è assolutamente necessaria anche dal punto di vista scientifico. Sappiamo che fenomeni astronomici (piogge di meteoriti), geologici (la formazione e la deriva dei continenti), biologi (estinzioni di massa) sono fortemente connessi l’uno con l’altro; sarebbero assolutamente insufficienti, parziali e unilaterali tutti i tentativi di spiegazione della vita su questo pianeta che trascurassero questo interlacciarsi di temi differenti.
La ricostruzione fantastica di Nnoberavez è assolutamente adeguata a questa sfida della complessità. In Partiranno risulta evidente come le condizioni materiali del pianeta Nnoberavez determinino il tipo di vita, di ecosistema che si sviluppa, la civiltà (che non è tecnologica come la nostra), il modo di pensare e di affrontare la vita. Nessuna delle differenze rispetto alla terra è priva di conseguenze: «Se il loro pianeta è veramente enorme e ruota lentamente, è facile che l’atmosfera non si muova. Ma ciò significa che niente di niente gli trasporta i microorganismi, le spore. Perciò, anche per le forme di vita di quel pianeta, non esiste nessuna necessità di adattamento a ambienti differenti». Oppure «Quando i Nnoberavezini sono ormai organismi rifiniti, gli adulti mostrano loro come s’accudiscono le piante , nettandole, annoccandole, trasportandone i pollini, spargendo terra sulle loro radici e così via (…). Però i piccoli fanno tutto a modo loro giocherellone. Fanno la scivolarella sui fusti, a trampolino da una foglia all’altra, lanciano il polline con la coda, lo spingono in aria con le capriole, solleticano i fiori con i baffi e, se non ne hanno come Nalcodem, li solleticano con i subsoni».
L’effetto di realismo di cui parlavamo prima è quindi dovuto alle modalità della costruzione fantastica di questo mondo: da un è lato estremamente complessa, dettagliata e dall’altro ha una sua unità, una sua coerenza interna: andando avanti nel libro il lettore ha l’impressione di vedere diverse fotografie, diversi approfondimenti dello stesso paesaggio. Questo risultato è dovuto anche all’attenzione dell’autrice all’interazione fra le diverse strutture e i diversi piani della realtà.
Il nostro contatto con gli extraterrestri è anche facilitato dal ricorso sistematico alla diversità dei punti di vista. Un fascio di visuali differenti converge verso di loro, e la molteplicità stessa degli sguardi di provenienza diversa (dei loro amici, dei nemici) conferisce loro rilievo impressionante. È l’incrociarsi e la diversità delle prospettive puntate su di loro che conferisce a questi personaggi lo spessore del vissuto. Dall’inizio alla fine non ci si avvicina a questi strani animali che attraverso documenti di ogni genere: fotografie, registrazioni telefoniche, relazioni - in particolare in certi grossi quaderni, taccuini, agende - scritte da chi li ospita, tra la scoperta del primo di loro e l’inizio dell’inchiesta poliziesca, una ventina d’anni dopo.
La varietà delle prospettive conferisce all’insieme dell’opera un’eterogeneità sostanziale. La stessa realtà è percepita da una zoologa, un botanico, due medici, una biologa, un giornalista politico ex-fisico, dagli agenti di polizia: questa eterogeneità è favorita ancor di più dalla diversità degli spazi e dei luoghi dell’azione, che si svolge tra il cielo, Roma, la Francia, New York, San Pietroburgo, Rio de Janeiro, per terminare - forse - nell’isola di Oleron.
La conoscenza di questo mondo alieno non avviene all’improvviso nel romanzo, al contrario il lettore ci si familiarizza gradualmente. L’autrice non descrive quasi mai direttamente questo universo fantastico: i Nnoberavezi abitano in casa di una zoologa di fama internazionale, Paola Rodi, sorella di un medico, cognata di una fisiologa. E attraverso i diari di Paola Rodi, le lunghe e a volte accanite discussioni in famiglia arriviamo a conoscere in maniera dettagliata, quasi scientifica, la biologia e l’ecologia di Nnoberavez. L’uomo non emerge come l’unico essere vivente su questo pianeta, ma risulta veramente solo la punta più avanzata di un processo evolutivo che coinvolge tutte le specie viventi. Da un lato gli extraterrestri s’interessano a tutte le specie del pianeta, dall’altro lato il mestiere di Paola Rodi, zoologa, fa sì che entri naturalmente nel discorso il comportamento dei più svariati animali, dall’occhione ai salmoni, e perfino che per un momento venga in primo piano il dramma di altri esseri viventi accanto a noi, perfino l’angoscia delle rane.
Le descrizione degli animali non solo servono a sottolineare le capacità osservative di Paola Rodi, ma soprattutto a ricordarci che su questo pianeta non siamo gli unici esseri a combattere e soffrire per un fine che va al di là di noi stessi: «Lasciato il plancton che li nutriva negli oceani, i salmoni arrancano per settimane senza mangiare sui fondali sempre più bassi verso il torrente dove sono nati, maschi e femmine, respinti dall’irrompere crescente degli scrosci, ma loro, determinati seguiranno ad arrampicarsi nell’acqua chiara. (...) Una femmina deposita fino a 2500 uova, che piccole come ceci, finiranno tutte in pasto ad altre creature, tranne 3 o 4, al cui schiudersi nuovi futuri salmoni riscenderanno a suo tempo verso il mare, verso l’inesauribile plancton del movimentato oceano. Ma allora i genitori avranno cessato di esistere. Stremati dallo sforzo e dal digiuno, dalla fatica di nidificare e deporre uova e dalla furia di spermare, salmoni maschi e femmine si sono tutti insieme adagiati, trasportati da capo dalla corrente, senza vita».
La concezione del mondo che sta dietro questo romanzo è quella adeguata ai nostri giorni: da quando abbiamo visto il sorgere della terra sulla luna, abbiamo raggiunto l’evidenza sensoriale diretta di quello che avremmo in teoria dovuto già sapere: siamo su un piccolo pianeta, a risorse limitate, quasi come una gigantesca astronave che viaggia nello spazio. La vita sulla terra è un complesso sistema interconnesso, in cui l’uomo non è più un parametro assoluto, ma che deve tenere conto delle altre specie viventi, se non vuole rischiare l’estinzione lui stesso, o rischiare di sopravvivere su un pianeta con soli animali da macello. Potremmo dire che Partiranno è il primo romanzo a essere impregnato di questa consapevolezza del nostro accanirci a esistere, sospesi al margine di una galassia, tra migliaia di galassie che ruotano nel vuoto.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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