La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 24 luglio 2016

La nostra proposta di riforma costituzionale

di Andrea Pertici e Pippo Civati
La proposta che abbiamo presentato, aperta alla discussione (non solo a quella parlamentare, che non c’è stata, ma anche a quella pubblica), prevede quali punti fondamentali: 1. LA RIDUZIONE DEL NUMERO DEL PARLAMENTARI del 30% Sia alla Camera che al Senato (e non soltanto in quest’ultimo). In questo modo si mantiene una adeguata rappresentanza (in entrambe le Camere) e si consente al Parlamento di lavorare meglio, realizzando anche IMPORTANTI TAGLI DEI COSTI. A questo fine anche le indennità parlamentari dovrebbero essere tagliate significativamente (almeno un terzo), cosicché la rappresentanza è mantenuta e rafforzata e i suoi costi dimezzati.
2. IL SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PARITARIO Si prevede il mantenimento di due Camere (numericamente ridotte), come generalmente avviene nei Paesi della dimensione dell’Italia, ma con funzioni differenziate per aumentare la capacità di controllo del Parlamento (che è l’unico organo rappresentativo dei cittadini) sul Governo, rendere più chiara laresponsabilità di quest’ultimo e migliorare l’efficienza di entrambi gli organi e del sistema nel suo complesso. Quindi poteri legislativi differenziati, poteri di controllo differenziati, diverso ruolo nella composizione dei rapporti tra lo Stato e le autonomie.
3. UN SENATO RAPPRESENTATIVO La scelta di mantenere due Camere (di dimensioni ridotte) implica comunque che entrambe abbiano funzioni legislative, anche se differenziate. Questo, tanto più in assenza di un ordinamento federale, in ossequio al principio democratico, implica cheentrambe le Camere siano elette a suffragio universale diretto, dai cittadini che sono gli unici titolari della sovranità. Al fine di consentire che il Senato possa meglio svolgere anche un ruolo di armonizzazione della legislazione statale con quella delle Regioni, però, come aveva inizialmente previsto l’Assemblea costituente, in Senato possono essere presenti anche rappresentanti delle Regioni.
4. LEGGI PIU’ CERTE, PIU’ CHIARE E PIU’ RAPIDE Il procedimento legislativo ha presentato alcune inefficienze, certamente da risolvere anzitutto attraverso una riforma deiregolamenti parlamentari. Tuttavia, è vero che per leggi di minore rilievo talvolta la necessità di una convergenza di due Camere sul medesimo testo può avere avuto un effetto di inutile rallentamento. Per questo è possibile dare luogo a leggi monocamerali, mantenendo però anche leggi bicamerali per le questioni di maggiore rilievo, a partire naturalmente dalle leggi costituzionali o di revisione costituzionale.
5. LA FIDUCIA ALLA SOLA CAMERA DEI DEPUTATI Nella logica di una differenziazione delle due Camere, la fiducia al Governo dovrebbe essere data e tolta solo dalla Camera dei deputati, come avviene nella maggior parte degli Stati. Con una precisazione: non è vero che un Senato eletto a suffragio universale debba poi necessariamente dare e togliere la fiducia; semmai è vero il contrario: un Senato non eletto a suffragio universale certamente non può dare e togliere la fiducia.
6. I POTERI DI CONTROLLO DEL SENATO Al Senato, liberato dal vincolo politico della fiducia con il Governo, certamente condizionante di molte scelte, possono essere affidate altre funzioni di controllo. A partire da una, sempre più delicata: quella di controllo e approvazione (advice and consent) delle nomine fatte dal Governo (e che spesso, come noto, fanno discutere). A questa se ne aggiungerebbero altre, come un potenziamento dei poteri di inchiesta.
7. GLI STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI Uno dei maggiori elementi di crisi della democrazia italiana è certamente la progressiva e vistosa riduzione della partecipazione dei cittadini. Questo anche perché l’esercizio dei poteri di diretto intervento nelle decisioni pubbliche è reso più difficile e marginalizzato. Questo può essere rimediato attraverso alcune semplici mosse: la possibilità di raccogliere le firme anche on line per presentare proposte di legge o richieste di referendum; l’abbassamento del quorum per la validità dei referendum; la possibilità di votare direttamente (con un referendum) su una proposta di legge di iniziativa popolare se le Camere non la approvano entro un ragionevole lasso di tempo (ad esempio di un anno).
8. LA ELIMINAZIONE DEL CNEL I costituenti pensarono che fosse utile una sede simile a quella parlamentare per la composizione degli interessi economici e sociali e così introdussero il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, che tuttavia si è distinto per una scarsa attività e soprattutto risulta oggi superato. Per questo la strada più semplice risulta quella di una sua eliminazione.
9. UN MIGLIORAMENTO DEL SISTEMA DELLE AUTONOMIE E DEI RAPPORTI TRA LO STATO E LE REGIONI L’organizzazione territoriale italiana richiede un completo ripensamento al fine di migliorarne l’efficienza. In questa logica la eliminazione delle Province (che dopo tanti annunci rimangono salde al loro posto, anche se non più scelte dai cittadini ma dai politici stessi) deve essere accompagnata a una riorganizzazione completa del tessuto comunale e delle forme di collaborazione e coordinamento tra gli enti. D’altronde deve essere anche parzialmente ripensato il riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, su cui la riforma del titolo V è risultata inadeguata. Per questo è utile utilizzare la giurisprudenza costituzionale per ridefinire gli elenchi di materie dell’articolo 117 e prevedere forme di composizione dei possibili contrasti (anche con la presenza di rappresentanti delle Regioni in Senato), attribuendo alla legge statale il compito di disciplinare e garantire i profili funzionali all’unità giuridica o economica della Repubblica e alla realizzazione di equivalenti condizioni di vita nel territorio nazionale.
10. IL MANTENIMENTO DELLE GARANZIE Il mantenimento di un numero equilibrato di componenti nelle due Camere salvaguarda la funzionalità del Parlamento in seduta comune, al quale rimangono affidate importanti funzioni di elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti del Consiglio superiore della magistratura e della Corte costituzionale con maggioranze idonee e coinvolgere le opposizioni. Due precisazioni: La prima: la crisi delle istituzioni italiane non è – e non è stata – responsabilità della Costituzione repubblicana, ma semmai, in alcuni casi, della sua mancata attuazione e soprattutto della incapacità delle forze politiche di continuare a svolgere quel ruolo di cerniera tra i cittadini e le istituzioni, necessaria in qualunque ordinamento e, nel nostro, espressamente richiesta dalla Costituzione, a partire dall’articolo 49, in base al quale i cittadini concorrono alla determinazione della politica nazionale attraverso i partiti politici. La seconda: riteniamo che una revisione complessiva del testo costituzionale richieda un’ampia convergenza delle forze politiche rappresentate in Parlamento, anche al fine di cercare di raggiungere la maggioranza dei due terzi prevista all’articolo 138. Ove questa non si possa realizzare riteniamo più utile procedere con interventi puntuali e mirati, tra i quali, anzitutto, la riduzione del numero dei parlamentari (e delle loro indennità).

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